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Un presepe cherokee per Napoli

È esposto al museo Madre ed è stato realizzato da un artista attivista, Jimmie Durham. Rispetta in pieno la configurazione tradizionale, ma è lavorato con i materiali più semplici: una radice di ulivo e la pietra grezza

di Giuseppe Frangi

Un presepe indiano a Napoli. Indiano perché il suo autire Jimmie Durham è un attivista dell’American Indian Movement, associazione a sostegno dei diritti dei Nativi Americani. Per tanti anni si è dedicato all’attività politica diventando acnhe direttore dell’International Indian Treaty Council e rappresentante delle Nazioni Unite.

Il suo Presepe, nella città che è “la capitale” dei presepi, è esposto in un museo, quello di arte contemporanea che si trova nelle strutture attorno alla chiesa di Donnaregina: il Madre. È una composizione che rispetta la caratteristica configurazione del Presepe napoletano, in cui la nascita del bambino Gesù è ambientata nello scenario della città contemporanea attorniata da numerose figure popolari. Durham riesce a rievocare la storia di una fra le più antiche tradizioni artigianali campane e a rendervi omaggio, dando vita ai suoi protagonisti e al paesaggio con le stesse materie, il marmo e il legno policromo, usato dai primi scultori che raffigurano la natività. La struttura del Presepe è un frammento di una radice d’ulivo che diviene il cuore pulsante della scena, il fulcro attorno al quale tutti i personaggi si raggruppano nella celebrazione del più naturale degli eventi umani, una nascita, che nell’abbagliante semplicità del suo accadimento riesce a cambiare le sorti del mondo più di qualsiasi altro evento rivoluzionario.

La diversità che Durham apporta dalla sua cultura è il rapporto con i materiali naturali, che vengono scelti per affinità con le singole figure e vengono lavorati secondo un processo di semplificazione proprio di culture che hanno saputo conservare una grande genuinità. Per Durham la pietra grezza rappresenta la massima espressione della forma scultorea, proprio per quella sua natura: la pietra infatti è come se avesse assorbito il tempo. Come se fosse impregnata di tutto il tempo che ha attraversato. In questo modo Durham riesce a rievocare la storia di una fra le più antiche tradizioni artigianali campane e a rendervi omaggio, conferendo al presepe una spiritualità arcaica e intima. È un Presepe che pur rispettando le forme della tradizione, è un presepe aperto sul mondo. «Ho sempre trovato strano che non guardiamo al globo nel suo insieme, ma a tante mappe, di solito focalizzate su Stati Uniti ed Europa, una penisola grande come il Ciad», ha spiegato Durham. Lui ha sempre prestato grande attenzione alle tradizioni popolari, tanto che ha ammesso un suo sogno: « A me piacerebbe davvero costruire un museo europeo basato non sulle nazioni, ma sui popoli. Senza parodia. Il folklore mi affascina, fino a che non diventa merchandising turistico o politico».


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