Welfare & Lavoro

Rifugiati, l’arte sia con voi

Tracey Emin, una delle più discusse e affermate artiste inglesi, ha deciso di sostenere un intero ciclo di corsi in uno dei migliori istituti del mondo per un migrante siriano. Perché anche lui possa avere la fortuna «di fare grandi cose nella vita»

di Giuseppe Frangi

«Mi piace essere artista, amo il mio lavoro e quando vedo le atrocità che avvengono in questo mondo mi rendo conto di quanto sono fortunata». Così Tracey Emin, inglese, una delle più celebri rappresentanti della Young british art ha pensato di condividere questa sua “fortuna” con qualcuno che non avrebbe avuto nessuna chance di goderla: ha sostenuto i costi di un intero percorso formativo di quattro anni, in uno dei migliori istituti del mondo, per un rifugiato siriano. La scuola è il Bard college di Berlino e il candidato verrà presto individuato; il costo complessivo non è poco: circa 120mila euro che comprendono anche tutte le spese di sussistenza nella capitale tedesca per tutto il periodo. L’artista in questo impegno è stata supportata anche dal suo gallerista belga, Xavier Hufkens. «Volevo aiutare a migliore le cose», ha spiegato Tracey Emin, «ma volevo farlo in un modo che mi appartenesse. Se un giovane grazie a questo corso farà cose grandi nella sua vita, vorrà dire che ho fatto la scelta giusta».

La scelta del Bard College (che ha anche una sede a New York) non è casuale: infatti l’istituto si è specializzato in un programma “for International Education and Social Change” rivolto proprio agli studenti provenienti da Paesi che si trovano ad affrontare una grave crisi economica e politica e che quindi sono impossibilitati ad iscriversi all'università. Le loro borse sono sostenute in gran parte grazie al contributo di donatori: Tracey Emin è la prima artista a scegliere di impegnarsi. E lo ha fatto con molta convinzione.

Emin è una delle artiste più controverse della scena inglese. Aveva concorso, senza vincerlo, al Turner Prize con un’opera che aveva segnato un’epoca: My bed. Era il suo letto sfatto, nel quale aveva vissuto un lungo periodo di depressione e di allontanamento dalla vita attiva. Una sorta di impronta della propria stagione negativa, che diventando manufatto artistico ne aveva sancito la guarigione. Ma a dispetto di quell’esordio così provocatorio e violentemente negativo, Emin ha sempre praticato l’arte come esperienza di libertà e come energia capace di generare cambiamento.

Ma Tracey Emin aveva anche spiazzato molti colleghi e critici per la disinvoltura con cui si era avvicinata ai conservatori, portando anche una sua opera la 10 di Downing street. Oggi con la stessa libertà ha deciso di fare il gesto che tanti artisti, così sempre ben disposti a lanciar proclami, non hanno avuto ancora il coraggio e l’onestà di fare: mettere una parte delle risorse guadagnate per far sì che altri talenti possano condividere la stessa fortuna…


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