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Fu l’Amatrice dell’Umbria. Oggi Nocera Umbra deve essere il modello

Non ci furono vittime per un caso del destino. Ma nel 1997 la cittadina umbra fu il simbolo di quel terremoto con l’83% della popolazione costretta a lasciare le proprie abitazioni. Oggi i lavori sono quasi ultimati e le scosse di questi giorni non hanno smosso neanche una tegola. L’intervista al sindaco

di Lorenzo Maria Alvaro

Nel settembre del 1997 il terremoto passò dall’Umbria. In molti ricordano i danni alla Basilica di San Francesco ad Assisi, dove ci furono le uniche vittime del sisma. Il simbolo di quella tragedia però fu Nocera Umbra che, tra i comuni del Subasio, fu devastato dalla potenza delle scosse. Oggi, a 20anni dal sisma, sono finiti i lavori di ristrutturazione e il nuovo terremoto non ha lasciato segni, a testimonianza della bontà del lavoro fatto. Ne abbiamo parlato con il sindaco Giovanni Bontempi in carica dal 2011.


Sindaco, lei non era in carica quando il sisma si abbatté su Nocera…
No, lo sono dal 2011. Ma ho vissuto naturalmente quella sciagura e ho dovuto seguire diversi progetti in questi anni, in cui la ricostruzione si sta ultimando

Nocera fu il simbolo di quella tragedia…
Si siamo stati uno dei comuni più colpiti e più danneggiati. Dopo le scosse l’83% della popolazione era fuori dalle proprie abitazioni. Non ci furono vittime solo perché la botta forte arrivò la mattina tardi, dopo diverse avvisaglie notturne e le vacanze estive erano ormai finite.

Sono passati 19 anni dal terremoto. A che punto è la ricostruzione?
Nocera ha vissuto molte difficoltà ma oggi possiamo dire di aver completato la ricostruzione e abbiamo anche riaperto il centro storico che per due anni era stato zona rossa. Mancano solo le pavimentazioni storiche e alcune rifiniture pubbliche. Per quanto riguarda invece il privato, comprensivo delle chiese, tutto oggi è tornato alla normalità. Ma oggi di certo la città, che è stata rifatta com’era e dov’era, è anche più bella di prima oltre che sicura.

La vostra ricostruzione oggi viene salutata come uno dei migliori esempi di post sisma in Italia. È anche il motivo, dicono in molti, per cui non si sono registrati vittime nei comuni dell’Umbria. È così?
Sì, quella ricostruzione ha voluto dire sicurezza. Noi oggi abbiamo sentito il terremoto e abbiamo avuto da affrontare qualche tamponatura. Ma nessuna struttura è risultata non agibile né sul fronte pubblico né su quello privato. Non abbiamo registrato crolli.

Oggi abbiamo edifici con tutti gli accorgimenti antisismici sia per quello che riguarda il nuovo che lo storico. Quindi è sicuro il centro di origine medioevale come le nuove strutture scolastiche inaugurate quest’anno.

E dal punto di vista dello spopolamento com’è la situazione?
Oggi la battaglia grande è far tornare alla vita il nostro centro storico che è stato non vissuto per 20 anni. Le persone che lo abitavano erano anziane e oggi non ci sono più. Ma c’è tanto interessamento per tornare a vivere lì. Possiamo diventare, da questo punto di vista, un esempio. Montefalco, Assisi o Spello sono posti molto conosciuti. Noi invece dobbiamo tornare a farci conoscere. Stiamo mettendo in piedi tante iniziative per far tornare il nostro centro vivo. Abbiamo riportato lì gli uffici comunali, abbiamo aperto una pinacoteca, un museo e un teatro e abbiamo ristrutturato edifici storici che abbiamo adibito ad eventi. Per quello che riguarda i privati stiamo studiando degli incentivi per invogliare giovani coppie o stranieri all’acquisto di abitazioni.

Guardando le immagini di Amatrice e degli altri borghi cosa si sente di dire a quelle persone?
Capisco la disperazione di oggi. Ci sarà da affrontare il percorso delle tende, dei container e delle casette di legno. Ma pensi che oggi qui le casette di legno le usiamo a scopo turistico o umanitario. La difficoltà è saper affrontare un problema al giorno per tanto tempo. Continuare a tenere duro anche quando sembra che i problemi non finiscano mai.

Ricordarsi che ricostruire com’era e dov’era è possibile. Mi sento di spronarli ad avere tanta tenacia e cercare grandi professionalità.

Come si conduce una ricostruzione?
Sono le comunità a dover ricostruire le proprie case. Il protagonismo delle comunità è sostanziale. Niente soluzioni centraliste. Questo è certo. E servono professionalità qualificate che diano al lavoro prospettive sul futuro. Certo bisogna costruire com’era e dov’era ma pensando anche al domani, cercando di ragionare in funzione del tessuto economico e delle vocazioni del territorio. Credo che in tutti i sensi la ricostruzione dell’Umbria del post 1997 sia stata un esempio virtuoso unico cui guardare.

Pensate dunque di poter aiutare nell’impostazione dei lavori di ricostruzioni le comunità colpite?
Certo, credo fortemente al fatto che l’Umbria possa dare un contributo importante sia dal punto di vista dei funzionari che dei tecnici, mettendo sul tavolo prassi e know how che hanno dimostrato di essere vincenti. Non ho dubbi che i comuni oggi così duramente colpiti con il tempo sapranno rimettersi in piedi. Ci vogliono solo fiducia e pazienza. E noi siamo pronti ad aiutarli.


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