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L’Housing first entra nel piano freddo di Milano

In piena attività i volontari e gli operatori. Novità di quest'anno quattro appartamenti a disposizione di senza dimora e persone in emergenza sociale. Una ventina i posti, tra i primi a servirsene una famiglia con figli piccoli. «Vuole essere un progetto pilota» spiega il responsabile dell’area servizi per le persone senza dimora e famiglie in difficoltà, Stefano Galliani. Sulle strade restano però alcune centinaia di irriducibili assistiti dalle Unità di Strada

di Antonietta Nembri

Per anni l’hanno chiamata “emergenza freddo” – come se il periodo invernale a Milano fosse qualcosa di inaspettato – prima di utilizzare, in anni più recenti, il più realistico termine “piano freddo”. Ora all’interno di questa pianificazione che con la regia del Comune di Milano prevede circa 2700 posti letto a disposizione dei senza dimora fino a metà marzo, Fondazione Progetto Arca ha dato il via a una sperimentazione che si inspira ai principi dell’Housing First.

«La novità di quest’anno sono quattro appartamenti inseriti nel Piano freddo», annuncia Stefano Galliani, responsabile dell’area servizi per le persone senza dimora e famiglie in difficoltà di Progetto Arca. «Grazie a questi proviamo a dare subito una casa a chi ha conosciuto solo la strada o il dormitorio. Non è proprio l'housing first: quest infatti non solo prevede il passaggio diretto dalla strada a un appartamento ma che la casa venga scelta dalla persona che la abiterà. La nostra sperimentazione prevede invece da un lato la possibilità di una coabitazione e dall’altra un accompagnamento delle persone ospitate. Ma è importante l’idea, il concetto di essere accolti non da un’istituzione come un dormitorio, ma in un appartamento» continua Galliani.

Gli appartamenti destinati al piano freddo possono ospitare in totale 20 persone. «Sono quattro dei sessanta alloggi che Progetto Arca ha a disposizione tra Milano e hinterland per situazioni di emergenza e per i diversi progetti di housing sociale in corso. Questa vuole essere un’iniziativa pilota» spiega Galliani. Tra i primi venti ospitati vi è anche una famiglia di quattro persone «marito e moglie più due bambini piccoli che ci sono stati inviati dal Comune perché altrimenti avrebbero rischiato di dormire in macchina per strada. Per loro stiamo già cercando un’altra sistemazione, ma la loro presenza è la dimostrazione del lavoro che stiamo facendo sul disagio grave. I cosiddetti barboni rappresentano ormai il 10 per cento della grave marginalità» chiosa Galliani.

La sperimentazione in corso non cancella la normalità dell’accoglienza per il piano freddo che vede Arca impegnata con i 150 posti a disposizione in via Aldini (di questi 80 sono inseriti nel bando comunale gli altri messi a disposizione dall’organizzazione) e i 75 di via Mambretti. E poi ci sono gli "irriducibili": «Non dimentichiamoci di un nucleo che resiste all’ingresso nelle strutture nonostante il freddo» insiste Galliani: «Stiamo parlando di circa 600 persone che sono conosciute dai servizi di strada e non vanno neppure dimenticati quanti dormono in situazioni di fortuna».

Il piano freddo ha preso il via il 15 novembre e durerà fino a metà marzo e in questi mesi, i più duri per i senza dimora, le Unità di Strada a Milano stanno portando avanti un importante lavoro di assistenza: distribuiscono cibo, bevande, indumenti, coperte e kit igienico-sanitari. Ma i volontari che tre volte a settimana si muovono nelle fredde sere invernali nei luoghi nel centro città (tra piazza Duomo e San Babila e nella zona tra piazza della Repubblica e la Stazione centrale) sono anche un importante strumento di conoscenza «stiamo anche pensando di incrementare i passaggi delle Unità di Strada» annuncia Galliani.

Ma chi sono questi irriducibili che non vogliono recarsi nei dormitori e nelle strutture messe a disposizione? «Ci sono italiani e immigrati, molti comunitari dell’est Europa. Sono soprattutto questi ultimi che fanno più fatica a chiedere aiuto e ad accettare di andare in un dormitorio, si aggregano in piccole comunità in base alla nazionalità» illustra il responsabile dell’area servizi per i senza dimora e le famiglie in difficoltà.
Una cosa che gli operatori stanno registrando è che sta cambiando il profilo di chi vive in strada. «Se il classico clochard è sempre più residuale, sono tantissime le persone che stanno entrando o rischiano di entrare in percorsi di grave marginalità e stiamo parlando degli ex richiedenti asilo che una volta ottenuto lo status devono lasciare il centro con il problema che hanno i documenti, ma non hanno più un tetto e molti finiscono per entrare nel circuito dei senza dimora», i profili che descrive Galliani non hanno nulla a che vedere con l’immagine stereotipata del senza dimora e questo per due ragioni: i processi di impoverimento si sono accelerati e la rete familiare si è fatta più fragile. A entrare nel circuito della grave marginalità non sono più i singoli, ma intere famiglie «oltre la metà delle segnalazioni che ci arrivano riguardano sia famiglie sia persone immigrate. Basti pensare che le ultime due richieste d’aiuto che mi sono arrivate riguardavano due famiglie milanesi» conclude.

In poche settimane dall’avvio del piano freddo le strutture sono già piene, anche gli appartamenti e i servizi sono al massimo delle loro possibilità.