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Focus Sla: genetica al centro

È in corso a Bergamo l'annuale convengo dell'Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica, nel corso della mattinata la testimonianza di Lucie Bruijn di AlsA, l'associazione americana sulla Sla. Il pomeriggio prevede un focus sullo stato dell'arte della genetica e delle nuove frontiere terapeutiche. Ne parla Mario Sabatelli presidente commissione medico-scientifica di Aisla e responsabile area adulti del Centro Clinico NeMo di Roma

di Antonietta Nembri

Il ruolo della genetica nella Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) e gli studi degli ultimi 20 anni rappresentano «un’autentica forza motrice per la conoscenza dei meccanismi responsabili della degenerazione dei motoneuroni e quindi per l’individuazione di basi razionali per nuove terapie» lo ricorda Mario Sabatelli (responsabile area adulti Centro Clinico NeMO di Roma e presidente della Commissione Medico-Scientifica di Aisla) tra i relatori del Focus Sla, l’annuale convegno promosso dall’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, che si sta tenendo a Bergamo oggi, venerdì 4 novembre. Dopo una mattinata dedicata all’Ice Bucket Challenge, come sfruttare le donazioni con la testimonianza dei Lucie Bruijn di AlsA (l’associazione americana sulla Sla) e la presentazione dei quattro progetti vincitori delle Ice Bucket Call pubblicate da Fondazione AriSla nel 2015 e finanziati anche grazie al contributo di Aisla, il pomeriggio del Focus Sla è stato dedicato proprio allo stato dell’arte della genetica e alle nuove frontiere terapeutiche.

«Lo scenario relativo alla componente genetica della Sla si è profondamente modificato e la classica distinzione della Sla in forma familiare e forma sporadica, pur mantenendo un significato per molti versi ancora valido, va riconsiderata» osserva il dottor Sabatelli.
«Studi di genetica, unitamente alle osservazioni cliniche e a quelle anatomo-patologiche, evidenziano che Sla sporadica e familiare non sono entità distinte ma tra loro collegate attraverso uno continuum», Sabatelli aggiunge che «sebbene in molte famiglie la trasmissione sia di tipo Mendeliano, di solito autosomico dominante e raramente recessivo o legata al sesso, in numerosi casi la trasmissione non è chiara indicando un meccanismo più complesso».

«In circa due terzi delle forme di Sla familiare è oggi possibile individuare mutazioni responsabili della malattia. L’assenza di una storia di familiarità non esclude una forma genetica in quanto circa il 10% delle persone con Slasporadica presentano mutazioni negli stesi geni responsabili della forma familiare» anche se non bisogna mai dimenticare che «la presenza di una mutazione in geni noti nei familiari non significa che la malattia si manifesterà».

Un argomento complesso quello affrontato da Sabatelli che rimarca come «i test genetici possono aiutare a conoscere sempre meglio le cause della Sla, possono permettere una più accurata valutazione del rischio di ricorrenza, ma soprattutto aprire nuove frontiere per trattamenti gene-specifici. Il test genetico dovrebbe oggi essere offerto a tutte le persone con Sla, nel contesto di un processo di consulenza multidisciplinare».

In apertura photo by Rula Sibai/Unsplash


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