Politica & Istituzioni

Mario Giro: «Con il suo migration compact, la Commissione UE allontana l’Europa dall’Africa»

Dopo il Consiglio Affari Esteri che si è tenuto a Bruxelles il 20 giugno, il Vice ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale, Mario Giro, torna ad esprimersi sul Migration compact proposto dalla Commissione europea. Un testo lontano dalla proposta iniziale di Renzi, e che secondo lui non farà altro che creare distanze e incomprensioni tra l'Africa e l'UE. La colpa non è della Mogherini, ma collettiva, in particolare il Presidente Juncker, troppo debole di fronte agli Stati Membri.

di Joshua Massarenti

Vice ministro, il Consiglio Affari Esteri non ha offerto grande spazio al Migration compact presentato la scorsa settimana dalla Commissione europea. Nessun documento specifico, se non qualche paragrafo racchiuso nelle conclusioni dedicate al Sahel. Lei come se lo spiega?

La proposta della Commissione europea non era al cuore dell’agenda dell’ultimo Consiglio Affari Esteri. Previo uscita o meno del Regno Unito dall’UE – e mi auguro di no -, il Migration compact verrà dicusso durante il prossimo Summit dei capi di Stato e di governo previsto i 28 e 29 giugno.

Da qui a fine mese cosa può succedere?

Siamo in fase di trattativa e l’Italia sta facendo di tutto per riorientare il testo.

In quale direzione?

Nella direzione indicata nella prima proposta elaborata dal governo italiano. Abbiamo capito che gli eurobonds non erano graditi da alcuni Stati Membri, e questo ci può anche stare, ma da lì a fare un’impasse su quello che deovrebbe stare al cuore delle relazioni tra l’UE e l’Africa, allora no, non ci stiamo.

La Commissione UE parla di 62 miliardi di euro, non le basta?

I 62 miliardi fanno riferimento alla speranza di ottenere un effetto leva sul lungo termine. Per ora ci sono soltanto 2,3 miliardi di euro messi a disposizione di 23 paesi africani nell’ambito del Fondo Fiduciario per l’Africa, contro 6 miliardi proposti alla Turchia per gestire il medesimo problema, con una differenza enorme: sul continente africano i flussi migratori sono endemici, mentre in Turchia si tratta di una crisi congiunturale, anche se molto acuta. Con gli africani, l’UE ha impiegato mesi prima di assegnare i fondi annunciati al Summit di La Valletta nel novembre scorso, con Ankara ci ha messo una settimana. Secondo lei, gli africani come la prendono?

Condizionare gli aiuti dell'UE alla capacità di un governo africano di fermare i flussi migratori non funziona. Soprattutto quando i soldi messi a disposizione dell’UE non rispondono alle sue ambizioni.

Intanto lei se l’è anche presa con il principio di condizionalità degli aiuti voluto dalla Commissione Juncker…

E questo è un altro messaggio sbagliato inviato all’Africa. Anche perché condizionare gli aiuti alla capacità di un governo africano di fermare i flussi migratori non funziona. Soprattutto quando i soldi messi a disposizione dell’UE non rispondono alle sue ambizioni. Lei faccia due calcoli su quanto prenderà ogni paese africano da qui al 2020 con i fondi attuali del Trust Fund for Africa…

Già fatto, sono 20 milioni di euro all’anno…

Appunto. Non smetterò mai di ripetermi: qui ci vuole un grande patto Europa-Africa incentrato su grandi politiche di investimenti nelle infrastrutture, nell’energia e nell’agribusiness. E’ il messaggio che il Premier Renzi aveva lanciato durante la conferenza ministeriale Italia-Africa del 18 maggio a Roma, e i ministri degli Esteri africani ci avevano chiaramente detto che la strategia dell’Italia andava nella direzione giusta.

Vice ministro, la proposta della Commissione europea è stata presentata a Strasburgo dalla sua vice-presidente, Federica Mogherini. C’è qualche contrasto con l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza?

No, anche perché il testo ha implicato commissari come Katainen, Avramopoulos, Timmermans. La mia delusione è nei confronti della Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker, non di individui. Purtroppo questo testo sembra essere stato negoziato a monte, mentre invece a questo stadio la Commissione europea deve essere molto ambiziosa per poi andare a negoziare con gli Stati membri e il Parlamento europeo, e infine raggiungere un compromesso che è sempre a ribasso rispetto al testo iniziale. Purtroppo questo migration compact è lontano dalla sua versione italiana, propone vecchie ricette che non funzionano. Prendiamo i Migration liaison officers europei che la Commissione propone di inviare in ogni paese, si tratta di figure tecniche irrilevanti dal punto di vista politico, qui ci vogliono dei veri e propri inviati o rappresentanti speciali.

Lei parla di testo negoziato a monte. Ai piani alti della Commissione europea non si smentisce il fatto che il principio di condizionalità sarebbe stato inserito nella proposta in seguito alle pressioni di alcuni Stati Membri…

Non entro nel merito di queste polemiche, preferisco esprimermi su quello che c’è scritto nella proposta. Una cosa è certa: la Commissione europea ha detto a più riprese che l’Italia non va lasciata sola. Purtroppo alcuni Stati Membri vogliono scaricare sul nostro paese la gestione delle frontiere esterne dell’UE, noi non lo accetteramo mai. E’ necessaria una politica comune della migrazione, anche perché si tratta di una realtà con cui dovremo ancora fare i conti nei prossimi decenni. Abbandonare l’Italia a se stessa è il danno peggiore che si possa compiere nei confronti dell’Unione Europea. E anche nei confronti dell’Africa, che avrà pure i suoi doveri nella gestione dei flussi, ma con la quale è opportuno avviare un grande partenariato. Non ci sono alternative possibili. Più la gente muore in mare, e meno l’Europa si fa ascoltare.

Intervista realizzata nell'ambito di un progetto editoriale che associa Vita a 25 media africani indipendenti.


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