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Imparare lavorando, la sperimentazione che cambia la formazione professionale

I ragazzi iscritti alla istruzione e formazione professionali potranno fare la loro formazione anche attraverso i contratti di apprendistato formativo di primo livello, con metà ore in azienda e metà nei centri professionali. Obiettivo: coinvolgere 60mila ragazzi in due anni. È la prima volta in Italia del "sistema duale". Si parte con 300 Centri, la Lombardia è un'avanguardia

di Sara De Carli

Coinvolgere 60mila ragazzi in due anni, portandoli a conseguire un titolo di studio attraverso una reale alternanza scuola-lavoro o addirittura con un apprendistato. È questo l’obiettivo della sperimentazione del sistema duale in Italia, al via con l’avvio di questo nuovo anno scolastico in 300 Centri di Formazione Professionale (CFP) in tutta Italia e uno stanziamento ad hoc di 87 milioni di euro. Si tratta dell’abbozzo, dopo anni di dimenticanza, di un sistema strutturato di formazione professionale, di una “via italiana” a quell’apprendere attraverso il lavoro che tanti Paesi – Germania in testa – già realizzano: “imparare lavorando”, come dice la campagna di comunicazione dedicata.

Paola Vacchina è la presidente di Forma – Associazione Enti Nazionali di Formazione Professionale e nei giorni scorsi insieme al CIOFS-FP (Centro Italiano Opere Femminili Salesiane – Formazione Professionale) ha fatto il punto sull’avvio del sistema duale nel seminario europeo “Sperimentazione duale in Italia. Un passo per un sistema strutturato di Formazione Professionale nelle Politiche Attive del Lavoro”.

Che cos’è concretamente questo sistema duale? In cosa si differenzia dalla formazione professionale che già conosciamo? E in cosa dall’alternanza scuola-lavoro che è uno dei cardini della legge 107 “la Buona Scuola”?
È una sperimentazione finalizzata a utilizzare l’apprendistato di primo livello (così lo definisce il dlgs 81/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act) come modalità complementare per acquisire una qualifiche o un diploma professionale, lavorando. L’apprendistato infatti è un contratto a tempo indeterminato, finalizzato all'occupazione dei giovani e al primo inserimento lavorativo e la sua caratteristica principale è il suo contenuto formativo: la vera nuova opportunità è questa. Oggi dopo la terza media un ragazzo può proseguire la sua formazione e assolvere all’obbligo scolastico iscrivendosi all’offerta scolastica dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, la “gamba scuola”, oppure iscrivendosi a percorsi di istruzione e formazione professionale, la “gamba IeFP”, che è quella offerti dai nostri enti accreditati presso le regioni. Attraverso l’istruzione e formazione professionale in tre anni si raggiunge una qualifica professionale (ce ne sono 22 diverse in Italia), con la possibilità di un quarto anno che dà un diploma professionale. L’istruzione e formazione professionale è un’offerta formativa molto importante, ed è arrivata ad accogliere 329mila allievi, tra triennio e quarto anno (dati ISFOL anno formativo 2014/15), con un trend in continua crescita, e inoltre dà molte soddisfazioni in termini di inclusione, riduzione dell’abbandono scolastico e permette percentuali significative di inserimento nel mondo del lavoro, oltre il 50%.

Se questa è la situazione attuale, di partenza, in cosa consiste la nuova possibilità?
La via italiana al sistema duale si articola in due strumenti. Uno è l’alternanza rafforzata: durante il percorso formativo vengono aumentate di molto le ore di formazione che il ragazzo svolge presso l’azienda, dalle attuali 100-200 ore si sale a 300-400 ore all’anno in azienda (per fare un paragone con l’alternanza introdotta dalla buona scuola, basti pensare che lì sono previste 400 ore nell’arco del triennio per gli istituti tecnici e professionali, e di 200 ore in tre anni per i licei, ndr). Ma la leva più innovativa – anche se più difficile – è quella dell’apprendistato. Stiamo parlando sempre di IeFP, i nostri ragazzi avranno la possibilità di sviluppare il loro percorso formativo anche attraverso il contratto di apprendistato formativo, ovvero l’apprendistato di primo livello. Il giovane resta iscritto e in carico al CFP, ma metà delle ore le svolge in azienda, lavorando, regolarmente assunto con un contratto, e quindi retribuito. Si tratta di fare formazione attraverso un percorso molto personalizzato per ogni ragazzo, l’offerta formativa deve adeguarsi al percorso che il ragazzo farà in azienda, dove avrà un tutor.

La sperimentazione che tempi e numeri ha?
La parte più consistente della sperimentazione parte adesso, ma è una faccenda complessa: la formazione professionale è un ambito di competenza regionale, ed è stato necessario siglare protocolli d’intesa con singole regioni. Dobbiamo dire purtroppo che fra le regioni italiane c’è molta differenza in questo settore… L’obiettivo è coinvolgere 60mila ragazzi in due anni, nelle due forme, ma vorremmo che una quota significativa fosse sull’apprendistato. La Lombardia è forse la regione più avanti, che già in parte aveva anticipato questa idea e ha in programma di lavorare su qualche migliaio di apprendistati di primo livello (l’assessore all’Istruzione e Formazione professionale di Regione Lombardia, Valentina Aprea, il 12 settembre ha annunciato che mille ragazzi lombardi sono pronti a firmare il loro contratto di apprendistato di primo livello, e le aziende che assumeranno i nostri studenti si riferiscono ai settori della meccanica, elettrico e elettronico, legno arredo, ristorazione, servizi alle imprese e benessere, ndr). È una novità per il nostro Paese, va spiegata, ci sono anche resistenze culturali sia da parte delle aziende che delle famiglie… Ovviamente è necessario trovare la collaborazione delle imprese, per le quali è un grosso impegno avere la corresponsabilità della formazione di un ragazzo. Si sta facendo molto, l’incontro di Firenze ad esempio è stato interessante perché c’erano i rappresentanti delle parti sociali dell’artigianato, il settore nel quale da sempre si registra il più alto numero di apprendisti. Bisogna creare sinergie, muoversi su tanti piani. Si stanno attivando anche alcune associazioni di categoria, c’è un accordo per costruire un albo nazionale delle aziende… il fatto è che non basta l’adesione formale di un’associazione di categoria, in realtà poi è la singola azienda che deve essere contattata perché l’impegno è suo.

Può essere un’occasione anche per i Neet?
Con questa sperimentazione la IeFP ritrova e riscopre sua vocazione di politica attiva per il lavoro, a Firenze c’era l’Anpal, a ribadire che i CFP rilanciano la loro funzione di “agenzie per il lavoro”. I neet hanno un’età diversa dagli apprendisti della IeFP, sono un po’ più grandi, ma sì, possono essere recuperati alla formazione partendo proprio dall’apprendistato. In quel caso davvero non c’è più una classe ma un percorso individualizzato: può essere strumento interessante e flessibile per rispondere anche all’esigenza di reintegro di chi ha completamente abbandonato la formazione.

Torniamo infatti per un attimo al modello e al valore culturale dell’imparare lavorando.
Scuola e lavoro in Italia sono stati a lungo separati, è un po’ una nostra tara culturale. Qui la sfida è riconoscere pienamente che ci sono alcuni giovani che nel loro approccio all’apprendere hanno caratteristiche differenti da quelle su cui si impernia la scuola, hanno una propensione maggiore costruire la loro conoscenza partendo dall’esperienza pratica, seguendo cioè un processo diverso dal tradizionale “prima studio, e poi applico”: è facendo una esperienza di lavoro che si impara, ad esempio, ad usare e applicare una funzione matematica. Con l’apprendistato si coinvolgono le aziende nella sfida di garantire una formazione completa, articolata, che non trascuri nulla ma vicina al mondo lavoro. Si tratta di vedere le aziende come partner attivo e protagonista del percorso.

Però il ministro Giannini stesso ha ammesso la difficoltà che deriva dal fatto che pur essendo l’alternanza scuola lavoro un punto qualificante della legge 107, sia stata letta come “lavoro minorile”…
È un problema che sento anche io, ma davvero l’apprendistato è tutto meno che un modo per sfruttare i ragazzi. Anzi io penso che la difficoltà di trovare aziende disponibili sia proprio perché le aziende sanno che è un impegno molto grosso, un investimento forte sia da parte dell’ente di formazione che da parte dell’azienda sul giovane. La formazione qui è molto personalizzata, tu non hai una classe in cui tutti a un certo punto vanno in azienda a fare lo stage, i percorsi educativi devono essere molto approfonditi, anche la partita organizzativa e didattica è molto complessa. Come FORMA abbiamo deciso di fare un monitoraggio delle migliori prassi, per arrivare a definire delle linee guida interne per valorizzare le soluzioni organizzative migliori, è un lavoro enorme.

Oggi l’istruzione e formazione professionale è materia regionale, significa che ci sono un apprendistato per ogni regione e una realtà diversa per ogni regione: quanto questo è un problema? Il Referendum Costituzionale prevede che la competenza statale sulle “disposizioni generali e comuni” in materia di Istruzione e Formazione Professionale passi allo Stato: come leggere questa ipotesi?
È vero che il sistema oggi è frammentato, diverse normative regionali hanno prodotto sistemi differenti. La sperimentazione del sistema duale, essendo nazionale, dà anche questa possibilità interessante, cioè di tenere in un progetto unico le venti esperienze regionali dando una certa uniformità, ce lo auguriamo. Rispetto alla riforma costituzionale, ci sono pro e contro: perché da un lato per i sistemi più avanzati il rischio è che diventino meno innovativi ed efficaci, il lato positivo però è che con una competenza più forte dello Stato si vada a rimediare ai gap attuali, rafforzando la presenza dell’IeFP là dove non esiste. Che passi o meno è molto importante in questa fase di cambiamento che sia lo Stato, sia i due Ministeri coinvolti, sia le Regioni facciano una grande alleanza con i soggetti sociali per garantire una IeFP forte in tutto poiché è l’IeFP la base sicura su cui fondare il sistema duale, senza una IeFP diffusa e di qualità sarà impossibile farlo. Questo nuovo apprendistato disegnato con il Jobs Act è incardinato dentro la struttura formativa, il ragazzo non è abbandonato in un’azienda che lo fa lavorare e poi gli fa fare qualche ora di formazione… Ecco, questa è la novità, se è così allora sì che possiamo pensare di farcela.

Foto A. Solaro/Getty Images


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