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Famiglia & Minori

L’insegnante? È il mazziere della giovinezza

Qual era il sogno di un'altra scuola di don Milani? Quello della responsabilità dello sguardo altrui, al di là dello schema unico. E quale è il sogno di un'altra scuola, oggi che i ragazzini di Barbiana sono i minori non accompagnati che arrivano solo in Italia? Eraldo Affinati racconta le sfide di essere insegnante

di Eraldo Affinati

Più che un metodo, il priore di Barbiana si poneva il problema dei ragazzi che aveva di fronte, che erano uno diverso dall'altro: non puoi elaborare uno schema unico, ma devi acquisire la responsabilità dello sguardo altrui. Può essere Marcello, il bambino balbuziente del Mugello di cui nessuno voleva curarsi, e non riusciva neanche a parlare, e fu uno dei preferiti del priore! E qual è il tema totalmente inevaso, incompreso, inascoltato di don Lorenzo Milani? Uscire dal conformismo pedagogico, fare finta di insegnare o fare finta di ascoltare. Quello che faceva la mitica professoressa quando passava fra i banchi dopo avere assegnato il compito in classe, e se vedeva l'errore del ragazzo non lo correggeva subito, in quel momento. Questa è una delle frasi che colpisce ancora oggi come una pietra, perché tutti noi siamo in classe e affrontiamo tutti i giorni queste 25 – 30 persone e abbiamo di fronte ragazzi diversi uno dall'altro. Percepiamo che il nostro è un mestiere difficile. L'insegnante è il mazziere della giovinezza perché dà le carte, è lo specialista dell'avventura interiore perché deve parlare con i propri fantasmi prima ancora che con quelli degli adolescenti che ha di fronte ed è anche l'artigiano del tempo perché deve consegnare una tradizione del passato e nel momento in cui la consegna la modifica, ma non la può consegnare come se fosse un pacco postale, la deve rivivere quella tradizione e quindi deve incarnare il limite che i ragazzi non devono superare.

L'insegnante è il mazziere della giovinezza perché dà le carte, è lo specialista dell'avventura interiore perché deve parlare con i propri fantasmi prima ancora che con quelli degli adolescenti che ha di fronte ed è anche l'artigiano del tempo perché deve consegnare una tradizione del passato e nel momento in cui la consegna la modifica

Eraldo Affinati

Non uso a caso il verbo "incarnare il limite": stare dentro l'azione e non fuori, cercare che ogni nostra parola sia legittimata dall’esperienza, questo è il grande tema di don Milani e a 50 anni dalla morte possiamo dirlo. Qual è il nostro problema di oggi? Che i nostri politici parlano senza un’esperienza che possa legittimare le loro parole, ecco perché i ragazzi non li seguono più e molti adolescenti vanno per conto loro, perché non percepiscono nell'adulto che hanno di fronte una esperienza profonda della realtà, proprio quella che il Priore di Barbiana aveva fatto. Quando chiamò sul letto di morte Carla Sborgi, l'antica fidanzata di Milano, dei tempi in cui lui voleva fare il pittore e studiava a Brera, e lì sdraiato, con "Lettere a una professoressa" appena pubblicato, sul letto di morte stava lì come a denudarsi: sono qui di fronte a voi ragazzi e a te Carla, cosa dobbiamo fare, si chiedeva? E lui disse: “Fate baccano”, quasi in un bisbiglio! “Fate baccano”, una frase che mi ha sempre colpito. Siamo tutti consapevoli di questa ultima esortazione del priore, ma siamo tutti imprigionati da una rete burocratica, di bilanci di competenze da stilare, come se tutta la nostra passione fosse mortificata, inaridita… Questo è uno dei temi grandi di don Lorenzo Milani, uno dei temi fondamentali: tu come insegnante ti devi mettere in gioco e sporcare le mani, come diceva Mazzolari, devi misurare su di te la forza che vuoi mettere sui tuoi studenti.

Quando gli dava il “nocchino”, il riscontro negativo quando sbagli, il bambino si andava a lamentare e la mamma diceva: io ti do due nocchini perché sostengo l'azione del priore. Invece oggi la famiglia ostacola la scuola, che è come la controfigura al cinema, viene chiamata a fare l'azione pericolosa che l'attore non può compiere perché si fa male, quindi dire no ai ragazzi, misurare il loro limite, fare in modo che quei ragazzi percepiscono di fronte a sé un ostacolo da superare, non solo consenso ma anche dissenso, devi avere la forza di assumere su di te questo peso, questa zavorra. Certo, don Milani aveva fatto una rivoluzione dentro se stesso. Io nel mio libro "L’uomo del futuro" sono andato a vedere i luoghi della sua vita, il tavolo di Montespertoli, la villa della Gigliola, dove lui era cresciuto in una famiglia aristocratica, benestante, ricca, dal punto di vista culturale, non solo economico, lui mangiava la sera in punta di forchetta insieme a Elena e Adriano, sorella e fratello, insieme alla mamma, Alice Vais, il padre. E poi ho visto il tavolo di Barbiana, legno grezzo non signorile e prima ancora di Carenzano. Lì ho misurato lo scarto profondo di questo bambino che scendeva verso il mare a Castiglioncello con la camicetta bianca immacolata e poi ha voluto farsi seppellire con le scarpe sporche di fango nella tomba di Barbiana.

Don Milani è un uomo che ha fatto una rivoluzione, uno scrittore della letteratura italiana, uno scrittore epistolare anche sotto mentite spoglie, se pensiamo a Petraca e Foscolo, con l'idea che la tua scrittura esiste perché hai una persona di fronte e non può essere sterile. Questa idea della epistola profonda, una lettera al giorno scriveva, la meravigliosa lettera a Nadia Neri, una ragazza che stava a Napoli e chiedeva consiglio: priore, che devo fare io? Stava per rispondere a questa Nadia una bambina di 14 anni, Carla, perché lui era malato e la maestra disse: non può rispondere Carla, risponda lei priore. Il priore si alza a fatica e scrive una delle più belle lettere della letteratura italiana, per lo spirito profondo che comunica a Nadia, l'idea dell'insegnamento che non si può ridurre a una professione ma deve chiamarci in causa come esseri umani, se parli con il tuo maestro interiore puoi scoprire il futuro che c'è negli occhi dei tuoi studenti e che loro non conoscono, ma sei tu a scommettere sui loro futuri.

L'insegnamento non si può ridurre a una professione ma deve chiamarci in causa come esseri umani. Se parli con il tuo maestro interiore puoi scoprire il futuro che c'è negli occhi dei tuoi studenti e che loro non conoscono, ma sei tu a scommettere sui loro futuri.

Eraldo Affinati

Mohamed, Kalir, Komar, sono i ragazzi di Barbiana di oggi, che hanno lo stesso problema che avevano i ragazzi del Mugello: imparare la lingua italiana. Io ho sempre insegnato italiano e storia negli istituti professionali, a un certo punto sono andato a insegnare alla Città dei Ragazzi di Roma e ho conosciuto questi minorenni non accompagnati, i ragazzi di Barbiana di oggi, lì capivo che il Mugello stava davanti ai miei occhi, stava in Africa e in Asia, come ha detto lo stesso don Milani in "Lettere a una professoressa". Quello che ha indignato don Lorenzo Milani quando vide la povertà dei suoi studenti toscani oggi deve indignare noi quando vediamo arrivare tutti i giorni i minorenni non accompagnati! Stiamo vivendo un momento storico molto difficile e la scuola oggi deve recitare un ruolo fondamentale in Italia e in Europa, perché noi abbiamo costruito l'Umanesimo, il Rinascimento e abbiamo inventato lo spirito critico e non possiamo limitarci a prendere ordini da Maastricht.

Il grande tema di don Lorenzo Milani è l'uguaglianza delle posizioni di partenza: se tu valuti solo il traguardo raggiunto ma non vai a premiare il movimento fatto dai tuoi studenti, questa sfida di don Lorenzo resta lettera morta. Non puoi mettere sullo stesso tavolo ragazzi diversi tra loro, non puoi mettere Petrit, con la mamma rumena, nato a Roma insieme a Giulia del liceo Virgilio di Roma a fare gli stessi test! No, devi calcolare la posizione di partenza e devi capire che, d'accordo, dobbiamo valutare la scuola, ma inventiamoci pure qualche strumento più sofisticato di questi test a risposta multipla che ci vengono propinati ogni giorno! Leggi i “Promessi sposi” e rispondi a questa domanda, don Abbondio era: a) pavido? b) impavido? c) spericolato? Ci sono tempi e forme di apprendimento diverso e non si può fare una domanda uguale per tutti, ci sono domande legittime e illegittime… Sono tutte cose che per noi che siamo qui a questo convegno potrebbero essere archeologia, ma come mai nei consigli di classe ce le ritroviamo come spine queste cose e non sappiamo come fare?

Ci sono tempi e forme di apprendimento diverso e non si può fare una domanda uguale per tutti, ci sono domande legittime e illegittime… Sono tutte cose che per noi che siamo qui a questo convegno potrebbero essere archeologia, ma come mai nei consigli di classe ce le ritroviamo come spine queste cose e non sappiamo come fare?

Eraldo Affinati

Io sono un insegnante un po' inquieto e con mia moglie abbiamo inventato la scuola Penny Wirton, una scuola di italiano per immigrati: “Penny Wirton” è il titolo di un romanzo di Silvio d'Arso un grande scrittore italiano, “Penny Wirton e sua madre” era un romanzo per ragazzi, parla di un bambino che non conobbe mai suo padre, un orfano, i nostri studenti sono minori non accompagnati, bambini che arrivano in Italia e non sanno qual è il loro destino. Ieri Mustafà ci ha detto: in questo zainetto mi porto tutto, se lo lascio al Centro di pronta accoglienza me lo rubano ma io ho tutta la mia vita qui dentro. Lui è afgano e ha la mamma in Pakistan. Penny Wirton parte dall'idea di essere 1 a 1, senza classi, senza voti e senza registri. Significa che ti devi mettere davanti a Francisca, Tatiana, Mohamed, e partire dalle loro esigenze. Abbiamo scritto due volumi, io e mia moglie, “Italiani anche noi”, in cui usiamo questi testi con tanti esercizi, pochi disegni, poca grammatica, fatti appositamente per quei ragazzini che non hanno mai tenuto una penna in mano nella lingua madre e devono cominciare a farlo per la prima volta nella nostra lingua. È una cosa enorme! L'idea che un ragazzo che viene dall'Afghanistan a piedi, che ha attraversato l'Africa e il deserto del Sahara e te lo racconta in uno schema verbale che è il suo, non il tuo. I grandi maestri del Novecento ci hanno spiegato che la lingua è la casa del pensiero, quindi non è solo un veicolo di comunicazione, è qualcosa di molto più profondo: perché se noi non avessimo un sistema verbale ben collaudato, che senso avrebbe la nostra emozione? Sarebbe un grumo emotivo ma non sarebbe strutturato, espresso, rappresentato. La lingua italiana non è solo una lingua, diventa lo strumento per diventare grandi, adulti.

Insegnare la lingua italiana a questi immigrati, uno a uno, è una cosa grossa: significa consegnare il testimone, significa anche questo, perché in fondo il vero significato dell'insegnante, come ho pensato una volta in Africa quando un mio studente mi ha messo in mano un bambino appena nato, il significato dell'insegnamento è baciare il futuro, accettare la morte, consegnare il testimone e significa una cosa molto forte che noi come insegnanti siamo chiamati a fare, tutti i giorni, nell'errore continuo, perché non possiamo essere perfetti, quindi ti scopri, ti esponi, e devi essere lucido, fermo, equilibrato perché i ragazzi percepiscono il tuo problema e immediatamente se ne approfittano e come diceva don Lorenzo devi essere pronto, capace di essere forte anche di fronte a loro. Adulti credibili. Poi conosciamo i genitori dei nostri studenti e capiamo tante cose dei nostri studenti! Tante volte quando li vediamo in classe o nei ricevimenti, capiamo tutto e ci rendiamo conto che se il peggiore dei tuoi studenti compie un passo in avanti rispetto alla famiglia da cui proviene, proprio quello che avresti messo all'ultimo banco, è una cosa grandissima.

Questa Penny Wirton ci sta appassionando perché vogliamo fare in modo che questa scuola non resti in una sperimentazione esterna ma entri dentro la scuola pubblica attraverso i tirocini formativi. Noi a Roma abbiamo fatto decine di protocolli di intesa tra la Penny Wirton e i licei, gli istituti tecnici e le scuole professionali che ci mandano i loro studenti a fare Alternanza Scuola-Lavoro, dopo una opportuna formazione (questa esperienza è una delle best practices raccontate sul numero di VITA di novembre, "La scuola va al lavoro", ndr). Così Giulia, del liceo Virgilio, può insegnare la lingua italiana a un coetaneo bengalese, facendo una esperienza di realtà potentissima. E quando torna in classe Giulia è come una bomba, come una dinamite rispetto al sistema che si trova a vivere. Lei che ha vissuto l'esperienza del coetaneo bengalese, dinanzi allo schema del voto, della verifica, comunica alla sua professoressa il senso di inadeguatezza di questo schema chiusa, della campanella, del voto e del tempo chiuso. Ecco la ragione per cui noi la Penny Wirton cerchiamo di introdurla dentro lo spazio istituzionale. Questo è l'obiettivo. Abbiamo fatto in modo di raccontare questa nostra scuola in dieci puntate che andranno onda a partire da gennaio su Tv2000, ogni domenica, racconteranno dieci Penny Wirton italiane, da Milano a Bari, da Colle Val d’Elsa a Roma a Udine. Se volete c’è un promo di 5 minuti, che dicono il senso di questo sogno di un'altra scuola.

Questo testo riprende l'intervento che Eraldo Affinati ha tenuto a Rimini, in occasione del XI Convegno "La qualità dell'inclusione scolastica e sociale".


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