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Sardegna, il reddito di inclusione sociale diventa legge

È la prima regione italiana a soddisfare la richiesta della Commissione Europea che dal 1992 con la Direttiva 441 chiede ai Paesi membri di istituire uno strumento concreto in grado di consentire ai più poveri di disporre di risorse e prestazioni sufficienti per vivere.

di Monica Straniero

Dagli ultimi dati del “Rapporto sulla povertà in Italiaa cura dell’Istat, risulta che un milione e 470mila famiglie residenti in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta, si tratta di 4 milioni e 102mila persone pari al 6,8% dell'intera popolazione del Paese. In Sardegna i dati parlano di 147mila nuclei familiari indigenti, pari al 20% del totale.

Il 2 agosto è stata approvata la proposta di legge di Sinistra Ecologia e Libertà, che istituisce il Reis (Reddito inclusione sociale), come misura di contrasto all'esclusione sociale e alla povertà. La Sardegna è così la prima regione italiana a soddisfare la richiesta della Commissione Europea che dal 1992 con la Direttiva 441 chiede ai Paesi membri di istituire uno strumento concreto in grado di consentire ai più poveri di disporre di risorse e prestazioni sufficienti per vivere.

«Il reddito di inclusione potrebbe rappresentare un'opportunità per dare una mano a circa diecimila famiglie che vivono da troppo tempo sotto la soglia di povertà e cioè con non più di 498 euro al mese», ha sottolineato il proponente e segretario regionale di Sel Luca Pizzuto. «L’erogazione ipotizzata è pari a 500 euro per nucleo e a 200 per i singoli».

La Regione, secondo la legge, stanzierà 30 milioni euro l'anno a partire dal 2016 con l’obiettivo di portare le famiglie in difficoltà all'autosufficienza economica. «Per la prima volta si parla di welfare generativo, uscendo dalla logica dell’assistenzialismo e rispettando l’originaria filosofia dello stato sociale, che lavora per compensare le disuguaglianze», ha sottolineato l’assessore della Sanità Luigi Arru.

Possono accedere alla misura persone o famiglie di cui almeno un componente risieda in Sardegna da almeno 60 mesi. Ma per evitare che l’assegno solidale si trasformi in assistenzialismo, i beneficiari dovranno comunque sottoscrivere un patto con la Regione e impegnarsi a partecipare ad un percorso finalizzato all'emancipazione mirato all’inserimento formativo e/o scolastico o a lavorare per la comunità, attraverso programmi d’intervento pianificati dai servizi sociali comunali e dai centri per l’impiego della Regione. Nel caso in cui il beneficiario rifiuterà, senza comprovati e gravi motivi, più di due congrue offerte di lavoro, il Reis sarà sospeso per un anno.

Non a caso la misura a sostegno dei più poveri in sardo si chiama «Aggiudu torrau», aiuto restituito, in riferimento ad una consuetudine delle campagne sarde che prevedeva lo scambio di favori tra persone in modo di aiutarsi reciprocamente nel momento del bisogno.

Ma non basta. Stando dal Rapporto di Save the Children, “Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?”, il 24% di ragazzi sardi lascia prematuramente la scuola. Così al fine di arginare il sempre più preoccupante problema della dispersione scolastica, il sussidio pone in capo alle famiglie destinatarie del reddito di inclusione sociale il dovere di assicurare che i propri figli frequentino la scuola almeno sino ai 18 anni d'età.

Per finanziare il Reis è stato istituito un Fondo regionale per l’inclusione sociale, alimentato da risorse europee, statali e regionali iscritte in bilancio, più fondi raccolti da privati. Infine la legge precisa che il sussidio rappresenta una misura complementare e aggiuntiva rispetto al Sia, il Sostegno di inclusione attiva introdotto dalla legge di stabilità 2016 per le famiglie con un Isee inferiore ai 3.000 euro e nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata. Partirà dal prossimo 2 settembre l’erogazione, tramite l’accredito della somma stabilita su una carta di pagamento elettronica, di un contributo mensile di 80 euro a persona fino a un massimo di 400 euro per nucleo. Anche con il SIA, per mantenere il diritto all’aiuto i beneficiari dovranno aderire a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto all'affrancamento dalla condizione di povertà.

I dettagli della legge


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