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Cooperazione & Relazioni internazionali

Le ong a Conte: «Giusto superare Dublino. Ma serve un cambio di paradigma»

Con una lettera aperta il Coordinamento Italiano ONG Internazionali e Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale hanno scritto al Premier in merito alla proposta italiana per il prossimo Consiglio Europeo. Tra le criticità il coinvolgimento dei Paesi di transito, l’uso di fondi per lo sviluppo e il sostegno alla Guardia Costiera Libica

di Redazione

«Il CINI, Coordinamento Italiano ONG Internazionali, e AOI, Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, intendono condividere con Lei la propria prospettiva su alcuni punti relativi alla dimensione esterna delle politiche migratorie, inclusi nella proposta italiana per il prossimo Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno».

Inizia così la lettera aperta che le due sigle hanno inviato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e per conoscenza al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi.

Le ong chiariscono come abbiano apprezzato «la proposta del Governo Italiano, al punto 10 della proposta, di riaprire la discussione tra paesi UE sulle quote di ingresso che ciascuno di essi offre per i migranti economici: i flussi migratori verso l’Europa sono flussi misti, e vanno previste vie di accesso regolare diversificate per i diversi profili, inclusi dunque i migranti economici, anche per evitare che venga sovraccaricato il sistema di asilo per mancanza di altre opzioni di ingresso regolari». E concordano «sulla necessità di superare il – di fatto già superato – sistema Dublino. Una proposta già c’è ed è quella presentata dal Parlamento Europeo, che ci aspettiamo venga considerata con l’attenzione che merita».

Ma CINI e AOI sottolineano anche alcune criticità contenute nella proposta.

La prima riguarda il punto 2 che « parla di centri di protezione internazionale nei paesi di transito, menzionando il contrasto all’immigrazione illegale sulla frontiera Libia-Niger».

«La proposta, di cui non sono chiari i dettagli,», sottolineano, «sembra comportare il rischio che in questi centri si realizzi la detenzione di migranti e richiedenti asilo, inclusi i minori in famiglia e non accompagnati, il cui trattenimento equivarrebbe a una situazione di detenzione arbitraria e in quanto tale proibita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e da altri strumenti quali la Convenzione dei diritti dell’Infanzia. Ricordiamo inoltre che l’istituzione di tali centri necessita dell’assenso dei paesi terzi coinvolti. Il Commissario Avramopoulos stesso ha ammesso pochi giorni fa che ad oggi non c’è paese africano che abbia acconsentito ad ospitare tali centri. Inoltre deve esserci una situazione di stabilità politica sufficiente alla tutela dei diritti e, nel caso della Libia, sappiamo come la prospettiva di elezioni entro l’anno rimane lontana e la violenza imperversa. Riteniamo dunque che l’autonomia politica e la ownership dei governi africani debba trovare più piena considerazione da parte europea; così come debba essere garantito il coinvolgimento dei Parlamenti e la trasparenza e pubblicità di eventuali accordi, per favorire un controllo civico da parte delle società civili africane e europee».

Per questo le ong, in attesa di conoscere maggiori dettagli sulla proposta, sottolineano come ritengano «improponibile qualsiasi sistema extraterritoriale di esame delle domande d’asilo che subappalti, filtri o scoraggi l’accesso alla procedura d’asilo; che abbassi gli standard di protezione effettiva offerta, inclusi l’accesso al ricorso; che operi in assenza di un impegno inderogabile a reinsediare in Europa coloro che vengono ritenuti bisognosi di protezione internazionale; o che abbassi i livelli di tutela dei diritti di chi è soggetto a rimpatrio».

Altro tema delicato riguarda l’uso delle risorse del Trust Fund for Africa (TF) come strumento di finanziamento per detti centri. «Ricordiamo», spiegano CINI e AOI, «che il TF è finanziato in modo preponderante con fondi di sviluppo, che dunque non possono essere utilizzati – riteniamo – per finanziare questo tipo di soluzioni, dal momento che esse non sembrano poter contribuire, né formalmente né nella sostanza, a obiettivi di sviluppo. Nel rapporto “Partenariato o condizionalità dell’aiuto?” il CINI, insieme a Concord Europa, si è già espresso in modo analitico in merito ai rischi di deviazione di fondi del TF verso finalità non proprie, oltre che sull’impatto di alcuni interventi sui diritti umani e sulla diminuita efficacia di tali aiuti».

Infine c’è il capitolo sulla Guardia Costiera libica e del suo utilizzo per il rafforzamento delle frontiere esterne dell’Europa. « Siamo consapevoli della responsabilità degli Stati Membri e della stessa Unione Europea di controllare le proprie frontiere. Vorremmo tuttavia ricordare che il rafforzamento delle frontiere esterne non è di per sé garanzia di prevenzione dei flussi migratori irregolari e, come già accaduto, può incoraggiare l’uso di vie più lunghe o pericolose, a vantaggio delle reti di trafficanti. Casi di altri paesi ci insegnano infatti che l’impatto della “fortificazione” delle frontiere sui movimenti irregolari è invece limitato, a meno che non sia combinato con l’apertura di vie regolari d’ingresso consistenti e flessibili: solo l’offerta di vie regolari altera infatti gli incentivi alla migrazione irregolare».

Nello specifico sul sostegno alla Guardia Costiera libica alle ogn «appare avventato, dal momento che questo corpo agisce in violazione delle più elementari norme di tutela dei diritti umani, mentre è documentato che suoi comandanti siano implicati nel traffico di esseri umani – e per questo inseriti dalle Nazioni Unite in una lista di soggetti sotto sanzione».

In conclusione la lettera, firmata dal presidente del CINI Raffaele K. Salinari e dalla portavoce di AOI, Silvia Stilli, chiosa: « Le sfide che ci pongono le migrazioni, Presidente, richiedono un cambio di paradigma e una leadership più coraggiosa e lungimirante da parte dell’Italia e del Consiglio Europeo stesso. Noi cittadini europei, insieme a chi per necessità in Europa cerca un nuovo inizio, non meritiamo di meno».


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