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Come una onp può interagire con i millennial

Come coinvolgere nelle attività di fundraising le persone nate tra l’inizio degli anni ‘80 e la metà degli anni ‘90? Prova a rispondere, nella sesta puntata delle sue lezioni di fundraising, la director Business Development di Change.org, Allegra Lo Giudice

di Allegra Lo Giudice

I millennial, conosciuti anche come “Generazione Y”, sono le persone nate tra l’inizio degli anni ‘80 e la metà degli anni ‘90: oggi hanno dai 35 ai 20 anni e sono caratterizzati da un rapporto disinvolto con il web e dall’utilizzo preferenziale dello smartphone rispetto al computer.

I manager del fundraising e della comunicazione di diverse organizzazioni nonprofit, si chiedono spesso:

  • Come faccio a ringiovanire il mio database?
  • Come faccio a coinvolgere nelle mie campagne i giovani già presenti nelle mie liste?

Vorrei partire da queste due domande per affrontare due temi: dove sono i Millennial e cosa li motiva a stare online e a impegnarsi per una causa.

I social network sono una parte estremamente importante della ‘vita digitale’ dei Millennial: molti di loro infatti li usano per tenersi informati, oltre che che restare in contatto con i loro amici, i più giovani ne usano in media 3.7 mentre coloro che hanno tra i 30-34 anni ne usano 2.9 e la maggior parte di questa ultima categoria è presente su Facebook.

I Millennial donano, specialmente la categoria 30-35, e sono attivi nel mondo non profit.

Ed è per questo che dobbiamo riflettere su alcuni aspetti e cercare di fare come stanno facendo i grandi brand, cioè proporre loro dei contenuti che li facciano incuriosire e li portino ad affezionarsi alla nostra causa prima che qualcun altro faccia meglio di noi

Secondo molti studi, i Millennial non si legano a un brand specifico. Per riprendere la teoria del sociologo Zygmunt Bauman e la sua società liquida: se una persona è connessa a tre social diversi, ha tre caselle email e legge almeno due testate online è difficile che abbia il tempo per affezionarsi a un’associazione come hanno fatto i nostri genitori, che nella maggior parte dei casi hanno militato anche come volontari.

Quindi che fare?

  • Mobile first: i Millennial navigano il 57,7% del tempo su mobile (mentre per i loro genitori siamo al 35,4%), quindi evitiamo che la tecnologia sia un ostacolo tra la nostra associazione e loro. Il sito deve essere responsive e i contenuti anche, le email e le campagne devono essere multicanale. Non mi stancherò mai di ripeterlo, mai.
  • Passione, sincerità, immediatezza: ai Millennial piace appassionarsi alle cause, leggere storie – quelle vere, conoscere i nomi delle persone che aiutano, cosa fanno, cosa vogliono e come entrano in relazione con loro. Vogliono contenuti veri, facili da fruire (e da condividere, soprattutto) e sempre aggiornati. A loro non interessa sapere il nome della vostra organizzazione, quando è stata fondata e da chi: vogliono le storie, i volti e qualche buona notizia. Ai Millennial bisogna parlare pensando di avere una vera relazione con loro, il marketing tradizionale non funziona più e se i grandi brand fanno i salti mortali per stare al passo con loro, il settore non profit deve muoversi in questa direzione.
  • Seguiteli: dove sono? Sono anche su Snapchat. Lo so, solo a sentirlo nominare vi sentite male. Ma sappiate che siete ancora in tempo per essere catalogati come ‘early adopter’ quindi, invece di faticare come matti dietro agli algoritmi di Facebook per ogni post che pubblicate, potrebbe valere la pena di sperimentare qualcosa di nuovo. Vi chiederete perché lavorare su un contenuto che poi sparisce dopo 24 ore? Perché è un modo diverso di comunicare: per Snapchat non c’è tempo per l’approvazione dei direttori, quindi se non siete pronti a ridurre i passaggi decisionali per la pubblicazione, lasciate stare. Organizzazioni su Snapchat da seguire: Unicef USA sulla Nigeria e WWF Turchia. Qui invece un articolo interessante sul tema.
  • Influencer: che sono cosa diversa dalle celebrity coinvolte come testimonial. Gli influencer sono persone che per i motivi più disparati sono diventati molto famosi sui loro canali: Youtube, Facebook, Twitter, Instagram, Snapchat. Fotografi, videomaker, truccatrici, estetiste, food blogger, fashion blogger, attori, artisti. Come si sceglie l’influencer? Lo dice la parola: chi può avere influenza sul potenziale target che avete individuato. Sono campagne che possono costare molto, ma le piccole organizzazioni possono certamente iniziare il loro percorso con una mappatura e capire se tra le star del web c’è qualcuno disposto a collaborare. D'altronde, come spiega bene Gianluca Diegoli in questo articolo, non è detto che l’influencer più utile per la tua associazione sia qualcuno di molto affermato con cachet inafferrabili.
  • La vita oltre il web: i Millennial sono perennemente connessi, ma amano gli eventi offline. Amano le maratone, i concerti, i flash mob (sì, ancora), gli incontri con scrittori, fotografi e artisti. Se trovano un banchetto con candele, azalee, uova di Pasqua, arance o altro si fermano e fanno una donazione. E questa è una buona notizia per tutte le organizzazioni che ogni anno investono molti fondi nell’organizzazione di eventi e mobilitazioni nazionali. Certo che se riusciste a condire l’esperienza diretta con una buona esperienza digitale sarebbe il massimo. Inviate sms/email/whatsApp a coloro che hanno partecipato ai vostri eventi, pubblicate sui vostri canali social foto dell’evento in corso.

Integrate il più possibile, non trattate il mondo reale come qualcosa di non comunicante con il mondo digitale. Parlate con i Millennial come si parla tra giovani adulti, ricordandovi che non avete a che fare con adolescenti, ma con uomini e donne di recente inserimento nel mondo del lavoro, se non già ampiamente affermati. Loro sono i vostri volontari, i vostri donatori, la vostra cassa di risonanza per il mondo che li circonda.


Allegra Lo Giudice è Director Business Development di Change.org. Ha una lunga esperienza nel settore del non profit e delle ONG, avendo lavorato per Amnesty International, Greenpeace e LAV. Si è principalmente occupata di raccolta fondi da singole persone, gestendo programmi come il dialogo diretto e il telefundraising. Negli ultimi anni si è specializzata in fundraising online e web-marketing gestendo campagne SEM, Facebook ed email marketing. Su Twitter è @Allegradimente.


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