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Cooperazione & Relazioni internazionali

Francia: sempre meno adozioni internazionali

Da sei anni continuano a diminuire i bambini adottati all'estero dalle famiglie francesi. Un tendenza che non accenna ad alcuna inversione e che, in base ai dati diffusi dalla Mission de l'adoption international del ministero degli Esteri francese, segna un meno 11% di ingressi. Nel corso del 2016 sono stati adottati 725 bambini provienienti da diversi Paesi.

di Antonietta Nembri

Adozioni internazionali in calo anche in Francia. Non è solo l’Italia a vivere una contrazione. Dai dati resi pubblici dalla Mission de l’adoption internationale (Mai) del ministero degli Esteri francese il 12 gennaio e ripresi da Le Monde a essere accolti da famiglie francesi nel corso del 2016 sono stati 725 bambini stranieri (cifra che non tiene conto delle adozioni in Repubblica democratica del Congo che – precisa il quotidiano nell’edizione online – costituiscono un caso particolare). Una cifra quella dei piccoli adottati all’estero che è in continui calo da sei anni. Nel 2016 si arrivati a un meno 11% confermando una tendenza che difficilmente potrà cambiare, anche se lo scorso anno è rallentata rispetto agli anni precedenti. Già due anni fa avevamo dato notizia della caduta libera delle adozioni internazionali in Francia (qui la news) ora si ha un nuovo record negativo. Tuttavia il numero di autorizzazioni all’adozione internazionale valide in Francia è ancora a quota 17mila.

Dai dati francesi emerge che i bambini al di sotto dell’anno – i più desiderati dai genitori adottivi chiosa Le Monde -, rappresentano meno del 10% dei piccoli adottati, un quarto dei quali ha oltre i 7 anni e due terzi presentano bisogni particolari: hanno oltre i 5 anni, fanno parte di gruppi di fratelli o hanno una o più patologie. Per quanto riguarda i Paesi di provenienza in prima posizione per bambini adottati si trova Haiti, seguita da Vietnam, Colombia, Thailandia e Costa d’Avorio.

Questa riduzione delle adozioni internazionali viene letta come la conseguenza di un’evoluzione qualificata come “virtuosa” dal Quai d’Orsay. I Paesi d’origine – spiega la Mai – verificano meglio l’adottabilità dei minori, inoltre si ricorda che ci sono anche Paesi che sospendono le adozioni per adottare nuove procedure come hanno fatto l’Etiopia o la Costa d’Avorio nel corso del 2016, ma c’è anche un altro aspetto: alcuni Paesi in via di sviluppo economico non vogliono più essere “fornitori” di bambini per i Paesi ricchi.

In un virgolettato riferito alla posizione del ministero degli Esteri si legge che negli anni 2000 la volontà pubblica era quella di sviluppare al massimo l'adozione internazionale anche sotto la pressione di una domanda in crescita, ora invece l'obiettivo è quello di andare verso adozioni più etiche e giuridicamente corrette. Ma – chiosa il quotidiano online – vista la sensibilità del dossier la procedura non è stata riformata e questo spiega l'ancora alto numero di autorizzazioni nonostante un leggero calo.

In apertura foto di Annie Spratt/Unsplash


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