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Economia & Impresa sociale 

I paletti della sharing economy

Presentato al Senato un pdl che specifica come «l'elemento caratterizzante di questa attività economica è il fatto che le iniziative di condivisione non siano strettamente legate a una logica di profitto e di consumo». In allegato il testo della proposta

di Redazione

È stata depositata nei giorni scorsi in Senato il disegno di legge “Disposizioni in materia di sharing economy” (scaricabile in allegato). Fra i promotori dell’iniziativa (che fa il paio con la proposta presentata alla Camera a inizio gennaio) il senatore Mauro Del Barba, uno dei padri della recente normativa sulle società benefit.

La sharing economy, si legge nella relazione introduttiva ai 9 articoli «non si configura come un modello economico in grado di sostituire l’economia tradizionale fondata sulla produzione e lo scambio di beni e servizi, bensì di un fenomeno che, in un momento di difficoltà economica, guarda alle fasce sociali più deboli e meno tutelate… Elemento caratterizzante di questa attività economica è il fatto che le iniziative di condivisione non siano strettamente legate a una logica di profitto e di consumo, ma a uno schema di ottimizzazione e di risparmio, con una ovvia attenzione ai paradigmi di innovazione sociale quali, ad esempio la sostenibilità ambientale, lo scambio culturale, la ricerca scientifica, ottenendo così altresì un risparmio di spesa ed eventualmente un reddito. Al contrario, non rientra nel concetto di sharing economy l’attività svolta da un soggetto che, professionalmente e con scopo economico, organizza mezzi e risorse per produrre beni o servizi che vengono offerti attraverso piattaforme elettroniche. Tali modalità operative, infatti, consentono di qualificare il soggetto come imprenditore, ai sensi dell’articolo 2082 del codice civile, e dunque di assoggettarlo alla relativa disciplina, compresa quella in materia di concorrenza».

Obiettivo del disegno di legge è quello «dotare la materia in esame di una disciplina moderna ed innovativa, che risolva le principali problematiche di natura giuridica e fiscale sorte a causa dell’assenza di norme, nella consapevolezza che soltanto la certezza del diritto potrà imprimere maggior slancio al settore della sharing economy. I principali aspetti su cui la presente proposta di legge si concentra, pertanto, riguardano le questioni definitorie, la tutela del consumatore, la libertà di concorrenza e il trattamento fiscale.

L’articolo 2, in particolare, introduce precise definizioni relativamente al concetto di sharing economy e di attività di condivisione, nonché dei soggetti da essa interessati, quali il condividente, il fruitore, i portali di condivisione ed i relativi gestori. In particolare, la sharing economy viene definita come un’attività economica nella quale un condividente ed uno o più fruitori, attraverso portali di condivisione, condividono tra loro l’utilizzazione di beni e/o l’erogazione di servizi, ottimizzandone lo sfruttamento.

Si sottolinea come dalla definizione espressa si configuri l’attività di sharing economy esclusivamente ove il rapporto fra il condividente e il fruitore sia mediato da portali di condivisione, ovvero siti web o applicazioni mobile per smartphone. Questo fondamentale elemento lega indissolubilmente questa attività economica al nuovo orizzonte di smart society e di smart living, concedendo alla sharing economy un ruolo che nella prospettiva di una società sempre più connessa e digitalizzata assume una centralità determinante».

Altro elemento centrale «che emerge dall’articolo 2 è il fatto che si prevede espressamente che la condivisione del bene o del servizio non debba essere svolta professionalmente o consistere in un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Tale disposizione impedisce un utilizzo elusivo o distorto della disciplina di favore prevista dalla sharing economy da parte di soggetti che in realtà svolgono attività imprenditoriale e che, pertanto, al fine di tutelare la concorrenza, devono essere assoggettati alle relative norme di settore».

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