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Così i robot stanno rivoluzionando la riabilitazione

Uno studio realizzato dalla Fondazione Don Gnocchi ha messo a confronto 250 pazienti trattati con riabilitazione robotica dopo un ictus con pazienti in condizioni analoghe ma trattati con la riabilitazione tradizionale, concentrandosi sul recupero dell'arto superiore. I risultati dicono con certezza che la riabilitazione robotica è efficace. «Siamo di fronte ad una rivoluzione della riabilitazione», commenta Irene Aprile. Un appello all'industria

di Redazione

La riabilitazione con i robot è certamente efficace nel recupero dell'arto superiore dopo ictus e per alcuni aspetti è anche più efficace della riabilitazione convenzionale, permettendo al paziente di raggiungere più velocemente gli obiettivi di recupero motorio. Sono questi gli esiti finali di uno studio realizzato dalla Fondazione Don Gnocchi, presentati venerdì scorso nel convegno “La tecnologia e la robotica in Riabilitazione”. La ricerca (qui i risultati parziali di un anno fa) ha messo a confronto i risultati raggiunti da pazienti trattati con le nuove tecnologie (più di 250) con i dati raccolti da pazienti trattati secondo le terapie tradizionali, sempre in Centri della Fondazione.

Che la riabilitazione con tecnologie robotiche sia efficace nel recupero delle funzionalità del braccio e della mano dopo un ictus è quindi assodato e addirittura per i movimenti di presa della mano, di flessione dell'avambraccio sul braccio e di abduzione della spalla la riabilitazione con tecnologie robotiche si è dimostrata più efficace della riabilitazione convenzionale, accelerando i tempi del recupero. Alcuni pazienti che hanno continuato a fare riabilitazione robotica hanno recuperato in modo importante e significativo anche a distanza di un anno dall'ictus, ad esempio riuscendo a fare di nuovo azioni quotidiane come afferrare una bottiglia o bere da soli.

Da più di un anno, in nove Centri della Fondazione Don Gnocchi in Italia sono utilizzati sistemi robotici che integrano e supportano il lavoro dei terapisti nella riabilitazione dell’arto superiore di pazienti colpiti da ictus o altre patologie neurologiche, con un’azione specifica sui movimenti di mano, polso, gomito e spalla. Le palestre robotiche sono state attrezzate dalla Don Gnocchi negli IRCCS di Milano e Firenze, nelle due strutture di Roma (“S. Maria della Pace” e “S. Maria della Provvidenza”), a Rovato (Bs), La Spezia, Fivizzano (MS), S. Angelo dei Lombardi (Av) e Acerenza (Pz): qui la migliore tecnologia oggi disponibile si sposa alla professionalità e all’esperienza di operatori esperti e formati. «Siamo di fronte ad una rivoluzione della riabilitazione», commenta Irene Aprile, medico neurologo e coordinatrice del Gruppo di Riabilitazione Robotica e Tecnologica della Fondazione Don Gnocchi. «L'attività del terapista viene sempre più mediata, supportata e valorizzata dalla tecnologia. Le evidenze raccolte con lo studio, insieme all’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di pazienti i benefici di una riabilitazione tecnologicamente assistita, non possono ora che coinvolgere le istituzioni e le imprese produttrici, chiamate a fare la loro parte per rendere accessibili i costi di una riabilitazione avanzata. Anche a fronte di scenari dove i bisogni sono sempre più diffusi. Alle realtà come la Fondazione Don Gnocchi, i centri clinici e di ricerca spetta invece il compito di misurare oggettivamente i risultati dei differenti percorsi riabilitativi e di proporre modelli organizzativi e di presa in carico economicamente sostenibili».

Il convegno di Roma ha visto anche il debutto in pubblico della professoressa Maria Chiara Carrozza, anch’essa esperta di robotica, nelle vesti di nuovo direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi. «Questo studio multicentrico – ha detto Maria Chiara Carrozza – valorizza il ruolo della ricerca scientifica in Fondazione Don Gnocchi: in primo luogo declinando il tema delle nuove tecnologie e della robotica, da cui oggi non possiamo prescindere anche in sanità, al servizio delle persone più fragili; poi esaltando l’importanza della ricerca traslazionale, che cioè abbia un’immediata ricaduta e beneficio nella prassi clinica; infine ricercando collaborazioni e partnership con soggetti esterni, siano essi le aziende produttrici dei dispositivi robotici o altre strutture di ricerca nazionali o internazionali».

Il consigliere delegato della Fondazione Don Gnocchi, Marco Campari, ha sottolineato come l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, su vasta scala e supportate dai dati di rigorosi studi scientifici «mette la Fondazione ai vertici in Italia nel campo della riabilitazione. Le malattie croniche e l’invecchiamento della popolazione rappresentano le sfide più urgenti e delicate della sanità dei prossimi anni e la “Don Gnocchi” si dimostra in grado, grazie anche al sapiente utilizzo della tecnologia, con progetti quali la robotica e la teleriabilitazione, di fornire risposte non solo efficaci, ma anche economicamente sostenibili».