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Amref: «La buona integrazione? Si fa con i veri numeri»

Parla Guglielmo Micucci direttore di Amref new entry del Comitato Editoriale di VITA: «Vogliamo dare un contributo culturale al dibattito pubblico per cambiare la narrazione sul tema dell’immigrazione. Per questo nei prossimi anni proseguiremo a parlare della migrazione con dati, storie e buone pratiche, come abbiamo iniziato a fare con Voci di Confine.»

di Lorenzo Maria Alvaro

Amref Health Africa – Italia è entrata a far parte del Comitato Editoriale di VITA. Una scelta che il direttore Guglielmo Micucci spiega chiarendo come «la comunicazione è una delle forme della nostra solidarietà. Informare chi ci è accanto – donatori, volontari, giornalisti e tutti gli altri – su quale è la nostra visione del mondo e su come vogliamo perseguirla è sostanziale per noi». Amref è una organizzazione non governativa che «si adopera per un mondo in cui la salute sia un diritto universalmente riconosciuto ed esercitato, garantito in modo equo e duraturo, è quello che vogliamo, lavorando con metodi e competenze maturate in Africa». Gli obiettivi? Micucci li riassume così: «Individuare ed eliminare le cause che impediscono un accesso equo e universale alla salute e al benessere individuale e delle comunità africane, con particolare attenzione a donne, bambini e adolescenti in contesti fragili e marginalizzati, in Africa e in Italia». Al centro dell’impegno, dal 1957, anno di nascita di Amref in Kenya, il protagonismo delle comunità e il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali. «Oggi a distanza di oltre 60 anni, comunicare un'Africa che ha le risorse – non solo economiche – per farcela è un impegno e, in questo momento storico, un dovere», sottolinea il direttore. L’intervista


Parla di comunicazione come forma di solidarietà. In che senso?
Storicamente Amref ha sempre usato la comunicazione per avvicinare culture e continenti. In tempi non sospetti, già circa 20 anni fa, provavamo a raccontare un’Africa diversa. Abbiamo sempre voluto far passare attraverso la nostra comunicazione attenzione ad argomenti che per noi sono importanti.

Ed è questo il motivo per cui avete scelto di entrare nel Comitato Editoriale di Vita?
Si, ma c’è anche un’altra grande componente: la situazione attuale. Non mi riferisco alle ultime settimane ma agli ultimi anni. È fondamentale riuscire a riavvicinarci al mondo, non solo delle ong, ma della società civile tutta, per fare massa critica e provare ad arginare la narrazione comune sui temi della cooperazione e delle migrazioni. Aprirsi agli altri è diventato per noi un tema prevalente. La speranza è che aderire alla piattaforma di VITA ci permetta di dare un contributo di riflessione culturale al dibattito pubblico. Questi sono i motivi che ci hanno portati a fare questo passo.

Qual è il principale cambiamento comunicativo che è necessario fare secondo lei?
Quello che abbiamo operato in primo luogo noi di Amref. Ci siamo sempre occupati dell’Africa. Ormai da tempo ci occupiamo degli africani. Perché in tanti oggi sono in Italia e in Europa. E proprio su questo aspetto la sfida di provare a costruire una percezione diverse è enorme. Un lavoro culturale sostanziale per facilitare processi di integrazione.

Rispetto alla nuova rotta del Governo italiano sul tema delle operazioni di ricerca e soccorso e nel rapporto con le ong che cosa pensa?
Siamo allineati alle altre organizzazioni. Noi non abbiamo operato nel Mediterraneo per una questione di risorse. È certo che il diritto di essere soccorsi vada assolutamente garantito. Quello che bisogna capire è che il processo migratorio è inevitabile. Non può essere interrotto o deviato. Può solo essere governato. Questa per gli addetti ai lavori è una banalità. Ma a quanto pare invece serve ricordarlo. Siamo naturalmente preoccupati di quelli che accade: vediamo un deterioramento in primo luogo culturale. Bisogna tornare ai dati e alla realtà e uscire da questa bolla mediatica.

Quali sono gli appuntamenti più importanti del 2018 di Amref?
Dopo aver celebrato i nostri 60 anni nel 2017, facendo emergere tanti successi e progetti sanitari riusciti di cooperazione in Africa, nel 2018 abbiamo in programma una serie di iniziative sull’Africa che, per la prima volta, non si limitano a parlare dell'Africa ma si aprono all'Africa, coinvolgendo cioè agli africani qui in Europa.

Lei continua a sottolineare come la narrazione abbia una ricaduta reale. Può fare un esempio?
Certo. Pensiamo allo Ius Soli. Tutto il dibattito sulla cittadinanza è stato legato al tema degli sbarchi. Si è costantemente fatta confusione sui media tra immigrati e profughi. Mentre è del tutto evidente che era un argomento che riguardava immigrati che sono qui in Italia da tanto tempo.


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