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Famiglia & Minori

È settembre, parte il SIA

Dal 2 settembre si potrà presentare la domanda per avere il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA), in tutto il territorio nazionale: fino a 400 euro al mese a sostegno di 200mila famiglie in povertà. La misura prevede anche un progetto personalizzato di attivazione e inclusione, vincolante per accedere al beneficio economico. 500 milioni di euro stanziati per rafforzare i servizi dei Comuni, senza cui i progetti personalizzati resterebbero solo sulla carta

di Sara De Carli

Dunque ci siamo. Con il mese di settembre parte la prima misura nazionale di contrasto alla povertà. Da domani – 2 settembre – si potrà presentare la domanda per avere il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA), in tutto il territorio nazionale. La misura è già stata sperimentata nelle 12 grandi città d’Italia e con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto 26 maggio 2016 (GU del 18 luglio 2016), viene estesa a tutta Italia. È il primo passo di quel reddito di inclusione disegnato dal ddl delega di contrasto alla povertà approvato a metà luglio dalla Camera. L’estensione nazionale del SIA è quindi una “misura ponte” in attesa della definizione, attraverso la legge delega, di una nuova misura nazionale per il 2017. Da domani quindi chi è in possesso dei requisiti potrà presentare domanda, utilizzando l'apposito modulo pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e sul sito dell'INPS, e consegnandolo al Comune di residenza.

Cos'è
La peculiarità del SIA è che si compone di due parti: un beneficio economico e un progetto personalizzato che mira al superamento della condizione di povertà, al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che è vincolante per avere il beneficio economico.
La parte monetaria varia a seconda della composizione del nucleo familiare, da 80 fino per le famiglie di un solo componente fino a 400 euro per le famiglie di 5 o più membri e verrà erogata ogni bimestre. Le risorse che la Legge di Stabilità 2016 assegna al Fondo nazionale per la lotta alla povertà per realizzare questi interventi ammontano a 750 milioni di euro, una dotazione che permetterà di dare sostegno a circa 200mila famiglie, con 500mila minori, per un totale di quasi 1 milione di persone.

Per chi è
Chi può chiedere il SIA? Le famiglie in condizioni disagiate in cui è presente un minore, oppure un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata.
È necessario risiedere in Italia da almeno due anni e il nucleo deve avere un ISEE inferiore o uguale a 3.000 euro. Se si beneficia già di altri trattamenti economici (previdenziali, indennitari o assistenziali), il loro il valore complessivo deve essere inferiore a 600 euro mensili. Nessun componente deve risultare beneficiario di Naspi (l’indennità di disoccupazione). Non bisogna possedere beni durevoli di valore, in particolare autoveicoli immatricolati nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda oppure autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati nei tre anni antecedenti la domanda. Nei giorni scorsi Asgi ha sottolineato come la misura presentasse problemi rispetto agli “immigrati poveri”, in quanto dal SIA sono esclusi i titolari di protezione internazionale (che accedono invece alla carta acquisiti ordinaria) e i titolari di permesso unico lavoro. La prima questione è stata risolta, intervenendo non sul testo del decreto ma con il messaggio 3272 dell’INPS: nel modulo per la presentazione delle domande di accesso SIA i titolari di protezione internazionale ci sono. Restano invece esclusi i titolari di permesso unico di lavoro.

Il migrante povero non esiste?
Alberto Guariso, avvocato di Asgi, spiega che « il decreto muove evidentemente dal presupposto che lo straniero “ordinario” (quello cioè che non ha ancora conseguito il permesso di lungo periodo, e si tratta del 45% degli stranieri) non può essere migrante e povero allo stesso tempo. Se in condizioni di povertà assoluta, è destinato inevitabilmente a perdere il titolo di soggiorno e dunque ad andarsene: dunque il migrante povero…non esiste. Ovviamente tutti sanno che non è così: molti stranieri, alternando periodi di disoccupazione e periodi di lavoro precario a bassissimo salario (nella logistica, nelle pulizie, nel lavoro domestico etc.) rimangono legittimamente sul nostro territorio per decine di anni, senza mai poter accedere al permesso di lungo periodo: o per carenza di reddito (per accedere al permesso è richiesto un reddito pari all’assegno sociale) o, più spesso, per l’impossibilità di accedere ad un alloggio idoneo (l’altra condizione richiesta). Che senso può avere escludere costoro, che sono legittimamente presenti sul nostro territorio, da una misura di contrasto alla povertà?».

L'altro attore, il welfare locale
È evidente a tutti che senza un rafforzamento dei servizi offerti a livello locale dai Comuni, senza personale, senza formazione, senza creare reti, la presa in carico delle famiglie beneficiarie con un progetto personalizzato di attivazione, resterebbe solo sulla carta. Ecco quindi che l'altra grossa scommessa del SIA capitolo è quello che riguarda i Comuni.
Da oggi e fino al 31 dicembre essi potranno presentare dei progetti per rafforzare la rete dei servizi per la presa in carico e attivazione dei nuclei beneficiari del Sia: sul piatto ci sono quasi 500 milioni di euro (bando pubblicato il 3 agosto 2016), che sono la prima tranche di 1,2 miliardi di fondi europei da qui al 2020 che il Governo ha destinato a ciò. Ecco quindi che i Comuni potranno presentare progetti per migliorare i loro servizi di segretariato sociale, interventi socio educativi e di attivazione lavorativa, la valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare e la presa in carico, gli interventi per l'inclusione attiva, la promozione di accordi di collaborazione con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l'impiego, tutela della salute e istruzione, nonché con soggetti privati attivi nell'ambito degli interventi di contrasto alla povertà ed enti non profit.
Potranno però i Comuni assumere personale, ad esempio? E quale formazione e accompagnamento è previsto ai territori? I soldi sono un tassello, ma uno, e comunque arriveranno in primavera (il bando chiude a fine dicembre), mentre i progetti personalizzati partono subito, nel giro di due mesi. Il rischio? Che poi si dica che puntare sul welfare locale non funziona, che era meglio limitarsi a dare soldi. il SIA che parte oggi può essere l'occasione di una svolta, non buttiamola.


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