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Caritas Ambrosiana: su 10 che chiedono aiuto 4 sono italiani

Presentato il XV Rapporto dell'Osservatorio diocesano sulla povertà. In un anno i senza dimora sono aumentati del 20%, mentre un giovane su 5 non riesce a pagare le spese di casa. Per il direttore Luciano Gualzetti: «Gli equilibristi sulla soglia della povertà sono caduti e non riescono a rialzarsi» e auspica interventi su reddito e abitazione per non «lasciarli nella trappola del popolusmo». La fotografia dei bisogni secondo i Centri di Ascolto

di Antonietta Nembri

Gli equilibristi hanno iniziato a cadere, anzi alcuni sono già caduti. Gli equilibristi sono gli italiani del dopo crisi. Il dato emerge dalla presentazione dei dati del XV Rapporto dell’Osservatorio diocesano milanese sulla povertà. Questa mattina nella sede di Caritas Ambrosiana a Milano al convegno “Una casa per tutti” sono stati illustrati i dati raccolti sul campo dai 57 centri di ascolto e dai tre servizi diocesani (Sam, Siloe e Sai) del campione. A illustrare i dati Elisabetta Larovere che – armata di slide – ha mostrato una fotografia della povertà sempre più presente nella vita degli italiani che mostrano di vivere un disagio acuto.

«Aumentano i senza dimora (+21%), mentre dal 2008 al 2015 sono diminuiti gli stranieri, il calo maggiore lo si registra tra i senza permesso di soggiorno (-77%). Dietro questo dato c’è però un cambiamento nella gestione degli stranieri: profughi e migranti entrano nel circuito della protezione internazionale per cui non sentono più la necessità di rivolgersi ai centri Caritas». Sono impietosi i dati che scorrono e che mostrano come gli stranieri continuino a essere la maggioranza di quanti si rivolgono ai 370 centri di ascolto della Caritas ambrosiana (presenti in ben 5 province lombarde), ma il rapporto sta inesorabilmente cambiando: se prima della crisi era 20 a 80, oggi gli italiani sono saliti a circa il 40% rappresentano, infatti ben il 37% degli assistiti. Tra gli italiani che chiedono aiuto alla Caritas il numero di persone con problemi di occupazione e di reddito sembra essersi ormai attestato su valori molto più alti rispetto al 2008. In particolare rispetto al periodo pre-crisi, si rivolgono ai centri di ascolto il 47,6% di italiani in più con problemi di reddito (crescita annua media del 5,7%) e il 38% che hanno bisogno di un lavoro (un dato aumentato costantemente del 4,7% annuo).

«La crisi è stata un terremoto sociale: ha aperto una faglia dentro la quale sono finiti quelli che avevamo definito equilibristi, persone che stavano sospese sulla soglia delle povertà. Oggi sono proprio loro, in genere italiani ultracinquantenni che stanno facendo più fatica a risalire dal baratro in cui sono caduti», ha sottolineato il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti.

«Sono anche le persone che hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro e per questo vanno aiutate a recuperare il reddito, come si sta iniziando a fare coi nuovi provvedimenti del governo che valuteremo con attenzione». I bisogni principali che emergono dal rapporto sono occupazione e reddito e soprattutto per i giovani ci sono in più i problemi abitativi. «hanno lavori tanto precari ed intermittenti che non riescono a sostenere i costi degli affitti, tantomeno accendere un mutuo, specie nelle aree urbane. Per loro andrebbe fatta innanzitutto una politica della casa all’altezza della situazione» osserva Gualzetti che sottolinea come il problema dell’alloggio tocchi molto marginalmente gli italiani più anziani che per la stragrande maggioranza hanno una casa di proprietà.Il Rapporto può documentare statisticamente che tra il 2014 e il 2015, il numero di persone che ha espresso richieste correlate all’abitazione è ulteriormente aumentato dell’11,6%, confermando una crescita costante durante tutto il periodo della crisi. Il disagio abitativo inoltre è più avvertito nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni: 1 giovane adulto su 5 tra coloro che si sono rivolti ai centri Caritas ha presentato questo problema; tra gli ultra65enni il dato scende al 13,6%. «Gli operatori dei centri di ascolto ci segnalano che l'abitazione è "il problema"», rimarca Larovere.

Il direttore della Caritas ambrosiana a margine del convegno ai giornalisti ha messo in guardia sul rischio del populismo che sta conquistando la gente: «Se si abbandonano da sole le persone che si sentono minacciate nel reddito, saranno queste le prime a cadere nella trappola di chi dice loro che c’è qualcuno che gli sta portando via il poco che hanno. La guerra tra poveri che sta emergendo è tenuta sotto controllo dai presidi sul territorio che sono le parrocchie e i centri di ascolto – che sono in continua crescita in tutta la diocesi – e le associazioni. Presenze che favoriscono le relazioni e tolgono terreno a soluzioni diverse. La presenza in crescita dei centri di ascolto dimostra la volontà della Chiesa di stare accanto a chi soffre. Ma da soli non possiamo farcela: bisogna che la politica dia le risposte; predicare, invece, la guerra tra i poveri serve solo a far esplodere tensioni e conflitti specie nei quartieri periferici più difficili». Tra le risposte possibili citate da Gualzetti il Sia – Sostegno inclusivo attivo e il Reis.

A chi gli chiedeva un commento sulla proposta di intensificare la presenza dei militari a Milano per garantire la sicurezza, il direttore Gualzetti ha risposto «che la sicurezza è una priorità, ma l’esperienza insegna che sono i presidi sociali la risposta più efficace: in alcuni caseggiati considerati off-limits da tutti, ci sono operatori sociali che insieme alle famiglie più volenterose di quegli stessi quartieri fanno un’opera straordinaria che andrebbe sostenuta anche con finanziamenti».

Affrontando il tema della casa, al centro del convegno Pierluigi Rancati, segretario generale Sicet Lombardia, dopo un breve excursus storico sull’abbandono dell’equo canone, ha sottolineato che «secondo i dati del rapporto annuale per l’anno 2015 del ministero dell’Interno, la Lombardia è la regione che presenta il maggior numero di sentenze di sfratto, il 19% del totale nazionale, ed è anche la regione con il maggior numero di sfratti eseguiti con l’intervento dell’ufficiale giudiziario (il 17,6% del totale nazionale) ed è un dato che non tiene conto dei rilasci spontanei, a fronte delle 61.268 richieste di esecuzione presentate dalla proprietà agli ufficiali giudiziari (il 18% in più rispetto al 2014)».

«Il nostro obiettivo in campo abitativo è ripensare le forme di tutela della domanda debole, perché siano puntuali ed efficaci», è intervenuto l'assessore a Casa e Lavori pubblici del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti. «Oggi il mercato è fermo, il meccanismo chiuso, la piattaforma immobile, e questo costituisce parte del problema, contribuendo a causare sofferenza abitativa. Servono mosse per sbloccare la situazione: per quanto riguarda l'edilizia popolare, intesa come servizio pubblico, l'amministrazione sta procedendo, con il piano "Zero case vuote", al recupero e alla riassegnazione degli alloggi sfitti, e intende lavorare alla verifica della decadenza (la perdita dei requisiti da parte dell'inquilino), per dare mobilità dove sia possibile. Inoltre, puntiamo al pieno utilizzo del patrimonio privato esistente e, circa le nuove operazioni di sviluppo immobiliare, alla possibilità di generare una quota di appartamenti in locazione anche a canone basso e molto basso, tra concordato, convenzionato e sociale».

Ritornando all’analisi dei dati emerge il cronicizzarsi delle situazioni di disagio i dati mostrano sempre più che chi cade nella povertà sempre più difficilmente si rialza e quindi resta intrappolato nel circuito dell’assistenza: le persone che sono tornate per almeno due anni di seguito nello stesso centro di ascolto per chiedere aiuto sono state oltre la metà degli assistiti (51,2%) nel 2015, mentre all’inizio della crisi, nel 2008, erano meno di un terzo (32,1%).

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Otto anni di crisi hanno cambiato profondamente la composizione sociale degli assistiti dalla Caritas. La popolazione che chiede aiuto è invecchiata. Benché la metà degli assistiti dai centri Caritas sia in piena età lavorativa (25-44 anni), la loro presenza all’interno del campione negli otto anni considerati è scesa di 4 punti percentuali, a favore delle classi di età immediatamente successive (45-54 anni e 55-64 anni). In particolare i 45-54enni sono passati dal 19,5% al 23,2%, i 55-64enni dall’8,4% al 12%.

Gli anni della crisi hanno modificato profondamente anche i rapporti tra i gruppi nazionali all’interno della popolazione straniera assistita dai centri di ascolto. Emblematico il caso degli ecuadoriani che nel periodo pre-crisi (2005) rappresentavano il primo gruppo nazionale tra gli utenti dei servizi Caritas nonostante fossero la quinta nazionalità più rappresentata in Diocesi, mentre nel 2015 sono scesi al sesto posto tra gli assistiti, all’ottavo posto tra i residenti. Un calo dovuto oltre che a un’effettiva integrazione avvenuta in questi anni, anche allo sviluppo del Paese di origine che ha spinto un numero crescente di loro ad approfittare dei programmi di rimpatrio volontario.

In apertura foto di Josh Edelson/Afp/Getty Images


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