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Media, Arte, Cultura

L’ospedale raccontato dai suoi bambini

Il più grande pediatrico d’Europa, il Bambino Gesù di Roma, ha aperto le porte alle telecamere per realizzare ad una serie in cui i protagonisti sono i piccoli pazienti. Che testimoniano la quotidianità della malattia e della cura. In onda su Rai3

di Giuseppe Frangi

Roberto, Klizia, Annachiara, Flavio, Giulia, Caterina, Sabrina, Simone, Alessia e Sara. Sono loro i protagonisti della nuova, coraggiosa serie in programma da domenica 19 su Rai3 in seconda serata. Per la prima volta il Bambino Gesù di Roma, l’ospedale pediatrico più importante d'Europa, che ogni anno accoglie circa 100mila pazienti da ogni parte d’Italia, apre infatti le porte mostrando la quotidianità di dieci giovani affetti da una grave malattia, delle loro famiglie, dello staff medico, in un intenso e autentico viaggio alla ricerca della guarigione. Si tratta di un documentario in dieci puntate, ideato da Simona Ercolani e realizzato da Stand by me. L’idea è stata quella di raccontare un’eccellenza del Paese, un’eccellenza sanitaria in particolare, per poter offrire una narrazione in controtendenza rispetto al solito degrado e disfattismo. Lo spunto veniva da un’esperienza innovativa della BBC, che aveva raccontato la vita quotidiana dell’Ospedale pediatrico Great Ormond Street di Londra. Il filone è quello della cosiddetta medicina narrativa, cioè della valorizzazione – accanto ai dati meramente clinici – del vissuto del paziente. Il progetto è patrocinato dal Ministero della Salute e dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza

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Il documentario racconta i protagonisti alle prese con la malattia, ne tratteggia il carattere, i progetti che avevano prima di ammalarsi e ne custodisce anche quelli futuri. “La malattia diventa quotidianità”, si sentirà raccontare nel corso delle puntate. Una quotidianità condivisa con la professionalità di medici e infermieri dei cinque reparti in cui è stato girato il documentario, con l’amore dei genitori, con la dedizione dei volontari e delle associazioni. In un percorso diagnostico e di cura che vede al contempo crescere gli affetti più profondi e l’instaurarsi di nuovi legami. Lavorano tutti insieme, senza mai darsi per vinti. Le telecamere che per un anno intero hanno seguito queste vicende, vogliono restituire l’autenticità di tutto questo, raccontando la malattia per quello che è davvero, senza orpelli.

«Il racconto della malattia», ha spiegato la presidente dell’Ospedale Mariella Enoc, «aiuta i malati e le loro famiglie ad uscire dalla condizione di isolamento ed emarginazione e diventa occasione di valore, di crescita e di condivisione. Per il pubblico che guarda e per gli stessi protagonisti del racconto. L’esperienza quotidiana, infatti, ci insegna che il paziente – soprattutto se ragazzo e adolescente – non vuole essere solo curato, ma vuole essere protagonista fino in fondo del suo percorso di cura. Ed il racconto certamente favorisce il processo di consapevolezza ed elaborazione».


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