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Volontari è boom. 5 al giorno chiamano per diventarlo

Nato con l'emergenza migranti in Stazione Centrale a Milano il fenomeno non si è fermato, al punto che Fondazione Progetto Arca ha dedicato una persona ad hoc per incontrare chi vuol fare volontariato. Circa 400 le persone attive ogni mese.

di Antonietta Nembri

Sarà stato il fatto di vedere tanti con la pettorina di Progetto Arca all’opera in Stazione Centrale con i profughi siriani a partire dalla fine del 2014, o anche il vedere alla sera i volontari dell’Unità di Strada all’opera nel cuore di Milano, sta di fatto che la Fondazione sta vivendo un vero e proprio boom di richieste di volontariato. E il fenomeno non accenna a diminuire, anzi, da un anno e mezzo a questa parte i contatti degli aspiranti volontari si mantengono costanti con una media di cinque al giorno. «Per tante persone che si avvicinano a noi i temi dell’emergenza profughi sono stati la causa scatenante della volontà di giocarsi in prima persona, alcuni erano stufi dell’uso mediatico del problema» racconta Alice Giannitrapani, responsabile dei volontari di Progetto Arca. «Che i migranti e i profughi siano stati la molla che spinto sempre più persone a decidere di fare volontariato lo testimonia anche il fatto che a due anni di distanza ci sono ancora persone che ci contattano chiedendoci anche oggi quante famiglie siriane accogliamo, anche se in realtà i profughi che arrivano ora a Milano sono di tutt’altra provenienza».

Se per gli aspiranti volontari la questione migranti è centrale l’attività storica in cui Progetto Arca ha da sempre privilegiato i volontari sono le Unità di strada per i senza dimora «il 90 per cento di chi opera con le Uds sono i volontari e per lo più sono giovani, lavoratori, persone tra i 30 e i 45 anni che hanno tempo da dedicare dopo le 20,30, mentre in altre attività diurne i più presenti sono in pensionati» osserva Giannitrapani.

Di fronte al boom di domande per fare volontariato Progetto Arca ha potenziato il settore con una persona, Alice Giannitrapani appunto, che si occupa a tempo pieno dei volontari. «Ci si è resi conto della necessità di una maggiore attenzione alla loro formazione e all’ascolto dei loro desideri soprattutto dopo la prima esperienza di raccolta fondi in piazza con la Zuppa della Bontà (ottobre 2015)» ricorda la responsabile. «L’evento ha fatto sì che raccontassimo la nostra attività e incontrassimo molte persone che si sono interessate a ciò che facevamo. È anche vero che molti ci chiedevano di fare volontariato sia vedendoci all’opera con i migranti sia incontrando le Uds in centro città uscendo dal cinema o dal ristorante. Ci sono poi anche alcuni dei nostri ospiti che ci chiedono di fare volontariato. E questo è un aspetto molto positivo sulla strada del reinserimento sociale dei senza dimora».

Ma come si diventa volontari in Progetto Arca? «Dopo un colloquio conoscitivo si inizia a fare cose pratiche come lo smistamento del vestiario che viene donato o la distribuzione dei pasti. All’Hub di via Sammartini la presenza dei volontari è un valore aggiunto» spiega la responsabile.

Il bacino dei volontari di Progetto Arca a oggi conta circa 500 persone, ogni giorno sono trenta quelle attive nei diversi servizi (nel periodo invernale inoltre le Uds escono tutti i giorni con 4/5 volontari a turno). «Ogni mese sono 400 quelli che si attivano. La più grossa fatica è quella di organizzare tutte queste energie che si mettono in moto per rispondere ai bisogni di mondi diversi: dai senza dimora ai migranti e rifugiati… e a volte serve anche avere delle competenze, come per il sostegno linguistico dove è necessaria anche una formazione ad hoc» conclude Giannitrapani.

Tra i volontari di Arca abbiamo incontrato Roberto Valvassori, 72 anni docente universitario in pensione che ha appena terminato il suo turno per la distribuzione delle colazioni all’Hub di via Sammartini. È arrivato ad Arca «per la curiosità di mettermi alla prova con le persone e la voglia di capire un situazione epocale di cui si parla spesso in modo deformato», spiega.

Valvassori oltre che all’hub è attivo anche in altri servizi e nella scuola di italiano. «Avevo chiesto di fare qualcosa con i migranti e adesso do una mano all’hub e al magazzino per il vestiario poi c’è l’esperienza del corso di italiano che faccio a Varese con gli ospiti di un centro di accoglienza», la cosa che più ha colpito Valvassori in questa esperienza di conversazioni con i giovani migranti è la possibilità di dar vita a un rapporto più diretto e continuativo «ho come l’impressione di avere a che fare con persone che hanno una voglia di fare e di iniziare una nuova sfida», osserva.

La sua condizione di pensionato ha favorito il suo mettersi a disposizione come volontario «sto vivendo questo impegno come un tempo utile che mi arricchisce perché riesco a entrare in contatto con una realtà che non si percepisce stando alla finestra e ti permette di conoscere persone pregevoli. Quando lavoravo esprimevo la mia solidarietà con delle donazioni, mentre da ragazzo avevo fatto un po’ volontariato» conclude Valvassori.