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Profughi, a Milano aperto il nuovo Hub

Inaugurato in via Sammartini 120 il centro di primissima accoglienza che sostituisce quello di via Tonale. Negli ultimi dieci giorni accolte circa 400 persone in città. La nuova struttura ha anche un'ottantina di posti letto per l'emergenza. Ad arrivare ora sono soprattutto famiglie con bambini di origine eritrea

di Antonietta Nembri

Sotto la massicciata della Stazione Centrale di Milano è in funzione un nuovo hub per accogliere i migranti. Chiuso quello di via Tonale aperto nel luglio scorso (vedi articolo) da pochissimo è stato attivato il nuovo centro di primissima accoglienza in via Sammartini 120. Anche in questo caso i locali (ex magazzini ferroviari) sono stati messi a disposizione da Grandi Stazioni e Fs. Questa mattina, venerdì 6 maggio, l’apertura ufficiale con Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca (che gestisce l’hub) e il presidente di Fondazione Avsi, Giampaolo Silvestri, con loro gli assessori comunali Pierfrancesco Majorino e Marco Granelli.

La nuova struttura di primissima accoglienza ha a disposizione anche un’area, al civico 118, dove possono essere accolte un’ottantina di persone per la notte. Perché gli arrivi non sono mai cessati, anzi, negli ultimi dieci giorni a Milano sono arrivate circa 400 persone che sono state registrate all’hub.
L’emergenza è alle porte, «Milano ha sviluppato con la collaborazione tra Comune, Terzo settore e Caritas un’accoglienza straordinaria» ha ricordato l’assessore Majorino.

«Il carico è stato gigantesco: dal 18 ottobre del 2013 abbiamo superato le 89mila presenze». L’assessore ha colto l’occasione per inviare un messaggio al ministero dell’Interno per chiedere di «costruire alternative sul territorio: tra Sprar, richiedenti asilo, transitanti e dublinati (i migranti che hanno tentato la via del nord Europa e sono stati rimandati indietro – ndr.) a Milano abbiamo 2.300 persone. Noi non ne possiamo accogliere nemmeno uno di più», ha rimarcato Majorino.

L’estate sta arrivando e con essa un probabile aumento dei flussi, ma assicura Majorino «non apriremo nuovi centri per l’accoglienza anzi puntiamo a chiuderne». La chiusura, ha poi aggiunto l’assessore riguarderà il centro di via Aldini che, proseguirà la sua azione fino alla scadenza della convenzione con la prefettura il 30 di giugno. «Noi continueremo a fare la nostra parte, ma la facciano anche altri soggetti. Ci sono altri luoghi in Lombardia che possono essere utilizzati». E per evitare che il destinatario del messaggio restasse anonimo l’assessore alla sicurezza del comune di Milano, Granelli ha sottolineato «la Regione faccia la sua parte, noi la nostra l’abbiamo fatta dal 2013».

I flussi sono cambiati, osserva Alberto Sinigallia «I profughi (soprattutto famiglie con bambini, per lo più di nazionalità eritrea) che arrivano in questi ultimi mesi all’Hub hanno una precisa caratteristica rispetto a coloro che giungevano nei due anni precedenti: il 50% (contro l’1% del passato) fa richiesta di asilo politico in Italia a causa della chiusura delle frontiere. Non rientrando più nel grande flusso dei transitanti che prima permettevano di avere sempre dei posti a disposizione per i nuovi arrivati, lo scenario stesso della città cambia. Oggi a Milano, infatti, i posti liberi nei centri di accoglienza per transitanti sono limitatissimi».

Per il presidente di Progetto Arca la soluzione però «prima dell’ipotesi di chiudere i grandi centri che hanno la capienza per ospitare centinaia di persone, è quella suggerita anche da Papa Francesco alle diocesi: l’accoglienza diffusa. Questo significa l’allestimento di mini-centri, collocati per lo più in appartamenti e quindi capaci di ospitare nuclei familiari o al massimo 4-5 persone, che permetterebbero di liberare o alleggerire le strutture di prima accoglienza e di avviare percorsi d’integrazione, contando oltre che sui servizi, stabiliti dalle convenzioni, anche sul contributo dei volontari e della rete di rapporti delle comunità: corsi di lingua, formazione professionale, ricerca attiva del lavoro». È un lavoro di integrazione quello cui guarda Sinigallia così che «Nessuna zona delle nostre città sarebbe quindi appesantita dall’emergenza dei grandi flussi; anzi, ogni zona ne risulterebbe arricchita a livello di integrazione e cultura»

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Entrando ci sono gli orologi che mostrano le ore dei Paesi d’origine come l’Eritrea o la Siria e poco distante appese ci sono le diverse pettorine delle organizzazioni di volontariato che operano all’Hub.
Il nuovo hub dalle pareti candide (nella gallery qui sopra l'area ingresso/registrazione, il punto ristoro e l'area notte) da poco tinteggiate ha già iniziato a vivere e a garantire i servizi che erano assicurati nei locali dell’ex dopo lavoro ferroviario di via Tonale: la registrazione, i servizi sanitari offerti dai medici di Ats Milano, alcuni computer a disposizione e poi l’indispensabile spazio bambini che vede la collaborazione dei volontari oltre che di Fondazione L’Albero della Vita di Save the Children e Terre des Hommes, un’area ristoro, lo spazio docce e i servizi e infine, novità di questo nuovo hub un’area per il ricovero notturno. Anche il nuovo hub, comunque ha già attirato la generosità dei milanesi: mentre giornalisti e fotografi circondavano gli assessore, un’anziana coppia della zona ha portato dei giocattoli per lo spazio bambini.