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Rossini (Acli): senatori, fate presto. L’Italia dei poveri aspetta

La legge delega che contiene il Piano nazionale contro la povertà ha iniziato il suo iter al Senato per la seconda lettura, mentre il Parlamento si appresta a discutere e definire la legge di bilancio per il 2017, che dovrebbe dare risorse e gambe alla stessa legge. Il presidente delle Acli apprezza il testo, ma teme lungaggini: «Il momento giusto è questo. Non sprechiamolo»

di Gabriella Meroni

Le Acli lavorano da tre anni, insieme alle altre realtà dell’Alleanza contro la povertà, per arrivare a un risultato che sembra a portata di mano: il grande Piano nazionale contro la povertà che introduca anche nel nostro paese strumenti di garanzia contro l’indigenza assoluta. Primo tra tutti il reddito di cittadinanza, che dovrebbe partire nel 2017 con una dotazione di un miliardo, forse di un miliardo e mezzo se l’annuncio del ministro Poletti sarà confermato. «Sì, stiamo aspettando da tanto tempo, e ora abbiamo una grande occasione. Il momento è questo», dice con forza il presidente delle Acli Roberto Rossini.

Perché presidente sottolinea l’importanza di questo momento?

Perché si è realizzata una convergenza rara tra forze politiche e forze sociali: tutti hanno riconosciuto, ormai da molti mesi, che il problema della povertà deve essere affrontato e risolto con una legge di ampio respiro, un vero e proprio piano nazionale. Questo è il momento giusto di approvarlo, senza tentennamenti e senza troppe modifiche che costringano il testo a tornare di nuovo alla Camera.

Qual è il vostro timore?

Che si perda tempo. Non manca molto allo sbarco, in Parlamento, della legge di Bilancio che come si sa rallenta tutto. Le partite da chiudere sono due: da una parte l’approvazione, e dall’altra uno stanziamento adeguato. Se mancasse uno di questi due elementi rimarrebbe un vulnus insanabile tra intenzione e pratiche. Spero non dovremo assistere a tanto.

Si tratta di un buon testo, secondo le Acli?

È un innegabile passo in avanti. A noi comunque sta a cuore tema dell’universalismo, cioè che si parta dai più deboli senza troppi criteri per determinare questa debolezza a parte il reddito e l’Isee. Basta questa “doppia soglia”, come si chiama in gergo, per arrivare a stabilire il livello di bisogno di un nucleo familiare, e agire di conseguenza. Solo così riusciremo veramente ad avere un impatto sulla situazione reale di chi fa più fatica.

Cosa si sente di dire ai senatori che esamineranno la legge delega?

Farei un doppio appello. Che facciano presto e bene, e che la legge di bilancio metta le risorse adeguate. La social card, unica misura finora di contrasto alla povertà assoluta, cesserà di esistere alla fine del 2016. Dopo, l’Italia non avrà più nessuno strumento reale di sostegno ai più indigenti. Vogliamo arrivare a questo?


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