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Minori non accompagnati, servono nuovi modelli

Martedì 15 novembre alla Pontificia Università Lateranense di Roma si riuniranno autorità, aziende e operatori per affrontare il tema dei msna, che nel solo 2016 sono sbarcati in 14.220 a fronte di 5mila dello scorso anno. Intervista all'ex senatrice Cristina De Luca, che oggi si occupa di relazioni istituzionali per Iprs: "È il momento più opportuno per affrontare la sfida"

di Daniele Biella

Numero di arrivi mai così alto, fughe dalle strutture di accoglienza, allarme sociale diffuso: il tema – o forse meglio dire dramma – dei minori stranieri non accompagnati è sempre più pressante e sta risalendo velocemente posizione nell’agenda politica, come conferma l’approvazione della Camera, la scorsa settimana, del disegno di legge in merito (qui il link). Con 14.225 sbarchi di minorenni nei primi 10 mesi del 2016, è stato quasi triplicato il dato dello scorso anno e, soprattutto, il sistema che cerca di accoglierli è sul filo del collasso: è questo uno dei motivi che ha spinto Iprs, Istituto psicanalitico per le ricerche sociali, a chiamare a raccolta operatori del settore e decisori politici per approntare quanto prima strategie di lavoro comune. Un primo momento di indirizzo è il convegno “Garantire il benessere dei minori stranieri non accompagnati: modelli di innovazione sociale e finanziaria” che si tiene martedì 15 novembre 2016 dalle 9.30 alle 14 nell’Aula magna della Pontificia Università Lateranense, promosso da Iprs con lo stesso ateneo capitolino, Censis e la multinazionale di servizi alle imprese Kpmg. Abbiamo raggiunto Cristina De Luca – ex senatrice ed ex sottosegretario al ministero delle Politiche sociali con delega all’immigrazione – oggi responsabile delle Relazioni istituzionali di Iprs, a cui è affidata la moderazione del convegno (il cui programma è allegato in coda all'intervista), che vedrà la presenza, tra gli altri, del Prefetto capo del Viminale Mario Morcone e del sottosegretario all’Immigrazione Domenico Manzione.

Quali sono oggi le urgenze legate ai minori stranieri non accompagnati?
Il primo tema è quello dei luoghi di accoglienza, che devo essere idonei e che oggi in molti casi non riescono a intercettare i bisogni dei minori soli, che preferiscono andarsene senza lasciare traccia ed esponendosi così a vari rischi tra i quali la tratta. In questo senso, negli ultimi tempi l’azione ministeriale si è spesa in tale direzione, trovando nuove strutture e facendo gradualmente entrare l’accoglienza ai minori soli nel circuito Sprar, Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati. Poi un argomento centrale da affrontare è quello delle problematiche psicologiche di queste persone: spesso arrivano in Italia con il carico eccessivo delle aspettative della famiglie, che investono su di loro per avere rimesse dall’Europa al paese di provenienza.

Che età hanno i minori soli che giungono in Italia?
Stiamo parlando di ragazzini, spaesati, sempre più piccoli d’età, addirittura in migliaia di casi tra i 10 e i 14 anni. Per questo l’approccio che si deve usare a livello socio-politico è legato alla sostenibilità di questa accoglienza, all’impatto sociale e al costo, che è rilevante, se si pensa alla media di 45 euro al giorno per utente, ma comunque a volte non abbastanza per garantirne i diritti ma soprattutto per trovare prospettive di formazione e lavoro nella seconda accoglienza: nel convegno cercheremo strade di innovazione del welfare in cui anche il mondo del lavoro e finanziario possano essere coinvolti con un ruolo da protagonisti, con modalità speciali di investimento come l’Impact investing, dove si coniugano servizi sociali, finanza e responsabilità sociale d’impresa.

Siamo in un momento difficile a livello sociali riguardo alle tematiche di accoglienza dei migranti, adulti o minorenni. Un’azione del genere troverebbe terreno fertile?
Proprio perché sì è in una fase problematica bisogna pensare nuovi paradigmi, con un ragionamento di sistema che parte comunque dal fatto che le istituzioni stanno già investendo molto sul tema, come ho avuto modo di vedere nella mia esperienza politica. Definendo standard precisi di accoglienza, per esempio, si ottimizzerebbe al meglio la quota giornaliera inserendo questi ragazzi nel tessuto territoriale, riuscendo anche a lavorare su altri temi pressanti come la delinquenza minorile, in cui oggi incappano molti minori stranieri, con famiglia o meno, proprio perché inseriti in un contesto di disagio sociale. In una società impaurita, dove la conoscenza necessaria del fenomeno non c’è, perché da una parte c’è una politica che parla alla pancia delle persone in modo negativo, criminalizzando chi viene da fuori, dall’altra si fanno ragionamenti che spesso non tengono nella giusta considerazione l’opinione pubblica, oggi prevale la sensazione di essere minacciati. Ma proprio dagli errori del passato, riguardo per esempio al business di alcuni sull’accoglienza e al lassismo con cui a volte si opera nel settore – abbandonando a loro stessi i migranti anziché coinvolgerli in attività finalizzate all’inserimento sociale, confermando paradossalmente il luogo comune del “gironzolano per le strade senza fare niente tutto il giorno” – si può partire per un nuovo approccio all’accoglienza dei msna e non solo. È un lavoro lungo e complesso, ma va fatto.


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