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I 5 verbi dell’impact investing per il nuovo welfare

Social Impact Agenda per l’Italia ha presentato un position paper in cui si sono studiati i modelli di risposta e i possibili scenari di riforma. Una provocazione per guardare al cosiddetto “neowelfare” che punta all’integrazione tra intervento pubblico e soggetti privati

di Antonietta Nembri

«Una sorta di provocazione» così ha definito Stefano Granata, vicepresidente di Social Impact Agenda (Sia) per l’Italia l’incontro che nella sede di Avanzi a Milano ha presentato il position paper “Modelli di risposta ai nuovi bisogni sociali e possibili scenari di riforma” (in allegato l’executive summary, per la versione integrale qui) curato da Giulio Pasi, ricercatore al Joint Research Centre Directorate of Growth and Innovation della Commissione Europea. Una riflessione in divenire dedicata proprio alle potenzialità dell’innovazione sociale nell’attirare capitali per il welfare e al ruolo degli investimenti a impatto sociale nel supportare il cambiamento.

Rispondere alla domanda su come affrontare la crisi del welfare è cruciale, soprattutto in una fase storica in cui, ha sottolineato Pasi, i decision-maker, i politici si trovano davanti a «una stanza dei bottini senza più bottoni». E l’impact investing? «se non è propriamente considerabile come un “bottone”, almeno lo si può guardare come una “leva” in grado quantomeno di innescare una serie di dinamiche tra loro connesse». Pasi ha sottolineato l’importanza della misurazione dell’impatto che però «richiede del tempo ed è un rischio soprattutto quando è a medio-lungo termine e i decisori politici spesso hanno come orizzonte le elezioni».

La crisi degli ultimi anni – che ha sottolineato Pasi (nell'immagine a fianco durante la presentazione) «non è nata da un welfare elefantiaco, ma dalla finanza» – impone comunque un ripensamento del welfare state che porti all’emergere di un nuovo modello di protezione sociale innovativo che è stato definito “neowelfare” che poggi sull’integrazione tra due sfere di intervento sociale, una pubblica e una popolata anche da soggetti privati. La necessità del passaggio dal vecchio al nuovo welfare ha reso evidente «l’inadeguatezza di risposte standardizzate e oggi la famiglia non risulta più in grado di compensare le lacune del pubblico».

Le strategie di policy e i nuovi modelli di business che vedono l’impact investing protagonista sono state riassunte in cinque coppie di verbi: migliorare-scalare; allineare-correggere; coordinare-Integrare; liberare-prevenire e, infine, innovare-sperimentare.
Migliorare: cioè produrre risultati migliori a partire dai servizi esistenti;
Allineare, correggendo gli effetti perversi creati dalle politiche precedenti come per esempio i casi di welfare aziendale accolti dai lavoratori con maggior preferenza rispetto ai premi di produttività monetari che andando a incidere sul reddito complessivo depotenziandone a causa delle ricadute fiscali ne depotenzierebbero gli effetti benefici;
Coordinare ovvero sviluppare la collaborazione tra stakeholder diversi per affrontare problemi complessi;
Liberare producendo risparmi futuri con l’investimento più nell’immediato sulla prevenzione;
Innovare: cioè sperimentare nuove soluzioni trasferendo parte del rischio di fallimento finanziario (e politico).

Queste linee, ha sottolineato Pasi «rappresentano le linee di un possibile scenario d’uso per l’impact investing in Italia, tra nuovi modelli di business e strategie di policy», inoltre «emerge che gli strumenti di policy derivanti dal movimento dell’impact investing non eliminano in alcun modo la dimensione politica che dovrebbe sottendere la loro adozione, anzi paradossalmente ne invocano un maggiore e più deciso ruolo».

L’ultimo tema trattato da Pasi nella presentazione del position paper ha riguardato l’ibridazione che – caratterizzando alcuni dei soggetti operanti nell’ambito del “neowelfare”«si può estendere anche al tipo di politiche che l’impact investing sembra incoraggiare: politiche che non operano separazioni nette secondo gli ambiti tradizionali delle politiche economiche, monetarie, sociali, e di sviluppo, ma mira ad una integrazione delle differenti dimensioni. Il welfare, quale settore fondamentale nel funzionamento dei sistemi democratici e di mercato così come disegnati nel secolo scorso, si scopre così dominio catalizzatore di una serie di diverse dimensioni della vita sociale di un Paese. Cambiando la prospettiva, che oggi appare divenire sempre più olistica, inevitabilmente il policy maker avrà bisogno di strumenti di policy con cui accompagnare questo profondo processo di cambiamento» ha concluso Pasi. «E l’impact investing sembra effettivamente in grado di rispondere a tale esigenza».

Nel breve scambio di opinioni seguitoalla presentazione dello studio, Maria Angela Albertotti (Area Welfare e protezione di Ubi Banca), Giuseppe Guerini (presidente di Confcooperative- Federsolidarietà) e Sergio Gatti (Federcasse) hanno presentato come il Terzo settore, l’impresa sociale, la logica mutualistica e il welfare aziendale si muovano già in una nuova logica che vede il welfare sussidiario e integrativo divenire generativo di cambiamento.

In apertura foto di Ashes Sitoula/Unsplash


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