Famiglia & Minori

Bonus Bebè: mancano all’appello 126mila bambini

Il Governo aveva stanziato 202 milioni di euro per il 2015, per il bonus natalità. Sono stati utilizzati solo 161 milioni, circa l'80% delle risorse, ma i beneficiari sono stati solo 204mila contro i 330mila previsti. Sberna: «i soldi andavano a tutti, a prescindere dal reddito». De Palo: «la denatalità è un'emergenza e il bonus non è una soluzione strutturale».

di Sara De Carli

202 milioni di euro stanziati, 161 milioni utilizzati: il primo anno del “bonus natalità Renzi” – così lo chiama l’Inps nel comunicare i dati – ha lasciato un avanzo nelle casse dello Stato di circa 41 milioni di euro, pari circa al 20% dei fondi stanziati (che nessuno in questo momento sa dove andranno). Essendo state previste 330mila domande, significa che circa 126mila bambini meno del previsto ne hanno fatto richiesta. Un mezzo flop, quindi.

Questi i dati ufficiali dell’Inps: 161.051.920 euro pagati per 203.994 beneficiari, ovvero famiglie con un bambino nato nel corso del 2015. Di queste, 100.820 famiglie hanno ricevuto un bonus di 80 euro al mese, avendo un Isee inferiore ai 25mila euro annui e continueranno a riceverlo fino ai 3 anni del bambino. Altre 103.174 famiglie (ben più delle 85mila previste) hanno ricevuto invece un bonus di 160 euro al mese, poiché il loro Isee era inferiore ai 7mila euro annui (anch’esse continueranno a riceverlo, permanendo i requisiti, fino ai 3 anni di età del bambino).

Il Governo immaginava 330mila beneficiari in un anno, quindi ha sbagliato i conti. Qualcuno forse non sapeva, d’accordo: è già successo con i voucher per baby sitter e asili nido, introdotti in via sperimentale della legge 28 giugno 2012 n. 92 per il triennio 2013-2015, di cui nel primo anno furono utilizzati solo il 40% dei fondi disponibili, quindi peggio di oggi. Eppure qualcosa non va.

«Intanto questi dati ci dicono quanto sia drammatica la situazione dell’Italia sul fronte denatalità e della comprensione che la politica ha di ciò», commenta Mario Sberna, deputato di Democrazia Solidale, una vita spesa per promuovere la famiglia. «Se tu stanzi dei soldi sulla scorta delle 502mila nascite dell’anno precedente e poi in realtà nascono molti meno bambini [le stime parlano di circa 480-490mila nuovi nati nel 2015, circa 12mila nati in meno rispetto al 2014, che già aveva visto 12mila nascite in meno del 2013, ndr], significa che non ti sei reso conto della drammaticità della situazione. Dal punto di vista politico, questo è il primo dato da sottolineare».

In Italia però nel 2015 sono nati altri 286mila bambini, oltre a quelli che il bonus l’hanno preso. Di essi, stanti le risorse stanziate, altri 126mila avrebbe potuto accedere al bonus: il problema allora forse sono le soglie fissate per poterne beneficiare? «I requisiti fissati erano troppo bassi, si sapeva. Quei soldi andavano dati a tutti i nuovi nati, senza mettere paletti di reddito. Tanto più se penso che questa scelta è stata fatta con il bonus per i neo 18enni, dato a tutti, indistintamente», continua Sberna. «Io avrei distinto, aumentando il contribuito, per chi era al secondo, terzo o quarto figlio, ma non sulla nascita in quanto tale. Non è che 80 euro al mese incentivino la natalità, l’incentivo lo danno i posti di lavoro per le donne, però sono una premialità a chi ha avuto il coraggio di mettere al mondo un figlio e noi come Paese di persone che abbiano questo coraggio abbiamo disperatamente bisogno. Invece facciamo finta». "Finta" perché Sberna ricorda un’altra vicenda, quella dei mille euro del bonus per famiglie con 4 o più figli previsto nella legge di Stabilità approvata nel dicembre 2014: «Dovevano essere consegnati nel 2015, siamo a febbraio 2016 e le famiglie quei soldi non li hanno ancora visti. Ho fatto tre interrogazioni, mi hanno sempre detto entro la fine dell’anno, e invece… solo superficialità su tema così importante come la povertà di chi ha figli».

Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari, non vuole parlare di fallimenti o flop e infatti sarebbe esagerato. Per lui però i dati del primo anno del bonus bebé dicono di uno «scollamento della politica rispetto al Paese reale, anche l’aver fissato un Isee piuttosto che un altro indica una mancanza di consapevolezza delle situazioni delle famiglie». Il problema vero è quello dei numeri: «non vogliamo più esserci, ci siamo rassegnati, il trend della denatalità è implacabile e francamente non credo che un bonus bebè sia una risposta strutturale al problema, anche perché sappiamo bene che fra gli zero e i tre anni un bambino non costa poi tanto, le spese vere iniziano dopo».

Tanto più che «non solo non facciamo più figli, ma quelli che facciamo li costringiamo ad andare all'estero per realizzare i propri sogni, perché qui in Italia non possono farlo: e sa cosa sognano i giovani? Avere un lavoro, sposarsi, fare dei figli. Noi invece dopo aver investito 171mila euro sulla loro crescita – tanto costa mantenere un figlio dagli 0 ai 18 anni – li lasciamo andare via. È una fuga di cervelli, ma anche di mamme e papà che i figli li faranno in un altro Paese».

Foto RADEK MICA/AFP/Getty Images


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA