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Cooperazione & Relazioni internazionali

Una strage alla settimana: sono 1400 i morti in mare nel 2016

L'elenco - terrificante - dei naufragi avvenuti da inizio gennaio a oggi. Gran parte delle vittime hanno perso la vita nel mar Egeo durante l'inverno, ma come testimonia la tragedia dei 500 dispersi lo scorso 22 aprile e i due fatti delle ultime ore, è tornato a tingersi di rosso anche il tratto di mar Mediterraneo tra la Libia e l'Italia.

di Daniele Biella

Sono almeno 1380, a oggi 26 maggio 2016, uomini, donne e bambini che hanno perso la vita nel mar Mediterraneo in questi primi 5 mesi dell’anno. Anzi, con la stima delle ulteriori 20 vittime del naufragio di questa mattina si supera quota 1400. È l’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, che aggiorna oramai senza sosta un drammatico body count che inchioda l’umanità, e in particolare, i Paesi attorno al Mare Nostrum, di fronte a un fallimento che dura da troppo tempo: quello di fermare le stragi in mare.

Stragi che si sono ripetute senza sosta fin dai primi giorni dell’anno, volendo tracciare un resoconto solo per il 2016 (in tutto il 2015 sono morte 3700 persone, a fronte di un milione di arrivi): almeno una alla settimana, con 300 delle 1400 vittime che sono bambini – 300 corpi senza vita come quello del piccolo Aylan, per usare un’immagine che scuote le coscienze senza soluzione di continuità – mentre gli arrivi sono oggi aggiornati a quota 198mila.

Era il 2 gennaio quando dalle acque greche è arrivato il primo atto di questa assurda carneficina: proprio un bambino di 2 anni, siriano, ha perso la vita mentre il gommone sul quale viaggiava con una cinquantina di persone tra cui la madre è affondato non lontano dall’isola di Lesbo. Tre giorni dopo, altre 36 vittime accertate, in due distinti naufragi sempre nel mar Egeo, soprattutto siriani e iracheni. Ancora, questa volta in Italia, la donna trovata morta – sembra dopo essere stata lanciata in mare con altre persone dagli scafisti, sulla base dei racconti dei 41 sopravvissuti – sulla costa leccese l’11 gennaio. Altre 10 vittime, tra cui 4 bambini, il 15 gennaio al largo dell’isola di Farmakonissi. Tra il 20 e il 22 gennaio, un susseguirsi di stragi che hanno prodotto un’ulteriore ecatombe: 60 vittime, tra cui almeno una decina di bambini e altrettante donne, sempre al largo della costa turca, in un mare freddo e molto mosso, non abbastanza però per fermare le partenze.

Anche gli ultimi giorni di gennaio non hanno risparmiato nuovi naufragi, con un computo di vittime una volta ancora insostenibile, quasi tutte provenienti dal Medio Oriente: 73 vittime in tre distinti drammi rispettivamente nelle acque vicine alle isole di Kos, Samos e Lesbos, tra il 28 e il 30 del mese. Tra questi gli almeno 18 bambini, su 25 decessi totali, del naufragio del 25 gennaio. La prima strage di febbraio è avvenuta il secondo giorno del mese: nove morti, due bambini, inabissatisi dopo essere partiti da poco dalla Turchia. Tra l’8 e il 9 febbraio almeno 57 sono state le persone rimaste uccise, sempre al largo di Lesbo. Tra queste, 11 bambini. Il mese ha riportato anche il ritrovamento di due corpi senza vita sulle coste dell’agrigentino in conseguenza di uno sbarco non intercettato dalle autorità di persone provenienti dall’Africa subsahariana.

Il miglioramento delle condizioni metereologiche ha concesso una “pausa” di tragedia fino a inizio marzo, per poi riprendere con meno frequenza ma non minore sofferenza: 10 bambini e 15 adulti hanno perso la vita al largo della costa turca il 6 marzo. Ancora, tre giorni dopo cinque vittime, afghane, tra cui un bimbo di pochi mesi. Il 9 aprile, poi, altri 5 decessi al largo di Samos. L’entrata in vigore del discusso accordo Ue-Turchia, che ha limitato di molto le partenze anche per la presenza di navi della Nato nel mar Egeo, successivamente ha quasi azzerato le morti nel tratto greco-turco, per riprendere però nel Canale di Sicilia, con l'allucinante naufragio del 22 aprile – almeno 500 morti stimati, etiopi e di altri Stati africani- con le stragi delle ultime ore: i 5 morti di ieri 25 maggio (che però potrebbero aumentare di molto, stando al racconto dei superstiti che parlano almeno di 100 persone disperse in mare) nel ribaltamento atroce testimoniato anche dalla fotosequenza realizzata dalla Marina militare durante il salvataggio, e gli almeno 20 dell’ultima ecatombe, quella avvenuta tra la notte appena trascorsa e stamattina, quando una barca ribaltata è stata intercettata dal dispositivo di controllo europeo Eunavfor Med, con le persone attaccate allo scafo senza addosso salvagenti, e molti di loro senza vestiti proprio nel tentativo di rimanere a galla.

Un computo assurdo, quello di tanti e troppi naufragi, che non sembra avere una fine plausibile nel breve-medio termine. Con una Libia nel caso, un aumento dei salvataggi in atto in queste ore – almeno 20 operazioni in mare nelle ultime 36 ore della nostra marina militare, con 6mila persone salvate – e un’incapacità decisionale europea nel trovare un accordo comune per gestire il flusso dei rifugiati, la speranza che la più grande tragedia in atto dalla Seconda guerra mondiale in poi termini presto sono praticamente ridotte a zero.


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