Politica & Istituzioni

Fassino: «A Torino ho perso, ma lascio in eredità il rapporto con il Terzo Settore»

Ad un mese dalla sconfitta elettorale l’ex sindaco torinese parla con Vita.it del risultato e del lavoro fatto come primo cittadino in partnership con il terzo settore per arginare la crisi e affrontare la povertà

di Daniela Di Iorio

È passato quasi un mese dal giorno in cui il sindaco uscente di Torino Piero Fassino ha perso, per 9 punti di percentuale, il ballottaggio con la candidata 5 Stelle Chiara Appendino.

Raggiunto telefonicamente ha fornito una spiegazione ampia e dettagliata delle ragioni di tale risultato, ma ha anche aggiunto una nota positiva che riguarda le politiche sociali del Comune attuate in sinergia col Terzo settore. È emerso quanto questo rapporto tra le due realtà, istituzionale e privata, abbiano contribuito a contrastare il più possibile la povertà che di anno in anno tocca una fetta sempre più importante della popolazione.

L’ex sindaco, tra i fondatori dell’attuale Pd, ha voluto ricordare, tra le altre cose, che «Torino ha fatto tantissimo anche nelle periferie. Al primo turno – ha sottolineato – abbiamo vinto in tutte le circoscrizioni».


Nei cinque anni di governo della città, lei ha stabilito uno stretto rapporto di collaborazione col Terzo settore realizzando in tal modo molto di più per i cittadini di quanto avrebbe fatto da solo con le risorse del Comune. La città di Torino è un esempio d’integrazione virtuosa del Terzo settore?
Sono stati anni molto duri per Torino, una città in cui la crisi ha manifestato gli effetti più pesanti proprio perché nel suo tessuto produttivo si concentravano i settori più coinvolti dalle difficoltà. Detto questo, la città non si è rassegnata e ha messo in campo tutte le azioni possibili di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà: fondo salva sfratti, reddito di inserimento e di mantenimento per le persone in condizioni di precarietà e numerose altre forme di supporto sociale. È stato fatto tantissimo. Torino più di altre città ha investito risorse nel sociale (270 milioni ogni anno). A rendere possibili questi sforzi c’è stata la cooperazione tra l’amministrazione comunale e il vasto mondo della sussidiarietà sociale. Torino senza dubbio ha rappresentato un modello virtuoso di sinergia tra enti locali, fondazioni bancarie e Terzo settore, un patrimonio di rapporti ed esperienze che dovranno proseguire per il bene della città.

Pensa quindi di aver lasciato un’importante eredità alla nuova sindaca Chiara Appendino? La saprà raccoglierla? O prevarrà ancora il sentimento della diffidenza verso ciò che è stato fatto?
L’approccio contestativo del Movimento 5 stelle è noto, fa parte anche del loro successo elettorale. La Appendino ha condotto la sua campagna elettorale fondandola su tanti no. Adesso dovrà necessariamente cambiare. Passare dalla protesta alla pratica dell’amministrazione è cosa diversa; difatti la Sindaca Appendino ha già cambiato stile e linguaggio, un modo diverso rispetto a come eravamo abituati a vederla in consiglio comunale. Quel che in ogni caso bisogna sapere è che il disagio sociale non si sconfigge una volta per tutte, ma bisogna farsi carico tutti i giorni delle sofferenze dei cittadini e trovare le risorse necessarie, anche con l’intervento del privato sociale.

Perché, nonostante questo modello ha vinto la sindaca pentastellata? Al di là della crisi economica e dell’invidia sociale, come mai la sconfitta è stata proprio nelle periferie, che più del centro hanno bisogno del Terzo settore?
Le motivazioni di una sconfitta sono tante e vanno analizzate con serietà e nelle sedi proprie, a partire dal Partito democratico. Ci sono motivazioni locali, nazionali e anche europee. È innegabile che soffia un vento populista in tutto il continente, che semplifica i problemi complessi facendo credere ai cittadini che – ad esempio – un tema come l’immigrazione è risolvibile alzando muri. Nel voto si è espressa una sofferenza sociale soprattutto degli strati popolari. Una sofferenza che non abbiamo certo sottovalutato ne tanto meno negato, ma al contrario contrastato con le misure a disposizione di un ente locale. Ma su certi temi, come il livello basso delle pensioni minime o la disoccupazione dei figli le possibilità di incidenza di un comune erano e sono obbiettivamente limitate. Sono abituato a una politica seria, che non offre finte soluzioni per motivi elettorali. Rivendico che a Torino si sia fatto tantissimo, anche nelle periferie. Le ricordo che al primo turno del voto amministrativo, la coalizione di centro sinistra ha vinto in tutte le circoscrizioni. Al secondo turno le dinamiche sono state altre perché il sistema del ballottaggio consente a chi è giunto terzo e quarto di congiungere i propri voti ribaltando così l’esito del primo turno.

Pensa che in ogni caso il sistema Torino possa essere esportato sul piano nazionale?
Intanto mi auguro che la positiva esperienza di cooperazione tra enti locali e sistema della sussidiarietà sociale non venga compromessa perché si danneggerebbero i tanti cittadini e le tante famiglie che di questa cooperazione hanno potuto beneficiare. Certo sarebbe una buona cosa che la nostra esperienza potesse essere utile anche ad altre città, è innegabile che a Torino il contesto è molto fecondo e il Terzo settore qui ha competenze e affidabilità di eccellenza.

È appena stata approvata la legge delega sul Terzo settore, che consentirà ad enti, associazioni e cooperative nate a fine solidaristico di fare impresa sociale. Il che potrà creare occupazione, attrarre investimenti orientati all'impatto sociale, e gestire beni pubblici tra cui il nuovo welfare…
Una norma attesa da decenni, che rappresenta un punto di svolta nella vita del mondo del terzo settore, che si prepara ad acquisire un riconoscimento giuridico che fino a oggi gli è mancato. La legge mette ordine e semplifica l’intero comparto, definendone il quadro di azione, armonizzandone le norme con un Codice del terzo settore, prevedendo un unico Registro nazionale, rivedendo la normativa sull’impresa sociale, istituendo il servizio civile universale (aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti come già da anni si fa a Torino). Le opportunità offerte dalla nuova legge sono tante. Ora c’è un anno di tempo per dare attuazione ai principi espressi attraverso i decreti legislativi delegati.


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