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Guerini: «molto positivo» il giudizio sulla riforma del terzo settore

Il presidente di Federsolidarietà/Confcooperative: «Le aspettative che avevamo tre anni fa sono rimaste non del tutto compiute e il terzo settore ha dimostrato di essere prudente rispetto ai precorsi di cambiamento, tuttavia il giudizio complessivo è molto positivo»

di Sara De Carli

Il Consiglio dei Ministri ha approvati ieri, in via definitiva, tre decreti di attuazione della legge delega di riforma del terzo settore: sul 5 per mille, sull’Impresa sociale e sul Codice del terzo settore. Questi tre decreti attuativi, insieme ai due che hanno già ricevuto il via libera del Consiglio di Ministri – quello che costituisce la Fondazione Italia sociale e quello sul Servizio civile universale – completano il percorso di riforma del terzo settore, il cui cantiere è stato avviato nella primavera del 2014. Qui le slides del Governo con la sintesi delle novità. Ed ecco il primo giudizio di Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà/Confcooperative.

Il percorso è ormai concluso: che cosa possiamo dire?
Il primo commento è “finalmente”. Finalmente siamo arrivati alla conclusione di un percorso durato tre anni e questo è un risultato importate. Premetto che i testi che stanno circolando non sono ancora quelli con il crisma dell’ufficialità, magari ci sarà qualche piccola modifica, ma certamente il significato politico è quello e il giudizio è molto positivo. Nella valutazione bisogna sempre tenere conto del punto di partenza, del percorso e del contesto: rispetto alle attese di tre anni fa, quando il cantiere della riforma è stato lanciato, c’era un’aspettativa più alta, in particolare sulla riforma del Libro V del Codice civile, che era molto ambiziosa. Le aspettative che avevamo all’inizio sono rimaste non del tutto compiute, in ogni caso occorre riconoscere che la responsabilità non è tutta della politica, non possiamo dire che la politica non ha saputo interpretare le nostre istanze, dobbiamo ammettere che noi come terzo settore abbiamo avuto difficoltà a fare sintesi e comunque siamo stati molto prudenti, forse è il clima politico di questa stagione.

Cioè?
Complessivamente l’Italia è un Paese che non sembra amare molto le riforme e anche una delle aree più dinamiche e vitali del Paese ha dimostrato di essere prudente rispetto ai precorsi di cambiamento.

Ha detto che il suo giudizio comunque è “molto positivo”. Per quali elementi in particolare?
È un bene che il Paese abbia, dopo dieci anni, una legge sull’impresa sociale che sembra essere promettente rispetto alla possibilità di liberare le risorse che ci sono dentro il terzo settore, per far fare il passo verso la dimensione imprenditoriale di molte attività. Il mio augurio è che nascano molte imprese sociali e che fra le associazioni non riconosciute, le associazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che svolgono servizi e attività rilevanti dal punto di vista economico, scelgano ora la strada di costituirsi in impresa sociale. La mia idea è che più popoliamo il mercato di soggetti che affondano le loro radici nel terzo settore e nella solidarietà, più rendiamo il mercato democratico. Il mercato non è invisibile e neutro, sono le imprese sul mercato che condizionano il mercato: quindi se il mercato del welfare si popola di soggetti che si ispirano all’art 1 della legge sull’impresa sociale, che perseguono l’interesse generale, ci saranno tanti soggetti economici che influenzeranno l’economia e arricchiranno la dinamica tutto privato/tutto pubblico definendo nuove forme di sviluppo locale, che mirano all’interesse collettivo avendo una forma che è giuridicamente privatistica ma che ha insita in sé la dimensione collettiva. Credo possa venirne una forza molto interessante, con grandi possibilità di fare innovazione nel campo del welfare ovviamente ma anche della cultura, della formazione, della ricerca, persino della comunicazione.

Ci può fare degli esempi?
Ho visto che è stato introdotta la radiodiffusione sonora a carattere comunitario, lo trovo interessante, le radio di comunità potranno essere impresa sociale. Poi basta vedere nel censimento Istat quante sono le realtà che hanno anche un’attività con rilevanza economica, che da oggi possono avere uno stimolo ad essere più proattive. Ad esempio le associazioni culturali che gestiscono scuole di musica o piccole scuole popolari, quelle che fanno promozione culturale, la leva de turismo sociale sostenibile nelle aree interne, all’interno del nuovo sistema educativo 0-6 anni potrebbero valutare l’ipotesi impresa sociale moltissime esperienze che oggi hanno la forma della cooperazione o dell’ente morale.

Il Forum del Terzo Settore, dinanzi alla prima versione dei decreti, aveva messo in allarme sul mancato ampiamento dei campi di attività delle cooperative sociali, cosa che avrebbe creato molte difficoltà rispetto alla puntuale definizione dei campi di attività possibili per le nuove imprese sociali. È un punto che è stato risolto?
Sì, mancava una norma di coordinamento fra gli ambiti di attività delle cooperative e quelli dell’impresa sociale, ma ora l’art 17 del decreto sull’impresa sociale risolve questa contraddizione. È un punto importante perché si rende attuale il senso e lo spirito della legge 381, aggiungendo cosa si intende oggi con quella definizione rivolta alle cooperative. Tutto quello che le cooperative stanno già facendo e per cui con la prima versione si rischiava di avere problemi di interpretazione, dal momento che avremmo avuto una legge sull’impresa sociale che andava a definire puntualmente gli ambiti di attività e una legge sulla cooperazione che dava solo una definizione generica. Ancora sull’impresa sociale è interessante il fatto che sia scritto nero su bianco che l’impresa sociale è un’impresa che non si può fare con un imprenditore singolo, viene chiarito un punto su cui noi siamo sempre stati chiari, già undici anni fa: l’impresa sociale non si definisce solo per quello che fa, ma per come lo fa, per la sua dimensione di interesse collettivo. L’impresa sociale è sociale perché ha la dimensione di interesse collettivo nella sua stessa natura societaria.

Rispetto agli altri due decreti, su Codice del terzo settore e 5 per mille?
Ammetto che non sono riuscito ancora a leggere tutto. Quello sul Codice del terzo settore è complesso da giudicare ma interessante, sono 104 articoli, è molto corposo, con molti tecnicismi delicatissimi, credo però che anche qui alcune questioni critiche siano state chiarite, ad esempio ho visto che l’art 79 – che affrontava il tema delle imposte sui redditi – è più leggibile e semplice, è stato fatto un lavoro di chiarificazione utile. Registro anche con soddisfazione che è stata superata l’esclusione per le cooperative sociali di poter fare raccolta fondi: ora questa possibilità è prevista, per molte realtà è importante.


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