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Davvero anche gli adulti sono vittime di cyberbullismo?

È calendarizzata dal 12 settembre all'Aula della Camera la proposta di legge sul cyberbullismo. Il testo che si affaccia all'aula ha molte novità rispetto a quello approvato dal Senato, a cominciare da una torsione in senso sanzionatorio e un allargamento delle misure tutelanti anche per gli adulti, tanto che qualcuno già grida alla norma "ammazza web".

di Sara De Carli

Settimana prossima, con la ripresa dei lavori parlamentari, la Camera avvierà l’esame della proposta di legge “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, già approvata dal Senato l’ormai lontano 20 maggio 2015 (qui il testo uscito dal Senato, adottato alla Camera come testo base). L’esame in commissione – Giustizia e Affari Sociali, riunite – iniziò formalmente il 25 giugno 2015 e praticamente il 2 febbraio di quest’anno, al testo base vennero abbinate altre proposte di legge, e finalmente la proposta si affaccia all’Aula (c’è tempo per presentare emendamenti fino a lunedì).

«Un provvedimento importante, che per la prima volta colma una lacuna della nostra legislazione su un tema di rilevante portata sociale, creando un sistema di regole a tutela di quanti sono vittime di atti lesivi e persecutori compiuti nel web. Non si tratta di mettere bavagli alla rete, come abbiamo letto recentemente, ma di garantire a chi si trova in difficoltà strumenti per potersi difendere e alle forze dell'ordine la possibilità di intervenire nei casi più gravi», dichiarano oggi in una nota congiunta Micaela Campana, responsabile Welfare della segreteria nazionale del PD e il deputato del Pd, Paolo Beni, relatori del provvedimento che arriverà in aula lunedi. Elena Ferrara, prima firmataria della proposta di legge da cui hanno preso il via i lavori in Senato, è stata l’insegnante di musica di Carolina Picchio, la ragazza novarese che si suicidò nel 2013 a soli quattordici anni, prima vittima riconosciuta in Italia di cyberbullismo. La attuale versione del testo, quella del 27 luglio, alla senatrice suscita più di una perplessità.

Senatrice, cosa la preoccupa?
Non ne faccio una questione personale, riconosco che in alcuni punti sono stati introdotti miglioramenti, a cominciare da quanto nella scuola si potrà fare grazie alla legge 107 in termini di uso consapevole della rete, ma vorrei sottolineare come il provvedimento al Senato fosse stato approvato all’unanimità, tutti avevano fatto qualche passo indietro per un atto di responsabilità nei confronti dei minori… D’accordo, è una soddisfazione vedere finalmente la calendarizzazione del provvedimento, tuttavia spero che nell’ultima fase del dibattito si riesca ad affinare il testo, che in questo momento mi pare abbia un po’ perso coerenza, anche giuridica.

Cosa intende?
Commissione Giustizia e commissione Affari sociali hanno due approcci e sensibilità diverse, ci sono state difficoltà nel comporre i due aspetti, quello sanzionatorio e quello educativo-preventivo da cui al Senato siamo partiti. Serviva una mediazione, questo si sapeva, però…

Cosa non condivide?
C’è una forte modifica del testo del Senato in ottica sanzionatoria, introducendo addirittura il penale. E si amplia la definzione di cyberbullismo, allargandolo anche ai maggiorenni. In sostanza oggi abbiamo un testo che pone entro la definizione di cyberbullismo anche reati come il furto d’identità (già previsti dalle nostre leggi) e allarga non solo ai minori ma anche agli adulti la possibilità ottenere l’oscuramento e la rimozione dei contenuti offensivi o lesivi dell’onore, del decoro e della reputazione della vittima. Abbiamo lavorato due anni per costruire un accordo su questo con le aziende e i gestori, c’era un impegno a rimuovere i contenuti proprio per tutelare i minori, ora però se ci sganciamo dai minori e diamo questa possibilità a tutto il mondo, allargando il concetto di cyberbullismo anche agli adulti, dubito ci potrà essere lo stesso tavolo tutelante. Quel patto educativo preventivo si basava sul fatto che si parlasse di minori, ora temo che non sarà la stessa cosa. Il testo presta facilmente il fianco all’accusa di demonizzare la rete e di limitare la libertà di espressione sul web: alcuni giornali hanno parlato di una norma “ammazza web”.

Che inasprimento dell’approccio sanzionatorio c’è invece?
L’articolo 6-bis va a modificare l’articolo 612-bis del codice penale, quello sul reato di stalking, introducendo un’aggravante: la pena per il cyberbullismo come aggravante dello stalking va da uno a sei anni di reclusione, più della pena prevista nel caso in cui l’autore di stalking sia l’ex marito o il fidanzato. È vero che l’ammonimento mette al riparo gli infraventunenni, il problema è che con un articolo 1 che definisce il cyberbullismo senza legami con la reiterazione e un articolo 6 che dà questa aggravante, si crea la situazione paradossale per cui davvero anche solo una condotta isolata può portare a sei anni di carcere. Non abbiamo bisogno di reati ma di interventi educativi per i nostri ragazzi, che restano sempre più intrappolati nell’incapacità di gestire le relazioni immateriali.


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