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Alias, ora lo sport è davvero per tutti

Lanciata dall’Unione Italiana Sport permette alle persone che stanno effettuando il cambio di sesso di poter continuare a fare attività motoria senza discriminazioni. «Un’azione importante per il riconoscimento delle persone trans nel mondo sportivo», sottolinea Manuela Claysset, responsabile politiche di genere Uisp

di Mara Cinquepalmi

Le Olimpiadi 2016 di Rio hanno segnato uno spartiacque nella storia dello sport. Per la prima volta il Comitato Olimpico Internazionale ha permesso la partecipazione ai Giochi degli atleti transgender senza la necessità dell’intervento chirurgico. Una rivoluzione per il rigido mondo del Cio che solo ai Giochi di Londra del 2012 ha permesso alle donne di partecipare a tutti gli sport. Una tappa di un lungo percorso di discriminazione che costella la storia dello sport.

Una piccola rivoluzione è anche quella lanciata dalla Uisp. L’Unione Italiana Sport per tutti ha promosso una forma di tesseramento che va oltre i pregiudizi e le discriminazioni. Si chiama Alias e da qualche mese permette alle persone che stanno effettuando il cambio di sesso di poter continuare a fare attività motoria senza discriminazioni. Alias è un tesseramento temporaneo che consente al socio di avere accesso alla pratica sportiva e di poter godere di copertura assicurativa.

«Si tratta – racconta a Vita Manuela Claysset, responsabile politiche di genere Uisp – di un’azione importante per il riconoscimento delle persone trans nel mondo sportivo, quindi per chi ha avviato il percorso anagrafico anche se non ha terminato tutto l’iter».

È stata la base sportiva a sollecitare Uisp in questa direzione, anche se da tempo la Uisp è impegnata nella promozione delle pari opportunità nello sport e nella lotta alle discriminazioni di genere.

Ora per promuovere questa forma di tesseramento è stato realizzato uno spot, prodotto da Uisp e Gruppo Trans Bologna, che spiega passo passo come fare per avere Alias. Protagonista dello spot è Dario Sebastio, un ragazzo trans FtM (female to male) attivista del Gruppo Trans Bologna, mentre la regia è di Milena Bargiacchi. Ex pallavolista, Milena è la prima persona trans alla quale, dopo una sentenza di Corte d’Appello, è stato riconosciuto il cambio delle generalità sui documenti senza dover ricorrere all’intervento chirurgico.

«Ho dovuto abbandonare la pallavolo – racconta Bargiacchi – a causa di questo limbo squisitamente burocratico che mi vedeva donna nelle mie relazioni interpersonali di tutti i giorni e maschio sulla carta. Impossibile quindi per me continuare a praticare sport in un contesto maschile. Anche solo pensare di dover frequentare uno spogliatoio assieme ad altri maschi mi terrorizzava. Così come fu impossibile giocare in contesti femminili a causa dei documenti che riportavano un'identità maschile che ormai non sentivo più».

Una delle difficoltà maggiori per le persone trans che praticano sport è proprio la discrepanza tra documenti e identità percepita. “Una volta che lo Stato sancisce che la persona può accedere alla rettifica anagrafica dei documenti – continua Bargiacchi – il problema si risolve come per magia. Peccato che a volte passino anni tra l’inizio della terapia ormonale e il cambio effettivo dei documenti. Io ne ho impiegati otto”. Tempi lunghi che per uno sportivo sono insostenibili al punto che qualcuno abbandona. “Non tutte le persone trans – aggiunge – possono ad oggi permettersi una causa in tribunale che consentirebbe la rettifica anagrafica dei documenti e quindi per molte persone di fatto questa discrepanza non cessa mai di esistere”.

Il tesseramento Alias è iniziato con la stagione sportiva 2017/2018, quella in corso. «Per noi», conclude Manuela Claysset, «i numeri non sono tanto importanti, è il segnale invece che va dato. Crediamo sia una scelta coerente con i nostri valori e sta nel tema dei diritti allo sport che come associazione portiamo avanti».

«Ci rendiamo conto», aggiunge Milena Bargiacchi, «che la strada per avere pieno accesso alla pratica sportiva per le persone trans* e gender non conforming sia ancora lunga e tutta da costruire, ma siamo altresì convinti e ci auspichiamo che questo “piccolo” e fondamentale gesto di apertura da parte di una realtà sportiva come Uisp, oltre che favorire la pratica sportiva alle molteplici identità trans*, possa essere di esempio anche per altre società sportive che abbiano a cuore l’inclusione e le necessità delle persone lgbtqi all’interno delle loro strutture».

Perché lo sport è un diritto. Per tutti e per tutte.


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