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Migranti e credito: il caso dell’Hawala

Un sistema che consente di trasferire moneta senza muovere moneta: un soggetto che intende trasferire altrove del denaro si rivolge ad un hawaladar cui consegna la somma. Un altro hawaladar, nel luogo di destinazione del denaro, consegnerà materialemnte lo stesso importo al destinatario

di Stefano Cherti

Nella moderna economia per far girare la ricchezza non ci sono solamente bitcoin o criptovalute così come per far muovere il denaro non è sempre necessario un click o una chiavetta usb. Le vicende dei migranti, con culture e tradizioni economiche lontane dalla nostra, che quotidianamente giungono nel nostro e negli altri Paesi europei hanno riportato alla ribalta fenomeni molto antichi e che sembrano reggere il confronto con le più moderne tecnologie. È il caso ad esempio dell’hawala, un sistema che, per dirla con uno slogan, consente di “trasferire moneta senza muovere moneta” (e i computer non c’entrano).

Nella sua forma base – ma se ne sono conosciute e se ne praticano diverse varianti – un soggetto (che per es. si trova in Libia) e che intende trasferire altrove del denaro si rivolge ad un hawaladar (consegnandogli materialmente i soldi); quest’ultimo nel luogo di destinazione del denaro o dove si trova il beneficiario della somma indicato dal primo soggetto (ad es. in Germania) contatterà un altro hawaladar, il quale materialmente corrisponderà il denaro. Il trasferimento dei fondi avviene senza strumenti cambiari, ma è garantito da una ricevuta o un simbolo che il primo hawaladar dà al primo soggetto (all’ordinante), affinché poi il beneficiario possa adoperarlo per riscuotere la somma dal secondo hawaladar. Lo schema è semplice e conferma l’assunto che si può trasferire ricchezza, senza muoverla materialmente (nell’es. il denaro non è mai uscito dalla Libia).

Alla base ci sono semplici passaggi. In primo luogo, gli hawaladar guadagnano una commissione che viene pattuita con i clienti. Si tratta, com’è facile immaginare, di una commissione molto inferiore rispetto a quelle di mercato, di qui una prima chiave di successo per l’operazione. I rapporti tra gli hawaladar si fondano – e si sono sempre fondati – sulla fiducia e sull’onore. Si regoleranno alla fine del periodo pattuito seguendo le sorti di una normale compensazione. Per tornare all’es. di prima l’hawaladar libico è in debito con quello tedesco, ma se quest’ultimo a sua volta ha bisogno di trasferire denaro in Libia ecco qui che il cerchio si chiude. Ovviamente la rete degli hawaladar si è andata espandendo ed è diventata sempre più coesa. In teoria, solo una volta regolati “in compensazione” tutti i possibili rapporti tra gli hawaladar si precederà, ove necessario, al trasferimento vero e proprio che rimarrà sempre all’interno della rete e non riguarderà i clienti che sono già stati liquidati secondo le rispettive competenze.

Il giro d’affari in Europa, secondo fonti del Consiglio dell’Unione Europea, supera i 30 milioni di euro all’anno, e il dato – com’è ovvio – è in continua crescita, stante l’arrivo sempre più massiccio di migranti e il loro graduale inserimento nel tessuto produttivo.

Quello che dimostra ancora una volta il meccanismo dell’hawala e che tra clienti ed intermediari del credito vi è, al di là dei confini e dei ritrovati della tecnica, un elemento centrale e imprescindibile: la fiducia. Lo strumento tecnico può essere un banchiere virtuale ancora tutto da inventare, o un hawaladar come avviene da secoli, ma il denaro circola e “l’economia gira” solo nella misura in cui si ha fiducia; il cliente ha fiducia nell’intermediario, quest’ultimo ha fiducia nei suoi pari. Se viene meno la fiducia viene meno l’intero sistema, e per recuperare non basteranno bitcoin o criptovalute.


*Stefano Cherti è professore di Diritto Privato all’Università di Cassino


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