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A Milano la rinascita delle donne parte da un circolo di quartiere

Un percorso di empowerment aiuta le donne a rientrare nel mondo del lavoro, disegnando nuovi servizi per la comunità

di Redazione

Guardandolo da fuori sembra un circolo Acli come molti altri. Tavolini sotto un pergolato ricoperto di edera, lì sedute, diverse persone anziane giocano a carte. Eppure questo circolo, nel sud di Milano, non è solo un luogo di ritrovo per chi nel quartiere ha trascorso tutta la vita, ma un vero e proprio punto di rinascita per le donne della città. “Da qui si riparte”, spiega Simona Fazio, responsabile dell’attivazione territoriale di Milano Sei l’Altro, il progetto sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo. “Si riscopre sé stesse, si lavora per costruire il proprio futuro e si ripensa all’offerta dei servizi di conciliazione, perché il grande problema per le donne rimane questo: riuscire a tenere insieme lavoro e famiglia”.

È in una delle stanze del circolo infatti che si svolge il percorso di empowerment organizzato dal progetto, in collaborazione con Piano C: sette incontri da quattro ore ciascuno, in cui dieci donne lavorano per riflettere sulle proprie competenze e co-progettare insieme nuovi servizi di cura per bambini e anziani.

“Il cuore di Milano 6 l’Altro è lo sviluppo di nuove soluzioni alle sfide della conciliazione. Una donna su quattro esce dal mondo del lavoro dopo avere avuto il primo figlio.” Continua Simona Fazio. “Si tratta di una perdita enorme, di cui vediamo gli effetti a livello locale. Da un lato ai centri di ascolto della città si rivolgono moltissime donne che hanno perso il lavoro e dall’altro abbiamo l’esigenza di studiare nuovi modelli per aiutare le famiglie con i carichi di cura, promuovendo soluzioni di qualità ma più economiche, magari condivise, come la badante e la baby sitter di condominio. Per questo abbiamo deciso di trasformare queste esigenze in nuove opportunità”. Il percorso di empowerment e la collaborazione con Piano C, associazione impegnata nella promozione delle pari opportunità, nascono proprio da questo. “L’idea non è quella di trovare lavoro alle donne che vengono qui, ma di offrire gli strumenti per farlo, aiutandole a ripensare alle proprie capacità e a nuovi modi in cui possono essere utilizzate”. Il corso è infatti diviso in due parti, come spiega Silvia Bona, formatrice di Piano C. “Il metodo che utilizziamo è quello del design thinking. Nei primi incontri si lavora sulla costellazione dei talenti, questo ci aiuta a scoprire i nostri punti forti, le attitudini e i nostri ambiti di interesse. Dopo aver individuato le caratteristiche chiave delle partecipanti, sviluppiamo insieme una proposta di servizi, che possano offrire un’opportunità lavorativa per le donne del corso e allo stesso tempo rispondere ai bisogni di conciliazione delle famiglie della città. Alla fine prototiperemo un pacchetto di servizi nell’ambito di Milano Sei l’Altro e se l’offerta piacerà, allora per le partecipanti questo potrebbe trasformarsi in un lavoro.”

Diversissime le donne coinvolte nel percorso di empowerment: nazionalità ed età diverse, così come diversi sono i percorsi di vita. “Ci sono donne italiane e altre che hanno alle spalle storie di immigrazione pesanti, magari nel Paese d’origine avevano conseguito un titolo di laurea e poi, arrivate in Italia, hanno dovuto ricominciare da capo. Alcune hanno avuto difficoltà personali che le hanno costrette a interrompere gli studi o a lasciare il lavoro. In comune hanno tutte il desiderio di rimettersi in gioco.” Racconta Elisabetta Ferrari che ha svolto i colloqui di selezione per le partecipanti, indirizzate dai centri di ascolto cittadini e dalle cooperative partner del progetto, a cui alcune di loro avevano inviato il c.v. “Diverse si proponevano come badanti o babysitter ma qui stanno capendo che possono sviluppare un’offerta più in linea con le proprie competenze e con le necessità del mercato.” A confermarlo le stesse partecipanti.

“Ho lavorato per anni come impiegata amministrativa in un’azienda”, spiega Raffaella. “Ho sempre pensato di non avere altri sbocchi, se non in ufficio, ma qui ho capito che posso utilizzare le mie competenze in settori diversi. Adesso stiamo costruendo un’offerta per un servizio di impiegata di condominio. Aiutare le persone mi è sempre piaciuto e avere qualcuno che dà una mano con la contabilità semplificherebbe la vita a tante famiglie!”

Anche Carmen, 28 anni, assistente familiare oggi in cerca di lavoro, ha acquisito una nuova prospettiva. “Qui ho capito che posso offrire molto di più di un semplice aiuto tecnico. Amo prendermi cura delle persone, mi piace ascoltarle, aiutarle a risolvere i loro problemi, sono paziente e molto discreta. Tutte competenze che davo per scontato e che non nominavo nemmeno ai colloqui! Questo corso ci sta davvero aiutando a scoprire noi stesse.”

E la strategia sembra funzionare, come spiega Simona Fazio. “Siamo solo a metà percorso, ma una delle partecipanti ha già trovato un lavoro e altre due, grazie agli incontri, hanno capito che in realtà le proprie competenze potevano trovare uno sbocco molto più ampio di quello che credevano.”


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