Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Welfare & Lavoro

Biffoni: «L’accoglienza Sprar funziona e anche i Comuni della Lega stanno aderendo»

Il delegato Immigrazione dell'Anci traccia il bilancio del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati alla luce del Rapporto 2016. "Dove c'è un progetto Sprar, l'integrazione è più alta. I finanziamenti non sono a pioggia, dipendono dai servizi che propone ciascun Comune". Con la Clausola di salvaguardia le amministrazioni locali si mettono al riparo da ulteriori arrivi tramite l'accoglienza prefettizia dei Cas

di Daniele Biella

“Il problema accoglienza c’è e non bisogna negarlo. Ma c’è anche la soluzione, bisogna convincersi a farla propria”. Matteo Biffoni, attuale sindaco di Prato e in particolare delegato Immigrazione dell’Anci, Associazione nazionale comuni italiani, è più che schietto quando interviene sul tema che in questi anni sta mettendo in gioco le comunità da Nord a Sud, sia in Italia che in Europa, luogo di arrivo di centinaia di migliaia di persone in fuga per varie motivazioni (guerre, dittature, persecuzioni personali, cambiamenti climatici e povertà) da Africa, Asia e Medio Oriente.

I numeri, seppure ancora con percentuali relativamente esigue, sono in crescita (per l’Italia, il record di 180mila accolti nel 2016 verrà presumibilmente superato quest’anno, arrivando a 200mila ovvero lo 0,33 per cento della popolazione) e soprattutto non si vede all’orizzonte una volontà politica che fermi il business dei trafficanti di esseri umani, soprattutto nei viaggi nel Mar Mediterraneo dalla Libia verso le coste italiane. “Ci vogliono sanzioni economiche per gli Stati membri che non accolgono”, sottolinea Biffoni prima di entrare nel merito del ragionamento riguardo all’accoglienza italiana, anche alla luce dell’ultimo rapporto Sprar – Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, realtivo al 2016 e presentato proprio alla fine di giugno 2017. “Basta scorrere le pagine del rapporto per capire che il Sistema funziona, e chi esce da un progetto di accoglienza Sprar ha un percorso d’integrazione decisamente positivo”, indica il delegato Anci Immigrazione.

Lo Sprar, che oggi riguarda 30mila dei 180mila accolti totali, si differenzia dall’altro sistema maggioritario, quello prefettizio, soprattutto per i rapporti tra realtà locali e i numeri: se i Cas, Centri di accoglienza straordinaria, sono aperti da enti gestori del privato (sociale e non solo) dopo un accordo diretto con la Prefettura tramite bando di gara, le strutture Sprar si basano su progetti il cui ente capofila è il Comune che può coordinare direttamente il lavoro da svolgere e scegliere gli enti su cui fare affidamento. A fronte di Cas a volte con alti numeri anche rispetto alla popolazione locale, in regime Sprar invece si tende a non superare i 2-3 richiedenti asilo o rifugiati accolti ogni mille abitanti. Ma quante sono oggi le amministrazioni che accolgono? “Siamo arrivati a 1200 Comuni, le adesioni aumentano ma sono ancora poche, su 8mila totali”, rileva Biffoni. “C’è però da dire che l’espansione è visibile e soprattutto non riguarda un colore politico o l’altro: una volta conosciuto nel dettaglio il Sistema aderiscono amministrazioni targate Pd così come Movimento 5 Stelle, Forza Italia o Lega Nord, perché anche se a volte fanno dichiarazioni contrarie poi conoscono bene il proprio territorio e capiscono l’impatto positivo che può portare un sistema del genere, a fronte dell’altro tipo di accoglienza, ovvero a un Cas che potrebbe venire aperto nel proprio Paese senza che l’ente locale abbia voce in capitolo”. La direzione tracciata anche dal ministero degli Interni è quella “Più Sprar e meno Cas”, tanto da avere introdotto tra il 2015 e il 2016 la Clausola di salvaguardia: se un Comune sceglie di entrare nello Sprar e raggiunge al sua quota di riferimento (il 2-3 su mille), la Prefettura non può dare mandato di aprire dei Cas su quel territorio.

Ogni progetto Sprar riceve un finanziamento calcolato su quota giornaliera, come avviene per i Cas. La cifra media è simile – all’ente gestore viene corrisposto dal ministero 35 euro al giorno per accolto – ma a volte i progetti Sprar possono arrivare a cifre più considerevoli a seconda dei servizi presentati dal Comune al momento di richiedere il finanziamento al Servizio centrale del Sistema di protezione. Lo scorso 22 giugno un deputato del M5S, Riccardo Nuti, si è scagliato contro il ministro degli Interni arrivando a chiedere e ottenere un’interpellanza parlamentare sul tema. Ecco le sue parole: “Il Viminale ha assegnato un contributo complessivo di 45 milioni per 99 progetti Sprar. Fin qui tutto bene. Peccato, però, che Comuni diversi, pur avendo ottenuto uguale punteggio per lo stesso numero di rifugiati da accogliere, avranno un finanziamento decisamente differente. Clamoroso il caso di Partinico che riceverà 760mila euro per ospitare 60 rifugiati: Roccavignale (provincia di Savona) ne ospiterà 51, però godrà di un fondo di 900mila euro, mentre Guardiagrele (Chieti) per gli stessi 60 posti prenderà 991mila euro. Infine Carunchio ospiterà 45 rifugiati, ma riceverà più di Partinico (793mila euro) pur avendo ottenuto un punteggio più basso in graduatoria (64,0 a 60,0). Insomma, il Viminale assegna i fondi a caso, nonostante solo lo scorso dicembre la stessa Corte dei Conti avesse chiesto di ‘utilizzare in modo efficace i fondi stanziati per l’accoglienza’. Un monito, si vede, rimasto inascoltato”.

Un duro attacco, sul quale Vita.it ha chiesto chiarimenti a Biffoni: “Ma come è possibile fare dichiarazioni del genere? E’ imbarazzante, è come se chi scrive non sappia nulla riguardo al funzionamento dello Sprar: faccio fatica a pensare che sia davvero così”, ragiona il delegato Immigrazione dell’Anci. “Comunque, nel merito: il costo cambia a seconda di cosa chiede il singolo Comune nel presentare il proprio progetto Sprar al Servizio centrale: se chiede dieci appartamenti anziché cinque – sei mediatori culturali anziché tre – magari perché l’utenza è di varie nazionalità – due psicologi anziché uno e via dicendo il costo è maggiore. E a ben vedere anche solo il prezzo di un affitto cambia da paese a paese, da una zona all’altra d’Italia. Ogni realtà offre servizi diversi e questo incide sul costo del progetto, così come sulla qualità e l’impatto su tutta la popolazione”, conclude Biffoni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA