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Donazioni e rete. La nuova frontiera del fundraising è online

Con la ricerca “Donare 3.0, il donatore è mobile” condotta da Rete del Dono, Duepuntozero Doxa e Pay Pal una fotografia accurata degli internauti italiani e delle donazioni online. «Un cambiamento epocale che ridefinisce i confini della relazione tra onp e donatore», sottolinea Paolo Venturi

di Lorenzo Maria Alvaro

A Milano sono stati presentati i risultati della ricerca “Donare 3.0. Il donatore è mobile” condotta da Rete del Dono con Duepuntozero Doxa e Pay Pal.

«I dati raccolti e analizzati da Duepuntozero Doxa dimostrano bene come l’attenzione degli italiani alla solidarietà sia forte», ha sottolineato Angelo Meregalli, general manager di PayPal Italia. «Pensiamo che internet possa diventare rapidamente un medium perfetto per catalizzare questa sensibilità, aggiungendosi al contatto diretto con le associazioni come principale modalità d’interazione».

I risultati

Gli italiani 18-64 anni che si collegano ogni giorno sono 22 milioni (57% della popolazione di riferimento 18-64 anni) di questi 18.500.000 lo fanno con un “device mobile”.

In circa Circa 17 milioni hanno fatto almeno un acquisto online e l’eCommerce è in crescita +16% e vale 16,6 miliardi di euro.

È stata condotta un’analisi Desk sulle 30 associazioni più note in Italia, sui comportamenti di donazione della popolazione italiana.

Una indagine per verificare la presenza sito, la presenza sito ottimizzato mobile, la presenza App, la presenza social e le modalità di pagamento segnalate sul sito.

Se tutte le associaizoni hanno un sito internet, una pagina Facebook, un account Twitter e un canale YouTube solo il 60% ha un sito mobile e la quota crolla al 33% per quello che riguarda le App e la presenza Instagram.

Per quello che riguarda le modalità di pagamento le più usate sono il bonifico (87%), le carte di credito (80%) i bollettini e Pay Pal (73%).

La ricerca in sintesi

Il web e soprattutto il mobile stanno diventando sempre più rilevanti per gli italiani, tanto da entrare nei differenti touch point di acquisto (dal pre al post); il mobile inoltre sta permettendo di superare il digital divide italiano. Gli onliners si confermano “donatori”: l’87% ha effettuato almeno una donazione, ma attenzione, nel 2015, si è riscontrata una frequenza di donazione più legata ad occasioni speciali.

L’unica modalità di pagamento a crescere è l’online, che passa da 15% al 18%, con in evidenza il Crouwfunding. Oltre la metà delle donazione online sono effettuate oggi tramite PayPal e già 1 utente su 3 ha usato il mobile per donare online. Seppur ancora di nicchia “donare online” conferma la sua ottima accettazione su tutti gli onliners, dato già registrato l’anno scorso; questo grazie all’ottima percezione di facilità che la fa diventare, nell’ideale, la modalità preferita in assoluto.

Non si dona ancora online perché si dona già molto in modo tradizionale (quasi fosse ormai un’abitudine) o perché non si sa che si può donare online alla propria associazione. Il 2016 si prospetta più difficile di quanto sia emerso il 2015; le persone sembrano un po’ più fredde verso la donazione (seppur non rejectors) e decrescono gli individui che pensano che doneranno di più rispetto all’anno precedente.

Infine, tra chi non dona – ma anche tra chi dona – persiste la percezione di bassa fiducia e trasparenza verso le associazioni.

«L’idea è nata lo scorso anno come esigenza interna», racconta Valeria Vitali, socia fondatrice di Rete del Dono, «Volevamo capire gli internauti italiani e la loro propensione a donare. L’idea era quella di creare un osservatorio permanente per capire esigenze, lacune e criticità delle donazioni in rete».

I risultati hanno evidenziato diversi aspetti del fenomeno. «L’anno scorso risultò evidente che l’internauta pur volendo donare non trova risposte adeguate e informazioni complete. In più, anche nel caso di donazioni avvenute, mancava totalmente la trasparenza sulla destinazione del denaro» sottolinea Vitali.

Un anno dopo le cose sono cambiate. «C’è stato un miglioramento», spiega Vitali, «Ci siamo accorti, insieme a Pay Pal, che le donazioni online continuano ad aumentare. Come Rete del Dono abbiamo visto un incremento vistoso delle donazioni da device: erano il 12% del totale l’anno scorso, sono diventate il 25%».

Vitali poi sottolinea un altro dato essenziale: «Anche l’accesso al nostro sito da device è cresciuto esponenzialmente. La maggioranza di chi naviga ormai lo fa da smartphone e tablet. Il donatore è mobile».

A fare da moderatore alla presentazione dei risultati dela ricerca Paolo Venturi, direttore di Aiccon che ha ben chairo cosa significhino questi numeri. «Se 21 milioni di Italiani si collegano ogni giorno con un device mobile e circa 17 milioni hanno fatto almeno un acquisto online significa che siamo di fronte ad una parte del presente del fundraising ma certamente al futuro della raccolta fondi».

Venturi però ammonisce: «non basta essere online, avere un sito o avere un app. Neanche essere trasparenti. Spostandosi dall’offline all’online per i fundraiser c’è l’obbligo di ripensare l’esperienza relazionale con il donatore. Questo forte spostamento non riposiziona solo gli strumenti. Ridefinisce anche i confini di una elazione, che da oggi in poi sarà sempre più mediata dai device».

Un cambiamento epocale insomma. Basta pensare che fino ad oggi le campagne di raccolta fondi avevano delle stagioni. Esistevano momenti clou come il Natale. La logica però sta cambiando totalmente e le campagne diventano h24 7 giorni su 7. Internet infatti non dorme. «Basti pensare che dalla ricerca risulta come chi fa acquisti online è propenso anche a fare donazione. E lo shopping online non vive stagionalità», sottolinea Venturi.

«Donazione e dono sono due cose diverse», conclude, «Il dono è una relazione, la donazione il modo con cui avviene questa relazione. È evidente che i meccanismi online sono diversi da quelli offline. Dobbiamo capire come rendere reale questa esperienza donativa».

Serena Porcari, vice presidente di Dynamo Camp invece ha illustrato la Dynamo Team Challange sottolineando come l'esperienza della Fondazione sia profondamente in linea con i dati emersi dalla ricerca.

«In un mercatino di beneficenza fuori da una chiesa un parrocchiano aveva portato 5 portachiavi. Erano tutti con il suo nome, "Alino". Gli erano arrivati da 5 diverse Onp, tutti nel giro di un mese, con lettere con richieste di donazione». A parlare è il giornalista e digital expert, Riccardo Bianchi, che preferisce concentrarsi su quello che ancora non funziona. «C'è un chiaro problema, le ong non sanno differenziarsi, e anche nella ricerca la gente dice che non sa riconoscere le differenze. Se questo vale per la comunicazione offline, cioè lettere inviate ogni 2 mesi, immaginiamoci su internet, dove si comunica tutti i giorni. Credo che sia questo il principale punto critico».

A chi obbietta che le persone dichiarano di non donare per la mancanza di trasparenza Bianchi risponde secco «sarà, ma ho l’impressione che per molti sia una scusa. Piuttosto basta mettere solo meme con frasi di Gandhi, basta parlare sempre ad anziani e a 50enni su Facebook. I giovanissimi che "non donavano" oggi sono trentenni che usano internet per tutto. Vanno coinvolti, certo con nuove modalità, non il mailing e il bollettino. Abbiamo smesso di mirare a sensibilizzare i bambini per spingere i genitori a seguirli, ma stiamo anche evitando una intera generazione che ora ha famiglia e lavoro. Possiamo anche continuare a puntare agli anziani, alla loro sensibilità e ai loro lasciti. Ma per quanto?».

Tema cui è sensibile anche Vitali che su questo concorda, «quello che va costruito e che manca totalmente è la fidelizzazione del donatore. Il più delle volte, finita una campagna e avvenute le donazioni, non succede più nulla. Non esiste quasi nessuno che informa il donatore della vita dell’associazione o cerca di coinvolgerlo in attività. Di contro chi lo fa, come la Fondazione Veronesi, vede crescere in modo esponenziale le donazioni e vive la nascita di una vera comunità ingaggiata e desiderosa di partecipare».


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