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Traineeship, 300 studenti nella motor valley italiana

Promosso da Miur, Indire e Federmeccanica, è uno dei 16 progetti “Campioni dell’Alternanza”, con l’ambizione di indicare un modello trasferibile. Ne abbiamo parlato con Filippo Di Gregorio direttore risorse umane di Dallara, capofila delle aziende partecipanti in vista degli Stati Generali dell'Alternanza Scuola Lavoro del prossimo 16 dicembre

di Sara De Carli

Trecento studenti (292 per l’esattezza) in tre anni: tanti sono i ragazzi che attraverso il progetto Traineeship faranno alternanza scuola lavoro nella motor valley emiliana, nei settori della meccanica, dell'elettronica e dell'automazione industriale. Traineeship, promosso da Miur, Indire e Federmeccanica, è uno dei 16 progetti “Campioni dell’Alternanza”, con l’ambizione di indicare un modello trasferibile. I primi 114 studenti hanno già fatto la loro esperienza nell’anno scolastico 2016/17, altri 114 la faranno quest’anno. L’impresa che tiene le redini del progetto è Dallara, l'azienda costruttrice di automobili da competizione fondata nel 1972 a Varano de' Melegari (Parma). Filippo Di Gregorio, direttore delle Risorse Umane, va dritto al sodo: «Quello che stiamo facendo, lo facciamo per interesse. In una competizione globale la sfida non è tra singole imprese, ma tra sistemi territoriali. In una visione sistemica è chiaro che un’azienda è competitiva soltanto se tutto il territorio è competitivo».


Quindi investire nell’alternanza è un modo per garantirsi la competitività futura?
Essere competitivi significa avere in azienda persone competitive e questo implica necessariamente investire nella formazione, far crescere tecnici specializzati che nel prossimo futuro saranno pronti ad entrare nelle imprese del territorio. La diffusione della cultura tecnico-scientifica e l’integrazione tra istruzione, educazione, formazione innovativa e tessuto economico-produttivo rappresentano un fattore strategico per mantenere o accrescere la competitività del territorio della Val Ceno, non solo di Dallara, sui mercati internazionali.

La peculiarità di Traineeship sta nell’essere una proposta di rete: come funziona?
Molti dei progetti che vengono portati come esempio di “buona alternanza” sono fatti da aziende di grandi dimensioni, realtà che da sole riescono ad accogliere centinaia di studenti. Traineeship invece ha creato una rete di imprese, con una quindicina di aziende del territorio attive in settori affini, della meccanica, dell'elettronica e dell'automazione industriale. I trecento studenti partecipanti sono tutti dell’IISS Berenini di Fidenza, baricentrico rispetto ai soggetti della rete, e andranno nelle varie aziende, scelte a seconda dell’indirizzo frequentato. Il nostro modello dice al contesto italiano, fatto al 90% di Pmi, che anche le aziende più piccole possono fare un buon progetto di alternanza.

Che attività svolgono i ragazzi?
A seconda dell’indirizzo frequentato e della vocazioni dei ragazzi – c’è chi vuole sporcarsi le mani e chi è più orientato alla progettazione – vengono inseriti nelle aree tecniche, nella progettazione e anche nell’area produttiva. I ragazzi non vengono in azienda per guardare: operano, fanno esperienza, è un learning by doing. È chiaro che il livello di operatività sulle macchine è limitato perché ragazzi di 16/17 anni non hanno l’autonomia che permette loro di lavorare su macchine utensili a controllo numerico complesse: i ragazzi in alternanza non sono produttivi come degli operai e non lo possono essere, perché su macchine del genere anche un neoassunto ci mette dei mesi ad essere produttivo. È impensabile che si possa realisticamente pensare all’alternanza in questo modo, a meno di voler fare strumentalizzazioni.

La buona alternanza prevede una reale co-progettazione con le scuole: voi come fate?
Ci siamo messi a tavolino, imprese e scuole, e abbiamo lavorato sulle vocazioni produttive del territorio. Insieme abbiamo individuato le competenze verticali e traversali che gli studenti devono sviluppare al termine dell’alternanza. Quelle verticali sono la conoscenza del disegno tecnico e della modellazione solida tridimensionale, la programmazione di macchine utensili a controllo numerico, il montaggio e la manutenzione macchine, la programmazione informatica C++, la robotica e la stampa 3D. Per le competenze trasversali, la conoscenza dell’inglese tecnico, il lavorare in gruppo, lo spirito iniziativa e il senso di responsabilità. La co-progettazione è essenziale, noi lavoriamo solo in quest’ottica e non da oggi: già nel 2012 insieme all’IIS Gadda di Fornovo e ad altre imprese abbiamo costituito un Comitato Tecnico Scientifico, il primo della provincia di Parma, che ha funzioni consultive e propositive per un più efficace raccordo tra gli obiettivi didattici e formativi e le esigenze del territorio, relativamente ai fabbisogni produttivi: successivamente abbiamo contribuito alla creazione di altri due CTS, uno insieme all’IISS Berenini di Fidenza e con lo Zappa-Fermi di Borgotaro. Ad esempio curiamo noi la certificazione di competenze per l’inglese, l’informatica e il disegno 3D degli studenti di queste scuole. Adesso con la 107 tutti ci chiamano e ci chiedono di fare da struttura ospitante, ma un lavoro a “spot” non è per noi.

Però c’è chi dice che così la scuola si appiattisce sul fabbisogno produttivo delle imprese…
A furia di denigrare, non si fa niente per cambiare le cose. Se la scuola ritiene di essere a posto, lasciamo tutto com’è. Peccato che gli imprenditori invece non siano contenti della formazione dei ragazzi che escono da scuola. Forse questo ponte è ora di cominciare a costruirlo.

C’è corrispondenza fra le aspettative dei ragazzi e il progetto proposto? Che giudizio danno? Insieme, i tutor (noi ne abbiamo 4 o 5) e i professori cercano di capire le attitudini e le aspirazioni di ciascuno, senza forzature, se uno vuole andare nell’area tecnica non lo mettiamo nell’area produttiva. Anche se poi succede che i ragazzi scoprono mondi che non si aspettavano e passioni che non pensavano di avere e chiedano di cambiare area.

Una delle attese dei ragazzi e delle famiglie, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, è quella dell’occupabilità: avete assunto qualche ragazzo che ha fatto alternanza da voi?
È accaduto ma non attraverso il progetto Traineeship. Dallara come gruppo negli ultimi dieci anni è passato da 100 a 600 dipendenti, in 9 casi su 10 sono neodiplomati o neolaureati, l’età media nel gruppo è di 34 anni. Negli ultimi dieci anni abbiamo fatto 300 fra stage e tirocini per neodiplomati o neolaureati e al 90% è stato offerto un contratto: mi piace ricordare in particolare Alessandro, che ha fatto da noi il tirocinio dell’ITS, eravamo a fare orientamento ai ragazzi delle superiori, lui ha portato la sua testimonianza e ha detto che il suo sogno sarebbe stato quello di lavorare in Dallara, nell’assemblaggio delle vetture. Non sapeva che avevamo già deciso che per noi poteva essere assunto il giorno dopo il diploma, a quel punto gliel’ho detto lì davanti a tutti… Oggi lavora all’assemblaggio della nostra prima vettura stradale, che consegneremo dal 16 novembre 2017. Questo per dire che stiamo lavorando a 360 gradi, dalle medie all’università, con l’IIS Gadda da due anni abbiamo in corso un’esperienza di apprendistato di primo livello, per sei studenti che faranno la maturità a giugno 2018, finiranno la scuola con già in mano un contratto. Siamo anche fra i fondatori della Fondazione ITS Maker, che raggruppa tutti gli ITS della Meccanica dell’Emilia-Romagna, e di MUNER, la Motorvehicle University of Emilia-Romagna, che nel 2018 avvierà due corsi di laurea magistrali legati ai motori, internazionali: Muner è nata da nove prestigiose aziende della Motor Valley (Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas F1 Team, Coxa, Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso) e quattro università (Università di Bologna, Università di Ferrara, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Parma) che insieme hanno ideato un percorso di formazione d’eccellenza: il corso di laurea dell’indirizzo in Racing Car Design di svolge fisicamente nella nostra sede.

Che cosa potrebbe essere migliorato nell’alternanza?
Fra le scuole e le imprese c’è una distanza, è innegabile: a volte ci sembra di avere obiettivi diversi, ma forse non lo sono. Noi abbiano bisogno di ragazzi formati e appassionati e la scuola di formare persone pronte a entrare nel mondo lavoro. Abbiamo però linguaggi diversi e l’unico modo per costruire un linguaggio comune è quello di sedersi allo stesso tavolo e co-progettare. Se la scuola pensa di continuare a preparare i ragazzi come ha sempre fatto e poi di mandarli qualche ora in azienda, perché c’è l’obbligo, alle aziende non interessa. La scuola deve provare ad avere un approccio diverso, cambiamento vuol dire fare le cose diversamente da oggi.


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