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Politica & Istituzioni

Dopo di noi, 86 milioni già assegnati alle Regioni

La sottosegretaria Franca Biondelli ieri ha risposto a un'interrogazione parlamentare che chiedeva a che punto è la legge 112/2016, approvata un anno fa. Tutte le Regioni hanno presentato i Piani operativi, tranne la Val d'Aosta e sedici regioni hanno già avuto i fondi relativi al 2016, per oltre il 95% del Fondo: solo due regioni però ad oggi hanno deliberato. Un quarto delle risorse andrà a realizzare soluzioni alloggiative innovative di cohousing, un quarto a sostenere l'abitare di singoli. Il 4% dei fondi andrà a permanenze temporali di pronto intervento in strutture. Il decreto di riparto per i 38 milioni del 2017 è già alla firma dei ministri.

di Sara De Carli

I soldi sono in mano alle Regioni: 86 milioni su 90, in 16 Regioni. Sono queste le ultime novità sull’attuazione della legge 112/2016, meglio nota come legge sul “dopo di noi”, che proprio in questi giorni compie un anno dalla sua approvazione.

A che punto è la legge sul dopo di noi? Se lo è chiesto nelle scorse settimane la stampa, se lo chiedono le famiglie, lo ha chiesto in un’interrogazione parlamentare la deputata Ileana Argentin, presentata già nel settembre 2016, quando ancora non c’era nemmeno il decreto attuativo della legge. Sono passati dodici mesi dall’approvazione della legge, ed ecco quali sono le risposte date ieri dalla sottosegretaria Franca Biondelli, in Commissione Affari Sociali. Tutti i decreti attuativi sono stati realizzati e tutte le Regioni, fatta eccezione per la Valle d'Aosta, hanno inviato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i piani operativi richiesti, con gli indirizzi programmatici.

Il Ministero «ha concluso positivamente le istruttorie relative alle programmazioni di 16 Regioni alle quali, pertanto, ha erogato le relative risorse per un importo totale di euro 86.040.000,00 pari ad al 95,6% delle risorse complessivamente stanziate per l'anno 2016, pari a 90 milioni di euro», ha detto la sottosegretaria. Andando nel dettaglio di queste programmazioni, che scelte hanno fatto le Regioni rispetto alle cinque tipologie di interventi previste dal decreto ministeriale 23 novembre 2016 (articolo 5, comma 4)? Ricordiamo che il decreto attuativo prevede che le risorse del Fondo nazionale possono essere utilizzate per finanziare:

  • a) percorsi programmati di accompagnamento per l'uscita dal nucleo familiare di origine o per la deistituzionalizzazione;
  • b) interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative che riproducano un ambiente abitativo e relazionale di tipo familiare, come l'abitazione di origine o gruppi-appartamento o soluzioni di co-housing. Il decreto indica anche i numeri: non possono abitarci più di 5 persone e le regioni, in via eccezionale, possono derogarvi solo se esistono motivate legate ai particolari bisogni assistenziali delle persone inserite, prevedendo eventualmente un massimo di 10 persone nella struttura, inclusi eventuali posti per situazioni di emergenza e/o sollievo, in un massimo di 2.
  • c) tirocini finalizzati all'inclusione sociale, all'autonomia delle persone e alla riabilitazione e programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile;
  • d) interventi di realizzazione di innovative soluzioni alloggiative dalle caratteristiche dette sopra, mediante il possibile pagamento degli oneri di acquisto, di locazione, di ristrutturazione e di messa in opera degli impianti e delle attrezzature necessari per il funzionamento degli alloggi medesimi, anche sostenendo forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità.
  • e) in via residuale, interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare.

Rispetto a queste possibilità, ha detto ieri la sottosegretaria Biondelli, le Regioni hanno destinato oltre il 27% delle risorse ai percorsi di accompagnamento per l'uscita dal nucleo familiare di origine (lettera a) e agli interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative con determinate caratteristiche (lettera b); circa il 14% di tali risorse ai percorsi di accrescimento della consapevolezza e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile (lettera c); oltre il 27% a interventi per la realizzazione di innovative soluzioni alloggiative. All’ipotesi alla lettera e, ossia interventi per la permanenza temporanea al di fuori del contesto familiare sono stati destinati in via residuale circa il 4% delle risorse.  

«Faccio inoltre presente», ha continuato la sottosegretaria, «che al fine di accelerare le procedure e di scongiurare soluzioni di continuità i Ministeri interessati hanno già elaborato sulla base dei criteri sperimentali previsti per l'anno 2016 il decreto di riparto, per l'anno 2017, delle risorse del Fondo, per un importo complessivo di 38,3 milioni di euro. Su tale decreto – attualmente alla firma dei Ministri concertanti – è stata acquisita, il 20 aprile 2017, l'intesa della Conferenza Unificata. Una volta perfezionato il decreto, il Ministero del lavoro terrà conto anche della raccomandazione formulata in sede di Conferenza Unificata che prevede procedure semplificate per quelle Regioni che abbiano presentato indirizzi di programma in continuità con quelli già approvate nell'anno precedente».
«Il Sottosegretario mi ha garantito alcuni progetti riguardano non solo il ‘dopo di noi’ ma anche ‘l’accompagnamento’ al ‘Dopo di noi’», ha commentato la deputata Argentin, «sono molto contenta che il ‘durante noi’ sia stato quindi considerato elemento fondamentale del ‘dopo di noi’, cosicché i genitori potranno organizzare il futuro dei figli quando sono ancora in vita. Ora la palla è nelle mani delle Regioni che spero non deludano nessuno, facendo il loro dovere».

Al momento sono due le Regioni che hanno già deliberato rispetto ai programmi operativi sul dopo di noi. La prima delibera è arrivata il 31 maggio dalla Giunta regionale dell’Emilia Romagna, cui il fondo nazionale assegna oltre 13 milioni 370 mila euro per il triennio 2016-2018. La delibera di Giunta riguarda i 6 milioni e 570 mila euro del 2016, che saranno destinati quest’anno ai Comuni e Unioni di comuni di tutto il territorio regionale. Le risorse in Emilia Romagna andranno a supporto della permanenza nella propria casa o all’accoglienza in abitazioni, gruppi-appartamento o soluzioni di co-housing e a soluzioni che consentano la permanenza temporanea fuori dalla famiglia in particolari situazioni di emergenza. Altri 2,8 milioni di euro assegnati dal ministero saranno messi a bando dalla Regione in una fase successiva, per raccogliere progetti provenienti dai territori destinati ad interventi strutturali: il pagamento degli oneri di acquisto, locazione, ristrutturazione e messa in opera degli impianti e delle attrezzature per adeguare gli alloggi, che devono però mantenere le caratteristiche delle abitazioni. Infine, i rimanenti 4 milioni di euro – sui complessivi 13 – saranno utilizzati nel 2018 per dare continuità agli interventi attivati nel 2017.

L’altra regione che ha approvato il programma relativo al 'Dopo di Noi' è la Lombardia (7 giugno). Per la Lombardia il riparto del Fondo Nazionale prevede circa 30,8 milioni di euro per il triennio 2016/2018, risorse che «se pur significative – ha spiegato l’assessore Francesca Brienza – non sono sufficienti a rispondere al bisogno di soluzioni alternative alla famiglia di origine per tutti i disabili residenti in Lombardi. A oggi, circa 15.000 disabili vivano in famiglia d'origine di cui oltre 12.000 di età superiore ai 18 anni, sui quali si orientano le priorità per la fruizione dei servizi che il Programma Operativo metterà a disposizione». In Regione per la ristrutturazione saranno stanziati 20mila euro ad intervento, per 125 interventi e un massimo di 2,5 milioni di euro; per locazione e spese condominiali verranno erogati 5.100 euro ad unità abitativa (3,9 milioni di euro complessivi, per 765 unità); per i percorsi di accompagnamento all’autonomia 5.400 euro a progetto, per 485 progetti e 2,6 milioni di euro; per il sostegno alla residenzialità 8.400 euro a progetto, per 643 persone e 5,4 milioni di euro, mentre 516mila euro andranno a interventi di pronto intervento (6mila euro a progetto, per 86 persone).

La Puglia ha già annunciato che entro il 30 giugno farà un bando per i progetti relativi alle linee a, b e c previste dal Fondo nazionale, mentre a settembre farà un avviso pubblico per i progetti comunitari previsti alla lettera d. La Regione ha anche promesso uno stanziamento aggiuntivo proprio di circa 200mila euro per la formazione degli operatori delle unità di valutazione multidimensionale coinvolte nella definizione del progetto individuale che dovrebbe essere preliminare a qualsiasi programmazione di interventi e azioni.

Una fotografia

Nel frattempo l'Istat ha elaborato una nota sulla Legge 112/2016, in data 31 maggio 2017 (la trovate qui). Un mese fa un articolo aveva citato l’Istat, parlando di un «buco nero di 40 mila disabili gravi che escono dai radar quando muoiono i genitori, desaparecidos». La relazione ora afferma intanto che sull'annoso problema della mancanza di dati sulla disabilità «è in corso un progetto per la costruzione di un archivio integrato delle persone con disabilità che utilizzerà diverse fonti (dalle certificazioni della 104, al casellario sulle pensioni di invalidità, alle prestazioni per infortuni dell’Inail) e nel prossimo biennio contiamo di poter mettere a regime la costruzione e l’aggiornamento dell’archivio a livello nazionale. Successivamente, l’integrazione di questo con altri archivi, di natura sia statistica sia amministrativa, consentirà di analizzare in maniera più puntuale il grado di inclusione sociale delle persone con disabilità, entrando in profondità nelle diverse dimensioni di cui si compone l’inclusione sociale». In Italia sono 1 milione 800 mila le persone considerati disabili gravi e circa 540 mila di essi hanno meno di 65 anni. La metà dei disabili gravi con meno di 65 anni non riceve aiuti dai servizi pubblici, non si avvale di servizi a pagamento, né può contare sull’aiuto di familiari non conviventi. Circa 52 mila persone vivono sole (sempre con meno di 65 anni), di cui il 19%, pari a circa 10 mila persone, non può contare su alcun aiuto: si tratta di un segmento di disabili gravi per i quali il “dopo di noi” è già iniziato e si trova in condizioni particolarmente critiche.

Posto che la legge 112 si rivolge a persone con disabilità grave, con meno di 65 anni, prive di sostegno famigliare), la platea dei possibili beneficiari disegnata dall'Istat conta 127mila individui: i disabili gravi al di sotto dei 65 anni che vivono soli e hanno perso entrambi i genitori (38 mila) e quelli che vivono con genitori anziani (89 mila). «Sulla base dei calcoli effettuati emerge che circa due terzi delle persone con disabilità grave potrebbe sopravvivere a tutti i familiari (genitori e fratelli); si può quindi stimare che nell’arco dei prossimi cinque anni circa 12.600 perderanno tutti i familiari. La stima apparsa il 15 maggio scorso in un articolo pubblicato da La Stampa, che riferisce circa 160mila disabili nei prossimi dieci anni non è quindi in alcun modo attribuibile all’Istat», afferma il report.

In foto, Casa Arcipelago a Cinisello Balsamo (Anffas)


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