Cooperazione & Relazioni internazionali

Idomeni: come aiutare? Ecco 5 modi per farlo

Dopo la chiusura della frontiera macedone, circa 12mila profughi sono rimasti bloccati a Idomeni, paesino di confine nel nord della Grecia. Costretti a dormire accampati in condizioni disumane anche migliaia di bambini. Abbiamo provato a raccogliere in 5 punti le modalità per offrire il proprio aiuto davanti all’emergenza umanitaria più grave che l’Europa si sia trovata ad affrontare dalla guerra nei Balcani a oggi

di Ottavia Spaggiari

Sono tra le 10mila e le 12mila i profughi bloccati al confine tra la Grecia e Fyrom (Macedonia), provenienti prevalentemente da Syria e Iraq, il 40% di questi sono bambini, costretti a mangiare, dormire e vivere, in condizioni disperate, nella speranza sempre più flebile che la frontiera venga riaperta. Il governo greco ha annunciato l’intenzione di sgomberare il campo entro la fine di maggio e trasferire tutte le persone nei 34 campi del governo aperti in Grecia e gestititi in collaborazione con UNHCR. Le incognite di questo piano, rimangono però ancora diverse, come ci avevano raccontato i portavoce di Medici senza Frontiere, Save the Children, UNHCR e, direttamente, alcuni profughi. Prime tra tutte il fatto che non vi siano abbastanza posti letto per trasferire tutti i profughi di Idomeni e il fatto che diversi campi non garantiscano ancora standard igienico-sanitari accettabili.

Ma mentre la nostra Europa a Idomeni è scomparsa, cosa possiamo fare noi, per dare una mano? Abbiamo provato a spiegare in 5 punti come fare per offrire il nostro aiuto in una situazione di emergenza estremamente complicata, così vicino a casa, così legata alle inadempienze strutturali dei governi e così in fieri, da farci sentire facilmente impotenti, per ricordarci che fare qualcosa è comunque possibile.

1. Informarsi

Sembra scontato ma non lo è: prima di prendere qualsiasi decisione sulla modalità di aiuto che si intende offrire, è fondamentale capire esattamente come sta evolvendo la situazione. Noi abbiamo parlato della crisi di Idomeni, nel nostro reportage, e qui degli ultimi sviluppi.

Fonte chiave per avere notizie in tempo reale, poi: il gruppo Facebook, Information Point for Idomeni Volunteers, un punto di incontro e autorganizzazione dei volontari indipendenti sul posto, che offre però anche un brief in tempo reale per capire quale sia la situazione a Idomeni. RefugeesTV, è invece la pagina Facebook lanciata alla fine di aprile da quattro ragazzi siriani under25, che ha già raccolto oltre 5mila like. Una fonte preziosa di notizie dal punto di vista dei rifugiati, RefugeesTV ricorda anche che, quando le telecamere si spengono sulla crisi migranti, le persone rimangono lì, a vivere in condizioni inaccettabili.

“Un giorno ci siamo svegliati nel campo di Idomeni e abbiamo notato che non c’erano più telecamere, né giornalisti.” Scrivono i fondatori su Facebook. “Da quando eravamo arrivati in Grecia, ci eravamo abituati a vedere telecamere tutti i giorni, e quel giorno invece non c’era più nessuno, così abbiamo deciso di diventare noi stessi i reporter (…) Non potevamo permetterci la strumentazione reale, così l’abbiamo costruita noi. Il microfono è un bicchiere di carta coperto da calzini e la telecamera è fatta con una scatola e una bottiglia vuota sistemata a mò di obiettivo.” Nel frattempo un gruppo di volontari tedeschi hanno regalato al gruppo una videocamera vera che permette di raccontare la quotidianità del campo.

2. Firmare la petizione di Change.org

Mancano poche migliaia di firme per raggiungere quota 200mila, alla petizione lanciata su Change.org per cambiare il sistema fallimentare di prenotazione degli appuntamenti per il colloquio di richiesta d’asilo, possibile fino ad ora esclusivamente via Skype. Una modalità che rende praticamente impossibile ottenere l’appuntamento: a Idomeni infatti esistono appena 2 reti wi-fi e, come ci avevano raccontato i volontari italiani di #Overthefortress che gestiscono l’info-tent, praticamente nessuno risponde alle chiamate skype all’asylum service di Salonicco. Lanciata da Rania Ali, una ragazza siriana di appena 20 anni bloccata a Idomeni da fine febbraio, la petizione sembra aver ottenuto già un risultato importante. Come ha confermato il Vice Rappresentante di UNHCR Grecia, infatti, “Nelle prossime settimane verrà avviato un programma di pre-registrazione di persona. Non sarà nel campo di Idomeni, ma in un registration hub vicino. Skype rimarrà, ma verrà implementato, in modo da rendere il processo più veloce.” Firmare la petizione è un segnale importante, per dimostrare che l’attenzione pubblica su questo tema rimane alta.

3. Sostenere “No border Wi-Fi”, la campagna di crowdfunding che porta il wi-fi a Idomeni

“Tra tutto quello che manca a Idomeni, la cosa più grave sono le informazioni.” Ci aveva raccontato Imad Aoun, responsabile regionale di Save the Children, per questo il lavoro portato avanti dai ragazzi dell’iniziativa italiana #Overthefortress è così prezioso. Sono loro che gestiscono una delle due reti wi-fi del campo e l’accesso al PC per effettuare le chiamate Skype di prenotazione dell’appuntamento per la richiesta d’asilo. Inoltre grazie ad una collaborazione con l’Info tent, un punto informazioni gestito completamente dai volontari indipendenti, è stato sviluppato un servizio per fornire informazioni legali. Si può sostenere il wi-fi a Idomeni, grazie alla campagna di crowdfunding lanciata su Produzioni dal Basso.

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4. Donare

Nel numero di Vita di Maggio abbiamo raccontato il mondo del non profit e della società civile presente a Idomeni. Per chi decidesse di fare una donazione, la scelta insomma è ampia. Diverse le grandi ONG internazionali sul posto, oltre ad una lunga lista di organizzazioni provenienti da altri Paesi e associazioni più piccole: dalla tenda che distribuisce tè e cibo ai profughi, lanciata da un gruppo di ragazzi del nord Europa e oggi gestita da 10 volontari siriani, a Al-Khair, charity britannica, tra le principali ONG musulmane. Tra i giganti del non profit internazionale, Save the Children e Medici senza Frontiere tra le prime ad essere arrivate sul posto e con uno staff di 200 persone costituiscono la presenza più ingente sul territorio. Due le cliniche di MSF, da cui passano circa 1750 persone a settimana, una di queste è dedicata esclusivamente alle donne: diverse hanno bisogno di assistenza post-parto e molte hanno subito violenza durante il viaggio.

5. Partire*

Diverse persone ci hanno scritto chiedendo se sia opportuno progettare un’esperienza di volontariato a Idomeni. Qui l’asterisco è d’obbligo per sottolineare un importante NOTA BENE: quella di Idomeni rimane un’emergenza umanitaria, soggetta a cambiamenti rapidi e, spesso, imprevedibili, per questo è necessario essere cauti e molto consapevoli del luogo in cui si entra varcando i confini del campo. L’intenzione del governo greco è appunto quella di sgomberare entro la fine di maggio e, nonostante ai nostri microfoni l’amministrazione locale di Idomeni abbia affermato la scarsa fiducia nel fatto che il piano del governo si possa realizzare, nelle ultime settimane la polizia ha reso sempre più difficile il lavoro dei volontari indipendenti, fino a chiudere l’accesso al campo negli ultimi giorni. La situazione rimane però, appunto, in divenire.

Il volontariato indipendente a Idomeni rimane un punto delicato e dibattuto: se diversi esperti sostengono che sia meglio avvalersi sempre di professionisti specializzati, altri considerano i volontari una vera risorsa, dopotutto, come ci ha raccontato Mohammed, un ragazzo siriano, bloccato a Idomeni da febbraio, “sono proprio i volontari a garantire una varietà di servizi in un posto come Idomeni, dalla varietà del cibo che viene offerto ai corsi di lingua inglese e tedesca.”

Le grandi ONG, come MSF e Save the Children a Idomeni ad esempio, non si avvalgono di volontari ma spesso avviano collaborazioni, tanto che è stata proprio MSF a donare la tenda al gruppo della Tea Tent e come ha confermato Marco Bono, portavoce dell’UNHCR, “la rete dei volontari indipendenti ormai è in grado di assorbire anche persone che si fermano per pochi giorni.” Ogni sera e ogni mattina alle 8.00 al Park Hotel di Polycastro, il paese più vicino a Idomeni, infatti la rete dei volontari indipendenti si riunisce per fare il punto della situazione e organizzare il lavoro dei nuovi arrivati.

Fondamentale, per rimanere informati sulle opportunità di volontariato e gli sviluppi, il gruppo Facebook: Information point for Idomeni volunteers.

Foto: Tobias Schwartz/AFP/Getty Images – Daniel Mihailescu/AFP/Getty Images


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