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Raccolte fondi, il 2016 è stato un anno positivo

Lo certifica la 15esima rilevazione “L’andamento delle raccolte fondi” curata dall’Istituto Italiano per la Donazione in collaborazione con Assif: il 36% delle organizzazioni non profit ha aumentato le entrate (+5% sul 2015), mentre ha diminuito solo il 22% del campione. Ecco i metodi che funzionano ancora e quelli che non "tirano" più

di Gabriella Meroni

Il 2016 è stato un anno positivo per le raccolte fondi degli enti del terzo settore: lo ha confermato la 15esima rilevazione “L’andamento delle raccolte fondi” curata dall’Istituto Italiano per la Donazione in collaborazione con Assif sui bilanci consolidati 2016 con uno sguardo alle proiezioni per il 2017.

La ricerca sarà presentata integralmente mercoledì 4 ottobre nel corso del Giorno del Dono. In base ai risultati, l’anno passato il 36% delle organizzazioni non profit ha aumentato le proprie entrate (+5% sul 2015), mentre ha diminuito i ricavi totali nello stesso periodo solo il 22% del campione: era il 27% nel 2014. Quanto ai sostenitori, spicca il dato positivo relativo al ricorso ai donatori corporate, che aumenta dell’8%, anche se Il 77% degli enti raccoglie meno del 15% dalle aziende (per fare un paragone, è meno dell’introito del 5 per mille).

Continua poi inesorabile il tramonto dei dialogatori (-10% a fronte di un altro -12 nel 2015), mentre resistono – anzi sono in aumento di 7-8 punti – gli strumenti tradizionali, quali gli eventi pubblici e il mailing cartaceo. Interessante notare come per la prima volta nessuna delle organizzazioni intervistate abbia indicato gli sms o il crowdfunding come «strumenti di raccolta fondi più utilizzati». Bene i lasciti testamentari, di cui hanno beneficiato il 23% degli Ets nel 2016 (+2% sul 2015) anche se il loro valore medio è stato inferiore rispetto al 2015.

«Questa edizione del Giorno del Dono è la più partecipata finora», dichiara il presidente IID Edoardo Patriarca. «Abbiamo coinvolto oltre 10mila studenti e 130 Comuni, e ha confermato la bontà della nostra intuizione: scommettere sull’Italia che dona, che è aperta e generosa. È l’altra faccia del Paese chiuso e impaurito che spesso ci viene raccontato». Per il 2018, conclude Patriarca, ci sono già diversi progetti in cantiere: «Vogliamo puntare alla partecipazione più massiccia di un altro soggetto fondamentale: il mondo delle aziende. Perché un imprenditore che opera nel segno della reciprocità e dell’attenzione alle persone è più competitivo, non di meno».


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