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Arché reagisce al caso Aquarius: “Aprite quei porti!”

«Dateci dei buonisti, ma poi aprite quei porti», dicono dalla Fondazione. «Le politiche si discutono ai tavoli. Fare morire i disperati, prigionieri di un lembo di mare senza approdo che rischia davvero di diventare un acquario, è un ricatto criminale, di cui il Ministro dell’Interno si sta facendo carico sostenuto da quel 17% di italiani che lo hanno votato, e da quel 33% che ha votato il Movimento alleato»

di Redazione

«Dateci dei buonisti, ma poi aprite quei porti», dicono dalla Fondazione Arché. Le politiche si discutono ai tavoli. Fare morire i disperati, prigionieri di un lembo di mare senza approdo che rischia davvero di diventare un acquario, è un ricatto criminale, di cui il Ministro dell’Interno si sta facendo carico sostenuto da quel 17% di italiani che lo hanno votato, e da quel 33% che ha votato il Movimento alleato.

Per come funzionano i giorni nostri questo è un modo facile per ottenere un consenso sempre maggiore: la soluzione semplicistica la capiscono tutti, sta in un tweet, la si può ripetere al bar, a scuola, in ufficio, dimostrando di avere a cuore l’interesse nazionale. “Chiudiamo i porti così non entrano in Italia, vediamo adesso cosa fanno”.

Infatti molti politici nei talk prendono parola esordendo con “Posso dirle una cosa?” oppure “Le dico una cosa”, perché il messaggio deve ridursi ad una cosa, uno slogan.

E quando per arrivare a guidare le sorti di una nazione ci s’inventa un nemico e lo si sceglie debole e indifeso, si aizzano i penultimi contro gli ultimi, allora la dignità umana ha perso.

Non sentiamo la voce del Capo del Governo Italiano, che con un tweet cerchiobottista sottolinea come l’Italia venga lasciata sola dall’Europa e quindi l’Italia lascia sole le 629 persone dell’Aquarius. Inviamo due motovedette con medici a bordo pronti a intervenire. Pronti a intervenire.

Ma “è finita la pacchia”, “il business dell’immigrazione”, “prima gli italiani” sono espressioni xenofobe, e permettono di godere del consenso popolare quando impedisce di attraccare ad una nave che trasporta 123 minori e 7 donne incinte.

Queste nostre parole sono delegittimate in partenza, perché provengono da una Onlus, un’organizzazione non a scopo di lucro. E siccome c’è chi ritiene inconcepibile che esistano realtà professionali che non sono a scopo di lucro, tutte le Onlus sono imputate di sfruttare la disperazione dei migranti. In un capovolgimento delle parti che ci atterrisce, ma che non ci vedrà composti e silenti.

Perché se ci neghiamo la compassione, l’empatia, l’istinto a volere che all’altro che non sono io le cose vadano meglio, negheremmo noi stessi. Forse saremo sempre meno ma non è questo il punto. Il punto è che saremo sempre qui, a fianco di mamme e bambini. A noi spetta presidiare la vita e la dignità di ogni persona, oltre i trattati, oltre i confini.

Proviamo ad immaginare che su quella nave potremmo esserci noi, o i nostri figli, e allora vi diciamo due cose: dateci dei buonisti, ma poi aprite quei porti.

Fondazione Arché Onlus aderisce al presidio organizzato per domani 11 giugno da – Insieme senza Muri – in Piazza della Scala a Milano alle ore 18:00.