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Quell’improvviso interesse della politica per i bambini: 5 motivi per dubitarne

In questi giorni tutti parlano di infanzia. Abbiamo provato però a mettere in fila alcuni punti, che dimostrano come la politica in realtà sull'infanzia latiti, proprio nei compiti che le spettano. Associazioni, dove siete?

di Sara De Carli

In queste settimane si fa un gran parlare di infanzia e mai come in questi giorni si è sentito tante volte sui quotidiani e in tv pronunciare citare l’articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del fanciullo del 1989 e il suo «supremo interesse del minore», Convenzione di cui quest’anno cade il 25esimo anniversario della ratifica da parte dell’Italia. Eppure tutti sappiamo di quante e quanto gravi ed allarmanti siano le nostre quotidiane contraddizioni sull’infanzia. Eppure a mettere in fila qualche dato di realtà, sembra che al di là delle dichiarazioni, di infanzia alla politica interessi poco, come sempre.

1. IL GARANTE PER L'INFANZIA
Il Garante per l’Infanzia è scaduto a novembre, poi prorogato fino al 29 gennaio. Una nuova nomina non pare all’orizzonte a breve: il gossip politico ha parlato di una rosa di quattro donne, ma i presidenti Boldrini e Grasso non hanno trovato l’accordo. L’Autorità è stata istituita in Italia soltanto nel 2011, Vincenzo Spadafora è stato quindi il nostro primo Garante. Il suo compito principale è quello di promuovere e tutelare i diritti e gli interessi delle persone di minore età. Spadafora ha detto in tutte le salse e in tutte le occasioni quello che è il punto più critico del sistema Italia: «manca una strategia politica», bisogna «costituire una cabina di regia politica e gestionale unica sulle tematiche dell’infanzia», occorre «ridisegnare la governance dei processi decisionali e dei finanziamenti che riguardano bambini e adolescenti»… In un report presentato dall’Autorità a dicembre, Disordiniamo!, sono stati contati 229 attori istituzionali che si occupano di infanzia, senza alcun coordinamento. «Davvero non si comprendono le motivazioni per le quali nessun Governo negli ultimi anni abbia compiuto tale scelta», scriveva amaramente a giugno nella sua ultima relazione al Parlamento. Ora, è ovvio che avere un’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza vuota non serve a nulla e che una nomina è urgente. Tuttavia è una carica tanto delicata, in cui la persona fa tanta differenza che non basta avere un nome qualunque, occorre avere un buon nome. Che sappia muoversi sul fronte politico come su quello tecnico, che sappia parlare alle associazioni, agli addetti ai lavori e ai politici. E preoccupa un po’ che non ci siano candidature tanto forti da portare – senza empasse – a un accordo.

2. LA RIFORMA DELLA LEGGE SULLE ADOZIONI
Se ne parla da anni, senza riscontro alcuno da parte della politica.
Ora invece pare che mettere mano alla legge 184 (peraltro è stata modificata soltanto quattro mesi fa, con l’introduzione del concetto della continuità degli affetti per i minori che passano dall’affido all’adozione) sia la priorità del Parlamento. Peccato che – dalle anticipazioni che si leggono e dalle interviste che vengono rilasciate – il punto di partenza sembra quello di realizzare il «legittimo desiderio di genitorialità» degli adulti. I temi aperti sulla protezione dell’infanzia e il diritto di un bambino alla famiglia sono molti, ma anche le posizioni sono molto distanti. Forse vale davvero la pena affrontare le adozioni con lungimiranza, riformandole nel loro complesso e non per somma di particolari, facendo scelte coerenti e che garantiscano omogeneità di diritti su tutto il territorio nazionale. Si parla tanto di adozioni a coppie omosessuali o a single, in realtà le urgenze sono quegli 800 minori dichiarati adottabili ma che pure restano in comunità (dati Istat), sono il numero esorbitante di affidi sine die – che non è solo un affidamento lungo, come pseudoadozione – ma una drammatica peregrinazione da famiglia all’altra, sono i minori che qualche rapporto con la famiglia di origine lo hanno, benché la famiglia non sia in grado di crescerli, e che pongono una domanda urgente sull’opportunità di introdurre uno strumento come l’adozione aperta. In commissione Giustizia sta per partire un’indagine conoscitiva, ben venga, ma ricordiamo che ce n’è stata una nel 2003/2004, una nel 2012/2013 e che in Commissione Infanzia è in corso una Indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, avviata a maggio 2015: una consultazione serve, ma serve anche un po’ di coordinamento.

3. LA COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Parlando di adozioni c’è anche il capitolo CAI. È un tema rispetto a cui il giudizio fra gli addetti ai lavori come tra le famiglie è estremamente polarizzato, sia sul piano della valutazione della attuale commissione sia come proposte di futura eventuale architettura, sia come priorità. Quello che balza agli occhi però è il fatto che la Commissione non si riunisca da due anni e che da due anni non pubblichi i dati statistici relativi alle adozioni internazionali. A ottobre 2015 il Governo aveva annunciato una riorganizzazione della Cai, di cui non si è saputo più nulla.

4. IL PIANO INFANZIA
L’Italia non ha un Piano infanzia dal 2011. Il nuovo pare essere in dirittura d’arrivo, (ha fatto il passaggio in Conferenza Stato Regioni e in Commissione infanzia, ora con questi due pareri allegati dovrebbe andare alla Presidenza del Consiglio). È uno strumento importante ed è un Piano ben fatto, che focalizza bene le quattro priorità per i prossimi due anni: povertà minorile; servizi educativi 0-6; integrazione; sistema dell’accoglienza e supporto alla genitorialità. Non ci sono fondi dedicati, ma se gli strumenti si parlano alcune azioni (vedi ad esempio il contrasto alla povertà) possono trovare implementazione con altre risorse. Però serve una regia, serve che ogni ministero e ogni soggetto si faccia carico dell’attuazione di alcune azioni, facendo una scelta politica, individuando alcune priorità per i due anni in cui il Piano è in vigore. E poi valutare l’impatto, con un organismo terzo, altrimenti è un bell’esercizio teorico che resta lettera morta.

5. LA CANCELLAZIONE DEI TRIBUNALI DEI MINORENNI
La riforma della giustizia, con la cancellazione dei tribunali dei minorenni per delle “sezioni specializzate” all’interno dei tribunali ordinari e i “gruppi specializzati” all’interno delle procure ordinarie proposte dall’emendamento di Donatella Ferranti (Pd) e presidente della Commissione giustizia della Camera. Lei oggi in un’intervista su Avvenire difende a spada tratta il provvedimento, sostenendo che in questo modo si valorizza il patrimonio della giustizia minorile italiana, che deve «uscire dalla sua nicchia e intrecciarsi con quella ordinaria, contaminandola con le sue buone pratiche». Ma secondo l’AIMMF e l’Unione delle Camere Minorili quei nomi disegnano in realtà qualcosa di totalmente opposto rispetto a ciò che sembra: di specializzato questi nuclei non avranno più niente.

Photo by Thomas Lohnes/Getty Images


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