Welfare & Lavoro

Don Mazzi: «Droga, stiamo tornando agli anni 80»

Al bosco di Rogoredo le Comunità terapeutiche denunciano il rischio chiusura per carenza di fondi da parte della Regione Lombardia. Gli interventi di don Antonio Mazzi (Fondazione Exodus), Don Chino Pezzoli (Comunità Promozione Umana), Simone Feder (Federazione Com.E.) e Pietro Maria Farneti (Asad).

di Antonietta Nembri

Hanno scelto un luogo non a caso per una conferenza stampa di denuncia e per lanciare un grido d’allarme le comunità che si occupano di dipendenze: il “bosco di Rogoredo”. Luogo di periferia e simbolo dello spaccio lontano dalla Milano glamour che domina le cronache degli ultimi anni. La Federazione Com.E. (che riunisce le comunità educative che si occupano di dipendenze) denuncia come di fronte al crescente numero di ragazzi e famiglie coinvolte in vecchie e nuove forme di dipendenza (dalle sostanze al gioco d’azzardo) le risorse che la Regione Lombardia destina alle stesse comunità sono le stesse del 2008.

A dar voce al grido d’allarme don Antonio Mazzi: «Mi sento male perché tornano le scene degli anni 80, non è possibile che si torni alle siringhe negli alberi. Credevo di aver lavorato trent’anni per qualcosa». È stato il grido di apertura del fondatore e presidente di Fondazione Exodus che rivolgendosi ai giornalisti presenti ha osservato: «Milano è la città che con il nostro intervento ha dato un esempio di come tirarsi su le maniche e affrontare il problema a 360 gradi, a partire dalla prevenzione». A far eco al fondatore di Exodus, don Chino Pezzoli, presidente della Comunità Promozione Umana che sottolinea come non ci sia bisogno dei Ris per capire che il luogo della conferenza stampa sia «un supermercato della droga come il Corvetto o Ponte Lambro. Noi da oltre trent’anni gridiamo il nostro “no alla droga, sì alla vita”, ma le istituzioni politiche non ci rispondono. Non siamo visibili, perché noi siamo amanti della vita, la vorremmo curare. Oggi invece ci troviamo davanti a famiglie rassegnate ad avere in casa casi di dipendenza. L’eroina è presente in misura pari, se non superiore agli anni 80» ha aggiunto quasi gridando. «C’è un silenzio omertoso da parte di tutti. Perché non si parla della violenza che nasce dalla droga, di questa aggressione in corso al corpo e alla mente dei giovani?»

Siringhe al posto di fiori nel bosco di Rogoredo

Ad aggiungere altra carne al fuoco il presidente della Federazione delle comunità educative, Simone Feder che prendendo la parola dopo i due sacerdoti «persone che si sono spese per buona parte della loro vita su questo fronte, non potevamo non chiedere aiuto di fronte a una situazione sempre più difficile». Feder parla di un «disagio che grida vendetta», nelle sue parole la fotografia di un oggi fatto di droghe chimiche, di prezzi sempre più bassi per le dosi «alla portata di ragazzi sempre più piccoli, tra i 14 e i 20 anni», di un malessere e un disagio crescenti, di «giovani a 21 anni devastati dal gioco d’azzardo e che oggi non possiamo accogliere». Ma il vero problema è che il rischio vero delle comunità è quello di «chiudere. E che cosa succederà nei nostri territori?». Pietro Maria Farneti, presidente dell’Associazione servizi ambulatoriali per le dipendenze Smi (Servizi multidisciplinari integrati Sert – la Lombardia è l’unica regione che dal 2003 ha aperto la gestione dei Sert al non profit accreditato, ndr.) dopo aver ricordato che nei due di Milano (10 in tutta la Lombardia) sono seguite 1.200 persone al mese, ha aggiunto un altro tassello: «C’è un’altra frontiera da non dimenticare: la droga è un collettore di terrorismo. Se andate a vedere tutte le persone che hanno commesso attentati erano drogate. E questo come altri a Milano è un luogo dove con la droga si avvicinano le persone fragili facilmente manipolabili e quindi reclutabili. Qui, come a Lambrate, a Porto di Mare arrivano persone anche dalle altre regioni».

Una situazione difficile e complicata quella che presentano don Mazzi, don Pezzoli, Feder e Farneti con l’uso di sostanze (dall’alcool al tabacco, alle sostanze illegali) da parte dei giovanissimi in costante aumento e i fondi a disposizione delle comunità in costante diminuzione: le risorse economiche destinate alla cura delle persone anziane non autosufficienti, che per numero equivalgono a quelle con problemi di dipendenza e di salute mentale sono il triplo rispetto a quelle destinate a cura e prevenzione dell’abuso di sostanze, del gioco d’azzardo patologico e dei problemi psichiatrici (Rapporto Oasi 2016 elaborato dal Cergas della Bocconi).
Nel dare le cifre Farneti ha ricordato che, da una parte il rimborso della Regione Lombardia alle Comunità oscilla tra i 44 e i 55 euro al giorno «un’inezia se si considera che il costo medio per le degenze negli ospedali pubblici della nostra regione è stimato intorno ai 500 euro giorno», mentre dall'altra la burocrazia e la complessità crescono, «ci stanno travolgendo» chiosa Feder.
Mentre don Antonio Mazzi riprende la parola per ricordare che entro l’autunno sarà presentata un’indagine precisa su gioco e minori. «Il 20% di chi accede ai servizi soffre di ludopatia» denuncia Farneti «ma non possiamo mandarlo in comunità per gioco d’azzardo. In Toscana è possibile, in Lombardia no anche se è previsto nei Lea (livelli essenziali di assistenza)». A chiudere don Chino Pezzoli sottolinea come la Lombardia sia la regione con il rimborso più basso «fermo dal 2008. Chiedono qualità che noi diamo. Ma non ci possono trattare come mendicanti se chiediamo il giusto». Nessuno si vuole arricchire, per coprire le spese lievitate negli anni servirebbero circa 70 euro giorno, contro i 52 di media.

E dopo la conferenza stampa nel bosco dello spaccio di Rogoredo, per richiamare l’attenzione dell’amministrazione regionale sulle difficoltà che stanno vivendo le Comunità terapeutiche, giovedì 6 aprile all’Auditorium Gaber del Consiglio regionale è in programma il convegno “Il sistema delle dipendenze in Regione Lombardia: il ruolo del Terzo settore” (vedi dettagli in agenda online).

Immagini di Antonietta Nembri


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