Attivismo civico & Terzo settore

L’azzardo? Una cellula cancerosa innestata nel corpo sociale

Due premi Nobel per l'Economia, George A. Akerlof e Robert J. Shiller, si servono della storia delle slot-machine per spiegare come un mercato legale, debitamente manipolato, possa trasformarsi in trappola per i consumatori, le imprese (sane) e per l'intero legame sociale. Uscire da questa logica tossica è vitale per l'economia e la società nel loro insieme. Ne parliamo con il professor Vittorio Pelligra dell'Università di Cagliari

di Marco Dotti

Nel loro ultimo libro, titolato Ci prendono per fessi. L’economia della manipolazione e dell’inganno (trad. di Luca Vanni, Mondadori, 2016) George A. Akerlof e Robert J. Shiller si servono della storia delle slot-machine come esempio di un mercato legale manipolato e trasformato in una vera e propria trappola. Una trappola per i consumatori, le imprese (sane) e per il sociale nel suo senso più nobile e concreto. Scrivono i due Premi Nobel per l’Economia – Akerlof lo vinse nel 2001, Shiller nel 2013 – che certe pratiche “commerciali” e le stesse slot-machine sono paragonabili «alle cellule cancerose che si insinuano nel normale equilibrio del corpo umano». Parole non dissimili da quelle che, nel 2010, la Conferenza Episcopale Argentina, allora presieduta dal Cardinale Jorge Marío Bergoglio, usò per qualificare l’azzardo di massa: un cancro sociale.

Il professor Vittorio Pelligra insegna economia politica all’Università di Cagliari e, tra le altre cose, è nel comitato scientifico di SEC, la Scuola di Economia Civile.

Professor Pelligra ritiene pertinente la metafora della slot come cellula cancerosa usata da Akerlof e Shiller?
Mi ritrovo assolutamente nella loro analisi. Il pregio della loro prospettiva è quello di aver smontato con gli strumenti stessi dell’economia, il facile ottimismo che, per decenni, ha pervaso una certa ideologia economicistica.

Che tipo di messaggio veicolava questa ideologia?
Il messaggio che i mercati sono in grado di autoregolarsi. O, meglio, non solo si autoregolano ma, se lasciati liberi di funzionare, concorrono al raggiungimento del massimo benessere sociale. Negli ultimi decenni – e il caso dell’azzardo è emblematico in questo senso – abbiamo scoperto che si possono raggiungere esiti e equilibri di mercato che sono da un punto di vista sociale, assolutamente insoddisfacenti: pur producendo ricchezza, si distrugge valore. Questo controsenso ha un impatto radicale sulla nostra visione dell’economia e dell’interazione che dovrebbe instaurarsi tra economia e politica che dovrebbe, quest’ultima, avere il ruolo di regolazione e controllo.

Lei diceva che il caso dell’azzardo – esploso nelle sue componenti di massa, mediate e accelerate dalla tecnologia – è emblematico in questo senso
Lo è perché da un punto di vista economico l’azzardo, nella sua perversione, è un meccanismo tecnicamente perfetto. Avere clienti che non possono fare a meno di acquistare i prodotti che noi vendiamo è il sogno di qualsiasi impresa. Il processo di fidelizzazione del cliente che tutte le imprese perseguono con grande impegno e dispendio di risorse è qui portato all’ennesima potenza perché coincide con la creazione di una vera e propria dipendenza da quei “beni”. L’azzardo è l’estremizzazione di questa logica. Una schiera folta – sempre più folta, purtroppo – di consumatori il cui comportamento è guidato, come dicono Shiller e Akerlof, dalla «scimmia sulla spalla» ossia da quelle pulsioni più basilari che ci portano a cercare comportamenti, e a pagare per essi, che, se analizzati dal punto di vista esterno, vanno contro il nostro stesso interesse.

Esiste un vero e proprio mercato del phishing, del raggiro…
È un mercato che ci spinge a fare cose che, a mente lucida, non vorremmo fare. Akerlof e Shiller usano una metafora molto efficace: le file al supermercato. Perché le file al supermercato sono tutte, tendenzialmente, della stessa lunghezza? Perché quando una fila si accorcia, altri clienti che devono pagare andranno in quella fila più corta: il mercato del phishing funziona allo stesso modo, crea file più corte, cioé opportunità per sfruttare economicamente le debolezze dei soggetti più fragili e vulnerabili, cioè tutti noi, e il meccanismo di mercato, da solo, non è in grado di sconfiggere questo cancro.

La visione dell’economia civile come si pone davanti a questo problema?
È una visione diametralmente opposta a quella del mercato d’azzardo. L’economia civile non nega il ruolo centrale del mercato, nella logica economica, ma lo pensa non tanto come luogo dove gli squali possono sfruttare a loro piacimento debolezze e vulnerabilità, ma come il luogo, piuttosto della “mutua assistenza”, direbbe Antonio Genovesi. Il luogo dove i bisogni emergono e possono trovare delle risposte, e da questo scambio, da questa relazione tra bisogni e risposte si genera il valore. Il valore, in altri termini, nasce e cresce nell’ambito di relazioni significative, proprio quelle relazioni che il mercato dell’azzardo legalizzato distrugge. Infatti, uno dei sintomi più chiari della patologia indotta dall’azzardo è la rottura delle relazioni sociali…

E i “bisogni indotti” proliferano proprio grazie a questo vuoto di legame… Parafrasando Tacito, potremmo dire: fanno il deserto e lo chiamano mercato.
L’azzardo ha, tra le altre conseguenze, la produzione di persone alienate e la caratteristica di questa alienazione è proprio la rottura di tutti i legami sociali, famigliari, amicali. Ma i legami sociali sono quel valore fondamentale – un asset, una forma di capitale – su cui i sistemi sociali e anche economici, prosperano. Ecco dunque che, rompendo tali legami e sperperando questo valore, la ricchezza distrugge il valore. Cominciano così a comprendersi le ragioni per cui la proliferazione dell’azzardo, sia pure capace di movimentare moltissimi soldi, rappresenta anche dal punto di vista economico un pessimo affare. Perché quei soldi vengono dirottati verso attività improduttive, anzi nocive.

Un uomo dorme tra le slot machine, sulla Azzurra Line, durante il viaggio da Bengazi a Misurata, 22 giugno 2011. Fotografia di Gianluigi Guercia/Afp/Getty Images


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