Cooperazione & Relazioni internazionali

A La Valletta l’Europa si gioca la propria umanità

Le preoccupazioni della società civile e delle principali organizzazioni e agenzie che si occupano di migrazioni per il nuovo piano UE-Libia: la Libia non è un Paese sicuro, affidare la gestione delle migrazioni a chi non rispetta i diritti umani significa mettere a repentaglio la vita di migliaia di persone e mettere in discussione i valori su cui è fondata la stessa Unione Europea

di Ottavia Spaggiari

È un coro di voci quello che si è sollevato per esprimere la preoccupazione della società civile e delle principali organizzazioni internazionali, nel giorno del Consiglio Europeo de La Valletta. All’ordine del giorno il piano UE-Libia sulla migrazione che prevede il coinvolgimento sempre maggiore della guardia costiera libica fino a ricoprire un ruolo centrale nel controllo delle acque territoriali, riportando i migranti sulla costa, obiettivo ultimo: arrivare così a chiudere la rotta dalla Libia all’Italia.

Unhcr e OIM, in un comunicato congiunto, hanno espresso preoccupazione per la gestione dei flussi migratori effettuata dalla Libia, sottolineando la necessità di allontanarsi dalla “detenzione automatica e dalle condizioni disumane di rifugiati e migranti e si lavori per la costruzione di adeguati servizi di accoglienza. Tali centri dovrebbero offrire condizioni di accoglienza sicure e dignitose, anche per minori e vittime di tratta, nel rispetto delle garanzie di protezione fondamentali.”

E se da una parte Unhcr e OIM hanno espresso la necessità di adottare misure concrete a sostegno del governo libico per rafforzare le competenze di registrazione dei nuovi arrivi, oltre all’esame delle domande d’asilo e l’individuazione di soluzioni per i rifugiati, le due organizzazioni hanno però sottolineato come “nella situazione attuale, la Libia non possa essere considerato un Paese terzo sicuro dove si possano avviare procedure extra-territoriali per l’esame delle domande di asilo in Nord Africa.”

Amnesty International (come abbiamo raccontato qui), ha dichiarato attraverso le parole direttrice dell'ufficio dell’organizzazione presso le istituzioni europee, Iverna McGowan, che “la proposta di ritirare le operazioni navali europee dalle attività di ricerca e soccorso per incoraggiare – e, indirettamente, finanziare – la guardia costiera libica a occuparsene per tappare il divario, è un piano sottilmente velato per impedire a rifugiati e migranti di raggiungere l'Europa. Intrappolerà decine di migliaia di persone in un paese devastato dal conflitto e li esporrà al rischio di tortura e sfruttamento. Questo piano è solo l'ultimo indicatore, ma forse il più insensibile della volontà dei leader europei di voltare le spalle ai rifugiati”.

Anche Medici Senza Frontiere (MSF) non ha taciuto i grossi dubbi relativi al piano, soprattutto riguardo al destino delle persone che saranno riportate in Libia dopo essere state intercettate in mare. Arjan Hehenkamp, uno dei direttori generali di MSF, di ritorno da una missione a Tripoli, dove ha visitato molte persone detenute nei campi del governo, ha affermato che “L’Unione Europea e i suoi stati membri devono prendere atto della realtà. La Libia non è un paese sicuro, per questo non possiamo considerare questa proposta come un approccio umano alla migrazione”.

MSF fornisce assistenza medica alle persone detenute a Tripoli e dintorni da luglio 2016 e, si legge da un comunicato stampa, “in questi territori, anche le strutture in migliori condizioni non rispettano gli standard stabiliti dal diritto internazionale sull’asilo e dagli strumenti regionali. Le persone sono detenute in condizioni inumane. Senza luce o ventilazione, con scarso accesso a acqua potabile, e spazi altamente sovraffollati. L’assenza di dignità è sconvolgente. I team medici di MSF curano circa 500 persone ogni settimana per infezioni delle vie respiratorie, forme di diarrea acuta, malattie cutanee e infezioni del tratto urinario. Patologie che sono direttamente legate alle condizioni di vita all’interno dei centri di detenzione. Inoltre, la mancanza di cibo è un altro serio problema: abbiamo visitato moltissimi adulti in stato di malnutrizione, il che li rende molto più esposti a malattie e forti malesseri.”

Oggetto delle critiche di MSF, anche il memorandum siglato ieri tra il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il premier Al Serraj. “L’accordo ripropone ancora una volta un approccio alla gestione dei flussi migratori fallimentare e disumano”, afferma Tommaso Fabbri, capo missione Italia per MSF. “Nel testo non compare alcun riferimento all'attivazione di canali legali e sicuri verso l’Europa, che costituirebbero l’unica strategia efficace per spezzare definitivamente la rete dei trafficanti ed evitare ulteriori morti in mare. Sono invece ben chiare le misure per rafforzare le intercettazioni in mare da parte della Guardia Costiera libica e impedire le partenze dalle coste. Hanno lo stesso effetto dei sigilli posti sulla porta di un edificio in fiamme con la scusa di evitare che le persone si facciano male nel tentativo di fuggire.”

Nel 2016 sono sbarcate sulle coste italiane 180mila persone, la maggior parte delle quali provenienti proprio dalla Libia.

Secondo MSF “l’Unione Europea sta travisando la realtà dei fatti”: non solo la Libia non è affatto un paese sicuro, ma impedire alle persone di lasciare quel paese o costringerle a ritornarvi equivale, secondo MSF, a mettere in discussione i fondamentali valori della dignità umana e del rispetto delle regole su cui si fondano le istituzioni europee.

A La Valletta insomma, l’Europa ancora una volta, si gioca la propria umanità.

Foto: ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images


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