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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ungheria: sotto assedio le associazioni che aiutano i migranti

Sarà votato nei prossimi giorni dal parlamento ungherese il pacchetto normativo che punta a colpire le Ong che si occupano di assistenza ai richiedenti asilo. Previste una serie di restrizioni e severe sanzioni detentive e monetarie. È l’ennesima minaccia alla società civile da parte del governo di Orbàn

di Ottavia Spaggiari

L’Ungheria si prepara ad un’ulteriore stretta delle libertà civili e dei diritti umani. Il governo ha infatti proposto una serie di nuovi provvedimenti legislativi anti-immigrati e anti-ong che puntano a colpire i gruppi impegnati a sostegno dei richiedenti asilo. Questo pacchetto normativo, che dovrebbe essere votato entro la prossima settimana, prevede una serie di restrizioni, tra cui l’obbligo di registrarsi con il Ministero dell’Interno, il divieto di accesso alle aree di confine e severe sanzioni detentive e monetarie per chi si occupa di assistenza ai migranti. Secondo Nick Thorpe, corrispondente della BBC in Ungheria, «è ancora difficile capire esattamente come questa legge sarà applicata nella pratica, ma in teoria anche passare un sandwich a qualcuno che viene giudicato dalle autorità come “illegale” o rappresentare legalmente una persona nel processo di richiesta di asilo, potrebbero essere atti considerati dal governo come “ostili”, per cui si potrebbe rischiare una multa e, potenzialmente, fino a 40 giorni di carcere nel caso il disegno di legge venga approvato senza modifiche».

Questi nuovi provvedimenti rappresentano l’ultima minaccia in una campagna intimidatoria contro la società civile che dura da anni. Esattamente un anno fa veniva infatti approvata la “Legge sulla trasparenza delle organizzazioni finanziate dall’estero” che introduceva una serie di onerosi adempimenti amministrativi per le Ong che ricevono finanziamenti internazionali, la maggior parte delle quali è impegnata a favore delle libertà civili e dei diritti umani.

Il nuovo pacchetto normativo anti-migranti era già stato proposto all’inizio di febbraio, in campagna elettorale, ma l’approvazione necessitava di un’ampissima maggioranza, che il governo sostiene di riuscire a garantire oggi, dopo che, alle elezioni di aprile, il partito di Orbàn ha riportato una vittoria dei due terzi.

I nuovi provvedimenti fanno parte nell’ambito di una serie di pacchetto legislativo proposto proprio prima del voto e definito “stop Soros laws”, letteralmente “leggi anti-Soros”, il magnate e attivista-filantropo di origini ungheresi sostenitore di diverse iniziative a favore dei diritti umani, tra cui Open Society Foundations. Gran parte della campagna elettorale del partito di Orbàn si era concentrata proprio sul tema “migrazione” e sui ripetuti attacchi ai media indipendenti e alle Ong, dipinti come i protagonisti di un complotto che avrebbe visto Soros promotore di un esodo di massa di migranti dall’Africa all’Ungheria.
In un comunicato, l’Hungarian Helsinki Committee, l’organizzazione che si occupa del monitoraggio dei diritti umani, tra le poche rimaste ad offrire assistenza ai migranti in Ungheria, aveva commentato così il trionfo di Orbàn: «gli ultimi decenni hanno dimostrato l’importanza e il frutto del nostro lavoro. Cosa che diventa ancora più importante oggi che un governo senza scrupoli ha ottenuto il potere illimitato di modificare la costituzione, di continuare a smantellare lo stato di diritto e limitare in modo arbitrario i diritti umani».

L’obiettivo dichiarato della nuova legge sarebbe proprio colpire le organizzazioni che “sostengono l’immigrazione di massa”, anche se in realtà il numero di migranti in Ungheria è fortemente limitato, soprattutto se paragonato a quello di altri Paesi europei. Basti pensare che a fine 2017, secondo l’Asylum Information Database, le richieste di asilo sono state 3.397 e la percentuale di dinieghi è stata del 69.1%.

La costruzione di una vera e propria barriera al confine con la Serbia e con la Croazia nel 2015 è stata la traduzione visiva di una politica di profonda chiusura che in Europa ha preso la forma di una fortissima opposizione al sistema di distribuzione delle quote. L’Ungheria ha inoltre bloccato i flussi con la creazione delle cosiddette “zone di transito”, ovvero due checkpoint ai confini meridionali del Paese, definiti dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dei veri e propri “centri di detenzione”, qui infatti vengono detenute le persone in attesa che vengano processate le richieste di asilo.

Ingressi dunque centellinati del Paese, tanto che l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, «Da metà gennaio 2018 solo ad una persona al giorno è stato permesso l’ingresso in Ungheria in ogni zona di transito, il che si traduce in un ulteriore allungamento del periodo di attesa in Serbia (che è già di un anno)».


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