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Arriva l’Osservatorio sulla promozione sportiva del Csi. Ma la politica continua a latitare

L’intervista al presidente nazionale, Vittorio Bosio che non ha dubbi: «Servirebbe costituire con risorse proprie e strumenti legislativi un vero e proprio Ministero dello Sport. La politica si deve responsabilizzare»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Non ho alcuna intenzione di tornare sul tema dei mondiali di calcio e sul terremoto provocato dall’esclusione della nostra Nazionale dalla competizione che si disputerà in Russia l’anno prossimo. Spiace, sicuramente, ma non mi sembra un bello spettacolo quello scatenato nella ricerca dei capri espiatori». Esordisce così il presidente nazionale del Csi, Vittorio Bosio, alla vigilia della presentazione alla Camera dei Deputati dell’Osservatorio permanente sulla promozione sportiva, che intende analizzarne il reale impatto economico e sociale in Italia. Ma aggiunge: «Ci sono indubbiamente delle responsabilità che in parte sono già state chiarite e in parte lo dovranno ancora essere».


Il 2017 è stato un anno intenso per lo sport: a gennaio il Coni ha ristretto il novero delle discipline sportive a 385; in agosto è entrato in vigore il nuovo Codice del Terzo Settore, che interesserà in modo importante l’attività sportiva; a fine ottobre il Ministro dello Sport ha introdotto consistenti misure di riforma e di investimento…
È evidente il protagonismo “sportivo che abbraccia tutta la società civile influenzandone mode, usi, costumi, ma anche vita vissuta e aspirazioni, in particolare dei giovani. Ma è altrettanto evidente la confusione tra chi deve governarne i processi, svilupparne i contenuti, garantirne la fruibilità per tutti e a tutte le età.

Voi dello sport legato al volontariato però, per assurdo, siete in qualche modo la parte trainante del sistema…
Quello sportivo è un sistema complesso, articolato in più forme che vanno dal professionismo al dilettantismo, dallo sport istituzionale alle nuove dinamiche aggregative, toccando ambiti vitali quali la salute, il benessere, il gioco, le relazioni, persino le regole. La crescita del movimento sportivo è l’ennesimo buon segnale che va colto e il merito certamente è quasi tutto della rete associativa di base che è diffusa in tutti i quasi ottomila Comuni d’Italia

Rete di base che però si confronta da anni con un sistema legislativo sempre più complesso, spesso difficilmente interpretabile proprio perché consolidato in decenni di correttivi normativi, senza una legislazione organica di sistema. Come se ne esce?
È da qui che dovrebbe partire ogni riforma sullo sport dove si dovrebbe prendere spunto per le leggi Finanziarie, le linee guida Coni ma anche il Terzo Settore. La fitta rete delle società sportive minori, rappresentate da enti di promozione sportiva come il Centro Sportivo Italiano, ha sviluppato capacità di proporre e gestire lo sport a livello base. Che non vuol dire meno importante, perché bisogna intendersi su cosa sia veramente importante.

Per voi cosa lo è?
Per noi più di ogni altro aspetto contano la formazione, l’educazione, la condivisione, la qualità di una proposta a misura di persona. Per fare ciò non è necessario essere dei professionisti, ma bisogna essere più attenti a sviluppare e governare i fenomeni culturali, sociali, relazioni che rappresentano la vita di ogni giorno della nostra gente. I dirigenti e i moltissimi volontari che rappresentano le colonne portanti del CSI, sanno gestire impianti, qualificare servizi ed educatori, tenere in equilibrio i conti, rispettare norme anche se sempre più in contrasto con la realtà.

A dirla tutta qualche intervento nella Legge di Bilancio era stato previsto, o no?
Sì, va riconosciuto al Ministro Lotti di averci provato, di avere proposto in finanziaria degli interventi di armonizzazione del sistema sportivo esistente, oltre a qualche risorsa di sistema: è la prima volta da anni.

Ma non basta…
C’è ancora molto da fare: va chiarito chi fa che cosa, in che modo, con quali risorse e quali finalità, ma è ormai assodato che oggi l’impegno deve essere “di sistema”: compiti diversi ma convergenti verso un unico fine. Bisognerebbe introdurre un “fattore sport” (i giovani direbbero “S Factor”) per sostenere lo sport come elemento fondamentale della vita delle persone e delle comunità in un concetto più ampio di benessere e di corretti stili di vita: con queste premesse tutte le nuove forme associative ed economiche, compresa la società sportiva lucrativa, avrebbero un significato chiaro e ben definito. Oggi rischiamo di fare competere tra loro vari sistemi sportivi che invece che definire i contorni di possibili alleanze, rimarcano con forza le rispettive distinzioni.

E come si può raggiungere un risultato simile?
Occorre una responsabilizzazione della politica in materia di sport. Potrebbe essere forse utile costituire con risorse proprie e strumenti legislativi un vero e proprio Ministero dello Sport, come del resto va riconosciuta e potenziata l’azione sociale ed anche economico/sociale dello sport, trasversale alla maggior parte delle politiche pubbliche e private, con una forte vocazione all’interno del Terzo Settore italiano. Giochiamo per vincere la nostra sfida più grande: una nazione sportiva a misura di persona.



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