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Prevenire la radicalizzazione: il ruolo della società civile

Si è tenuta nella sede dello European Economic and Social Committee a Bruxelles un’udienza pubblica su “Il ruolo della società civile nella prevenzione della radicalizzazione dei giovani”. Lo scopo? Analizzare come i politici della Ue possano migliorare l’efficacia di iniziative esistenti della società civile che hanno lo scopo di prevenire la radicalizzazione dei giovani

di Cristina Barbetta

Analizzare le modalità con cui i politici della Ue possono aiutare i professionisti della società civile a prevenire la radicalizzazione dei giovani è stato lo scopo di un’udienza pubblica organizzata dallo European Economic and Social Committee (Eesc) il 7 settembre nella sua sede di Bruxelles. L’udienza, dal titolo “Il ruolo della società civile nella prevenzione della radicalizzazione dei giovani”, è stata divisa in due parti: il primo dibattito ha trattato vari elementi delle politiche di anti radicalizzazione, focalizzandosi su cosa è necessario per aumentare i tassi di successo. Il secondo dibattito si è incentrato sul ruolo dell’educazione nel prevenire la radicalizzazione.

I lavori sono stati coordinati da Laura González de Txabarri, membro dello Eesc e dello Study Group. Ad aprire i lavori Alexandra Antoniadis, Capo del Settore Prevenzione e radicalizzazione, Unità D2 – Terrorismo e radicalizzazione, DG HOME, Commissione Europea, che ha sottolineato come ci siano misure di sicurezza da introdurre, e che «il lavoro della polizia è importante ma è importante anche la prevenzione della radicalizzazione». E ha proseguito spiegando che «i profili della radicalizzazione sono diversi: abbiamo avuto foreign fighters ma anche terroristi cresciuti a casa nostra, che non sono mai stati in Siria. Dato che i profili sono molti dobbiamo lavorare con insegnanti ed educatori, con le mamme e le sorelle e tutte quelle persone che possono aiutare, bisogna creare una maggiore consapevolezza».

Marguerite Potard, Direttore dell’Ufficio Europeo degli Scout di Bruxelles, ha parlato del ruolo del movimento nella prevenzione della radicalizzazione. L’Ufficio Europeo di Bruxelles offre possibilità di aderire ai giovani delle zone più difficili, come Moelenbeck. «Chi è membro degli scout ha più fiducia in se stesso e farne parte offre opportunità di integrazione». Precisa Potard che «bisogna iniziare da piccoli, l’integrazione inizia a 6-8 anni».

L’udienza pubblica ha visto l’intervento di Jessika Soors, capo del Servizio per la deradicalizzazione e la lotta contro l’estremismo violento della città di Vilvorde, una cittadina vicina a Bruxelles nota per l’alta presenza di foreign fighters. Soors giunge a due conclusioni riguardo alla lotta alla radicalizzazione. «Innanzitutto molte autorità locali sono impreparate e molto spesso devono agire prima di poter pensare. Quindi è necessario vedere quali strategie si possono mettere in atto per supportare queste autorità locali. Come per esempio il RAN (Radicalisation Awareness Network). In secondo luogo, c’è bisogno di volontà politica. Oggi c’è spesso assenza di volontà politica, fino a che non succede qualcosa e i politici non possono più ignorarla. Ci sono delle questioni collegate a questo aspetto: i mezzi finanziari per combattere contro la radicalizzazione sono molto limitati e insostenibili. E’ inoltre necessario avere sistemi di valutazione che mostrino ciò che funziona specialmente quando si tratta di prevenzione. Infine è necessario avere metodologia».

Nella seconda parte dell’udienza pubblica Lynn Davies, Professoressa Emerita di Educazione Internazionale alla School of Education dell’Università di Birmingham, ha trattato il tema del ruolo dell’educazione nel prevenire la radicalizzazione. «Da ricerche condotte con ex estremisti abbiamo constatato che l’istruzione normale non previene la radicalizzazione». E aggiunge che «bisogna assicurare che la scuola non sia violenta, evitare la segregazione di tipo religioso ed etnico, evitare il nazionalismo eccessivo, assicurare che nessuno sia escluso». La professoressa Davies ha trattato il tema delle Rights Respecting Schools, un progetto Unicef: «Pensiamo che le Rights Respecting Schools prevengano meglio l’estremismo». Lynn Davies è anche direttrice dell’impresa sociale ConnectFutures, che si occupa di soluzioni community based all’estremismo e allo sfruttamento. L’impresa sociale lavora con la polizia e forma giovani difficili da raggiungere.

Il secondo panel ha visto anche l’intervento di Karin Heremans, Politica di coordinamento Radicalizzazione & Polarizzazione GO!, direttrice GO! Atheneum Antwerpen e co-presidente del gruppo di lavoro RAN sull’educazione. Go! è un progetto educativo fiammingo che mira a fornire ai bambini, ai giovani e agli adulti pari opportunità di sviluppo ottimale. Heremans ha sottolineato l’importanza dell’inclusione dei giovani, dell’investire nella loro partecipazione, aiutandoli per esempio a costruire una resilienza individuale e collettiva contro l’estremismo violento e guidandoli verso uno sviluppo positivo della loro identità.

L’evento è stato chiuso da Christian Moos, membro dell’Eesc e rapporteur del parere sulla prevenzione della radicalizzazione, che è previsto per dicembre.


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