Sostenibilità sociale e ambientale

Coop dice basta all’olio di palma

Coop è diventata la prima catena della grande distribuzione “Palm Free” in tutta Europa. È stato portato a termine l’iter di sostituzione dell’olio di palma: oggi sono 200 i prodotti a marchio Coop senza olio di palma

di Ottavia Spaggiari

Basta olio di palma. Arriva a pochi giorni dalla difesa a spada tratta di Ferrero, dell’utilizzo di questo prodotto, l’annuncio che Coop è diventata la prima catena della grande distribuzione “Palm Free” in tutta Europa. È stato infatti completato l’iter di sostituzione dell’olio di palma nei prodotti a marchio Coop, un percorso iniziato lo scorso maggio che ha già portato risultati importanti: 200 prodotti alimentari, palm free, tra cui biscotti, gelati, merendine e omogeneizzati.

Per sostituire quello che rappresenta uno degli ingredienti più utilizzati nell’industria alimentare, sono stati utilizzati principalmente oli monosemi, tra cui anche olio di oliva ed extravergine, considerati, tra l’altro, più equilibrati dal punto di vista nutrizionale, rispetto a quello di palma, ricco di grassi saturi.

Una scelta che, precisa Marco Pedroni, Presidente Coop Italia, non rappresenta una demonizzazione gratuita: «abbiamo applicato il principio di precauzione che caratterizza le azioni di Coop a tutela dei nostri soci e consumatori. Per noi la sostituzione non è stata banale, bensì un processo complesso su cui abbiamo investito importanti risorse necessarie per procedere alla riformulazione nutrizionale dei prodotti. Un discorso a parte meritano anche i benefici in termini ambientali generati dalla nostra scelta».

Se infatti la decisione di abbandonare l’olio di palma, è avvenuta anche dopo la pubblicazione del dossier della European Food Safety Authority, lo scorso maggio, che aveva evidenziato la presenza in esso di alcuni composti contaminanti, l’impatto più pesante rimane però quello ambientale.

La deforestazione intensiva per fare spazio alle nuove piantagioni, in grado di soddisfare la domanda crescente di olio di palma, incide violentemente sulla biodiversità degli ambienti naturali fino a cambiarli profondamente, aumentando inoltre le emissioni di Co2.

Indonesia e Malesia, rispettivamente al primo e al secondo posto per la produzione di olio di palma. E se nel 2015, la deforestazione intensiva in Indonesia ha fatto schizzare le emissioni di Co2, arrivando a superare anche i livelli degli Stati Uniti, in Malesia la creazione di nuove piantagioni ha diminuito la biodiversità del 12%. Legato alla deforestazione intensiva è anche il fenomeno della riduzione e dell’estinzione di alcune specie animali, tra queste, ad esempio gli orango.

La coltivazione di un prodotto così richiesto, non solo dall’industria alimentare, ma anche cosmetica e dal mercato dei carburanti (l’olio di palma è contenuto anche nel biodiesel), potrebbe sembrare un’opportunità importante per l’economia locale, in molti casi però le popolazioni indigene sono le ultime a beneficiare dell’esportazione e le prime a pagare le conseguenze pesantissime della deforestazione. In Indonesia, nonostante le promesse del governo di limitare la deforestazione e il sistema di certificazione per l’olio di palma sostenibile, la distruzione e lo sfruttamento rimangono la norma, come ha denunciato sul quotidiano britannico The Guardian, l’Environmental Investigation Agency, sottolineando inoltre le condizioni di lavoro difficili e i salari bassissimi a cui sono costretti i lavoratori in alcune aziende del paese.

Secondo alcuni dati pubblicati nel 2013, dei 42 milioni di tonnellate metriche di olio di palma esportati ogni anno in più di 70 Paesi in tutto il mondo, di queste solo il 16% era certificato come sostenibile. I costi ambientali e sociali della produzione potrebbero cominciare ad avere conseguenze pesanti nei consumi. Nonostante negli ultimi dieci anni, la domanda di olio di palma sia raddoppiata e ci si aspetti che continui a crescere, nel 2015 si è registrata una battuta d’arresto significativa: le esportazioni dell’olio di palma, un mercato da 29,1 miliardi di dollari l'anno, sono scese del 28,9% rispetto al 2011, secondo il World’s Top Export.

Dopo la difesa di Ferrero, che ha rivendicato l’utilizzo del prodotto, proveniente da fonti sostenibili, la scelta di Coop di diventare "palm free", potrebbe segnare una svolta nel mercato della grande distribuzione.

Foto: CHAIDEER MAHYUDDIN/AFP/Getty Images


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