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Rapporto Bes, la disuguaglianza dei redditi rimane allarmante

L’istituto di statistica ha presentato il Rapporto sul Benessere Equo che fotografa un Paese sempre meno coeso, meno solidale, più iniquo, e dove le differenze intergenerazionali continuano ad ampliarsi

di Monica Straniero

Il Rapporto dell'Istat sul Benessere Equo e sostenibile, Bes, presentato stamane dall’Istat , nel 2016 ha tenuto conto di due importanti novità. La prima è l’articolo 14 della riforma della Legge di Bilancio, entrata in vigore nel settembre scorso, che prevede l’inclusione degli indicatori di benessere equo e sostenibile tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale. La seconda è la diffusione da parte dell’Istat di un primo insieme di indicatori SDGs sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, che è parte integrante di una più ampia lista approvata dall’assemblea delle Nazioni Unite all’interno dell’Agenda 2030.

Secondo l’Istat, in Italia, la recessione del 2012-2013 è stata particolarmente profonda e solo tra il 2014 e il 2015 è iniziato un lento recupero, con segnali di miglioramento che tuttavia non appaiono ancora evidenti per le fasce più deboli della popolazione. Se è vero che nel 2016 è cresciuta la quota di persone che esprimono una soddisfazione elevata per la vita nel complesso, dal 23,5% del 2013 al 25,4% del 2015, torna tuttavia ad aumentare l’incertezza rispetto all’evoluzione della situazione nel prossimo futuro. Ancora. La moderata crescita del reddito disponibile, a cui ha contribuito la deflazione, ha favorito un aumento della spesa pro-capite per consumi, pari all'1,6%. Però gli italiani si indebitano meno e non cedono più al fascino delle sirene del "compri oggi e paghi domani, in comode rate mensili”.

Sfogliando il rapporto si nota anche una diminuzione della quota di adulti in sovrappeso e una lieve ripresa nel consumo adeguato di frutta e verdura. Ma non cala la quota di sedentari, che nel nostro Paese si attesta a livelli sempre elevati. E sono soprattutto le donne, le persone con un elevato titolo di studio e quelle residenti al Centro e al Nord, ad adottare stili di vita più salutari. Rispetto al 2014, cresce, seppure in maniera lieve, il consumo di alcol a rischio, a causa dell’incremento del fenomeno del binge drinking, ovvero gli episodi di ubriacatura concentrati in singole occasioni, tra i più giovani. Tra i segnali positivi va considerato la riduzione della mortalità infantile dei bambini di genitori stranieri residenti in Italia. Sul fronte dell’istruzione il rapporto registra invece un incremento della quota di popolazione con un elevato titolo di studio, diplomati e laureati, la riduzione dell’abbandono precoce degli studi, mentre scende al 25,7% (26,2% nel 2014), la quota dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano (Neet) .

Ma misurare la qualità della vita, o il benessere soggettivo, significa anche indagare il rapporto che gli italiani hanno con l’ambiente, i servizi e il patrimonio artistico e culturale del proprio paese. Ebbene, sale la quota di italiani che si dichiarano insoddisfatti del paesaggio del luogo di vita, ritenendolo “affetto da evidente degrado”. Un dato che riflette una politica di tutela dell’ambiente ancora troppo frammentata. Secondo l’Istat, se da una parte si evidenza un calo costante delle emissioni, passate nel periodo 2004-2014 da 10,3 a 7,0 tonnellate di CO2 equivalente per abitante, dall’altra, scende visibilmente la quota di consumi energetici coperti da fonti rinnovabili, passando dal 37,3% al 33,1%.

Più critico il quadro del trasporto pubblico locale dove l’offerta è in forte diminuzione, mentre la domanda è in crescita (+1,1%), per la prima volta dal 2010. Un dato che ha un impatto negativo sulla percezione che gli italiani hanno in relazione al tempo impiegato negli spostamenti necessari allo svolgimento delle attività quotidiane. Lo vivono infatti come tempo sottratto agli altri tempi di vita. In un giorno feriale medio dell’anno il complesso della popolazione di 15 anni e più dedica 76 minuti alla mobilità sul territorio, equivalenti al 5,3% dell’intera giornata.

Ma il dato più preoccupante resta il livello di disuguaglianza”, ha sottolineato Roberto Monducci, Direttore Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat. Nel 2015, la povertà assoluta tra gli individui raggiunge il valore più elevato dal 2005, coinvolgendo 4 milioni e mezzo di persone, a seguito dell’aggravarsi della condizione delle famiglie più numerose, in particolare coppie con due figli e famiglie di stranieri. Non migliora neanche la grave deprivazione materiale, che coinvolge, come nel 2014, oltre un decimo della popolazione, a seguito dell’aumento di coloro che dichiarano di non poter sostenere spese di 800 euro.

Di fronte alle disuguaglianze sociali ed economiche si acuiscono egoismi e paure. Se un tempo le reti familiari e di amicizia hanno svolto un ruolo fondamentale di supporto nel momento del bisogno, oggi sono sempre meno le persone che dichiarano di poter chiedere aiuto, materiale ed economico, ad amici e parenti. Non sorprende quindi che resti alta anche nel 2016 la sfiducia dei cittadini nei confronti di partiti e nella classe politica tout court .

In sintesi nel periodo 2015-16, i 12 indicatori compositi del Bes mostrano, in linea con i dati rilasciati qualche settimana fa dal Censis, un Paese sempre meno coesa, meno solidale, più iniquo, e dove le differenze intergenerazionali continuano ad ampliarsi. Insieme ai divari territoriali. A riguardo, nel periodo 2015-2016, l’occupazione è in assoluto la dimensione dove la distanza tra Nord e Sud del Paese è più ampia, seguita dal reddito, dalle condizioni economiche e dalla qualità del lavoro. Sempre sulla questione del lavoro, il rapporto evidenzia che in Italia resta ancora troppo elevato il numero di persone, pari all’11,7%, che lavorano per meno del 20% del proprio potenziale.

Infine sugli indicatori di sviluppo sostenibile, l’Istat fa presente che il Bel paese si colloca sotto la media europea l’intensità della spesa per ricerca e sviluppo, l’intensità brevettuale, la quota di occupazione nei settori high-tech e quella di occupazione di figure professionali altamente qualificate.

“Il quadro composito di misurazioni che è scaturito dal rapporto è orientato a supportare il dibattito pubblico e le scelte di policy, obiettivo peraltro rafforzato dalla nuova legge di bilancioal fine di individuare le priorità e i problemi principali del Paese e, in prospettiva, di valutare ex-ante gli effetti degli interventi di politica economica sul benessere. Il rapporto Bes del 2016 ha ampiamente sottolineato la necessità di intervenire con urgenza per affrontare il problema delle disuguaglianze nel reddito che in Italia si confermano saldamente sopra la media europea”.

In apertura foto di Sean Gallup/Getty Images


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