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RaiNera: Riina val bene un talk show?

Dopo i Casamonica e Foffo, Vespa assesta un altro colpo: il figlio di Totò sbarca nel suo salotto a promuovere il libro in uscita domani, "Riina Family Life". Chiusa l'era dei plastici, la Rai inaugura quella dei tableaux vivants? Chi vuole un servizio pubblico ridotto a colabrodo?

di Marco Dotti

Vincenzo Cerami li chiamava "fattacci". I francesi, con meno piglio e più pragmatismo ancora li chiamano "faits divers". Fatti, certo, ma pur sempre minori, ancorché tragici: ritagli da collocare là dove rimangono spazi bianchi e angoli vuoti. Poi i fattacci o "faits divers" – chiamateli come vi pare – della cronaca nera si sono presi tutto. Dalla prima pagina in giù.

Le gradi narrazioni hanno tenuto ferme intere generazioni, alimentando voci ai crocicchi e commenti nei bar: dalle contesse sedotte, abbandonate, risedotte e uccise ai primi giri di coca nei night della bella vita altrui. Lo stilema era lo stesso della cronaca rosa e del fotoromanzo, ma capovolto. Poi? Poi anche le grandi narrazioni non sono state più tanto grandi. Non solo per mancanza di fattacci, di quelli ce n'è sempre e sempre ce ne saranno, ma per la loro infinita e magmatica proliferazioni a ogni ora del giorno e su ogni mezzo. Non c'è stata "vita in diretta" che non abbia declinato in rigor mortis quella diretta. Oggi, però, non c'è mezzo medium social network che non declino i suoi fini secondo il noto principio di Moore: "apparirà degno di apparire solo: a) chi lacrima; b) chi sanguina".

Ecco allora il figlio di Totò Riina, 38 anni, quasi 9 passati in galera. a promuovere il proprio libro. Per inciso: anche i figli dei boss hanno diritto di scriverne uno, se trovano chi glieli pubblica. Riina jr promuove il suo Riina family life in televisione. Rai1, Bruno Vespa, servizio pubblico, mica Criminal Minds. Come dire: vi siete lamentati dei plastici? Eccovi serviti. Michele Anzaldi, palermitano, della Commissione di vigilanza Rai, protagonista a campagna contro la "nera" sui canali di Stato non demorde e chiede, in una intervista a Repubblica, che direttore generale e presidente della Rai, ovvero Campo dall'Orto e Maggioni, vadano subito in Commissione a spiegare.

Polemiche a parte, è la sostanza che conta. E la sostanza – ha ragione Anzaldi – è che non siamo più nemmeno alla nera, siamo oltre, molto oltre.

È la terza volta in pochi mesi", ribadisce Anzaldi, "ci dicono 'non accadrà più" e invece, dopo aver assistito basiti al funerale dei Casamonica e aver sentito parlare il padre di Manuel Foffo, nel giorno in cui il figlio era stato arrestato per il terribile delitto di Roma, il servizio pubblico ha pensato bene di dare una mano al rampollo di uno dei più spietati criminali di tutti i tempi.


Al peggio, si sa, non c'è fine. Come ai tempi del dopo terrorismo quando anziché riflettere e capire, allegri bombaroli, boia e mandanti di boia scorrazzavano fra salotti mondani e salottini tv raccontando la loro versione, che coincideva guarda caso sempre e comunque con un'autoassoluzione.

Ognuno ha diritto di cambiare vita e di capire, ci mancherebbe. Ma la spettacolarizzazione delle conversioni è tutta un'altra cosa. E le vittime? Fuori dallo schermo, via dalla scena. "Chi lacrima e chi sanguina" forse è un principio che non vale più? Non lo rimpiangeremo. Ma se oggi chi se la ride di quel sangue e di quelle lacrime si appresta a diventare protagonista di una piccola ma non indifferente porzione dello spazio pubblico televisivo, allora forse è il caso di fermarci e azzerare tutto. O ci ritroveremo presto le madri di qualche stragista dell'IS in diretta non dal "dark side of the web", ma in seconda serata in qualche talk di Rai2 o sedute a corteggiare un tronista o pronte, chissà, a ballare per noi sotto le stelle.

In copertina: Bruno Vespa (Photo: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)


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