Economia & Impresa sociale 

Bini Smaghi: «Più microcredito e meno assistenzialismo»

L'intervista al responsabile Business Development di Cassa Depositi e Prestiti che, in collaborazione con Banca Etica, l’Agenzia per la Cooperazione e il Ministero degli affari esteri, sta predisponendo un progetto di supporto all’inclusione finanziaria in alcuni paesi dell’Africa Subsahariana. «L’obiettivo non è tanto ridurre la povertà quanto individuare microimprenditori e metterli nelle condizioni di produrre un impatto economico e sociale positivo sulla comunità locale»

di Monica Straniero

La microfinanza, e all’interno di essa il microcredito, ha cambiato il modo di pensare l’aiuto allo sviluppo nei programmi di cooperazione internazionale. A dare valore etico e morale a questo strumento è il presupposto secondo il quale i micro prestiti hanno valore sociale piuttosto che economico. Grazie al microcredito, hanno migliorato le condizioni di vita di circa mezzo milione di contadini nel mondo. Serve tuttavia un approccio di sistema per trasformare il microcredito in uno strumento capace di innescare meccanismi di crescita e sviluppo sociale, politico ed economico nelle aree più disagiate del Sud del mondo, in particolare nei Paesi dell’Africa sub-sahariana. Questo l’obiettivo della conferenza intitolata “Microfinanza per lo sviluppo dei popoli” che si è svolta a Roma presso il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) L’evento, organizzato da Banca Etica, ha riunito autorità pubbliche, esponenti del settore finanziario, investitori sociali, ONG e società civile. Durante la conferenza sono state presentate iniziative e buone prassi già sviluppate in diversi paesi. Ma come ridisegnare il ruolo del microcredito nello scenario della politica della cooperazione internazionale?

Lo abbiamo chiesto a Bernardo Bini Smaghi, responsabile Business Development di Cassa Depositi e Prestiti. «Il convegno ha offerto l’occasione per annunciare che Cassa Depositi e Prestiti, Banca Etica, l’Agenzia per la Cooperazione e il Ministero degli affari esteri, stanno predisponendo un progetto di supporto all’inclusione finanziaria in alcuni paesi dell’Africa Subsahariana da sottoporre alla Commissione Europea al fine di accedere a fondi blending. Si tratta dei fondi rotativi messi a disposizione da Bruxelles nella programmazione 2014-20 per fare da moltiplicatori delle risorse europee e nazionali a fondo perduto».


Il microcredito non sempre ha dato i risultati sperati. Ma non è detto che non funzioni. Cosa si può fare affinché diventi un metodo efficace per favorire l’inclusione finanziaria?
È l’obiettivo del nostro progetto. Il microcredito funziona così. Nei paesi del Sud del mondo operano delle piccole società finanziarie, microfinance institutions, che con l’ausilio di esperti valutano la sostenibilità non solo economica ma anche sociale dei progetti da finanziare, tenendo conto, tra le altre cose, anche della capacità del soggetto richiedente di fare microimpresa. Si tratta di un lavoro complesso con costi di istruzione delle pratiche molto alti rispetto ai prestiti tradizionali. Ed è il motivo per cui i tassi d’interessi sono elevati, tra il 10 e il 15%. Ma questo non deve far pensare che il microcredito non rappresenti uno strumento valido per favorire l’inclusione finanziaria. Al contrario, se ben utilizzato consente di valorizzare la progettualità e le capacità dei microimprenditori che diventano protagonisti della propria crescita. I beneficiari dei piccoli prestiti non cercano infatti tassi di interesse bassi, ma risorse finanziarie necessarie per realizzare il proprio microintervento. Tuttavia per rendere il sistema più efficiente è necessario accompagnare il piccolo imprenditore nella fase di scale up, ovvero il passaggio a una fase più matura di imprenditorialità.

Il microcredito rappresenta quindi la chiave per combattere la povertà nel mondo?
L’obiettivo non è tanto ridurre la povertà perché il microcredito va oltre l’assistenzialismo. Si tratta di uno strumento di finanza inclusiva che punta a individuare microimprenditori, aiutarli a finanziare i propri progetti e seguirli nei percorsi di crescita verso una dimensione imprenditoriale più ampia in grado di produrre un impatto economico e sociale positivo sulla comunità locale, ovvero creare occupazione e favorire l’accesso a istituzioni, sistemi sanitari ed educativi più efficienti. Sono obiettivi ambiziosi che richiedono ampie risorse al fine di garantire servizi non finanziari (tutoraggio, assistenza tecnica) funzionali all’inclusione sociale, ovvero rendere il microimprenditore autonomo nei suoi rapporti con le banche. Una microfinanza più inclusiva avrebbe il pregio di concretizzare il potenziale produttivo delle donne africane a cui spesso manca il supporto necessario per trasformare “i mestieri” in imprese sostenibili.

Che ruolo spetta a Cassa depositi e Prestiti in questo contesto?
Ha il ruolo di facilitatore tra la componente pubblica e le istituzioni finanziarie private. Misceliamo risorse pubbliche a dono e risorse pubbliche a finanziamento con risorse private. Interveniamo quindi dove ci sono i fallimenti di mercato. Che nel caso del microcredito si manifestano nella fase finale in cui il piccolo imprenditore che riceve il prestito viene poi lasciato solo durante l’intero iter creditizio. Il compito di CdP è quindi quello d1i trovare il modo di agganciare il microimprenditore al settore finanziario-bancario per aumentare le probabilità di successo della nuova microimpresa. In sostanza ragioniamo su come farli evolvere.

Il micreocredito è uno strumento di finanza etica. Alla Camera sono in discussione due proposte di legge per fornire un quadro normativo chiaro e preciso agli operatori di finanza etica. In che modo CdP contribuisce al rafforzamento di una cultura finanziaria che mette al centro l’individuo anziché il profitto?
Noi per definizione siamo "etici pubblici". La Cassa Depositi e Prestiti è un'istituzione finanziaria di promozione degli investmenti pubblici che raccoglie il risparmio di milioni di italiani tramite i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi delle Poste Italiane e questo vuol dire dedicare grande attenzione alla popolazione. In sostanza Cdp si fonda su valori etici di alto livello che guidano la gestione dei risparmi e le attività di pubblico interesse che le sono state affidate. Sul fronte dei finanziamenti non abbiamo un rapporto diretto con i beneficiari finali, ma monitoriamo l’intera filiera per garantire la trasparenza degli interventi della Cassa.


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