Con il progetto dei corridoi umanitari sono arrivati nella diocesi di Milano 21 profughi, ospitati in sette parrocchie che lanciando il loro appello alla solidarietà. «Contrastiamo la cultura dell’odio con relazioni di buon vicinato» dice Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana che ricorda i 2mila migranti già accolti nel territorio
Arriva dalla sette parrocchie della diocesi di Milano che ospitano famiglie di profughi giunte in Italia attraverso i corridoi umanitari un appello a non girarsi dall’altra parte davanti al dramma dei migranti. «Non possiamo volgere lo sguardo dall’altra parte», dicono riprendendo l’invito a favore dell’accoglienza diffusa dei migranti lanciato nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale italiana e chiedono la disponibilità di volontari qualificati e cittadini per favorire l’inserimento degli ospiti.
Dopo essere giunti a Milano lo scorso 27 giugno, i 21 profughi destinati alla diocesi ambrosiana sono stati suddivisi in 7 piccoli nuclei. Si è tenuto conto dei legami familiari o delle semplici relazioni di amicizia che essi stessi avevano stretto tra loro nella lunga e spesso molto dolorosa storia di migrazione. Ogni nucleo - ospitato in una casa a volte di proprietà della parrocchia in altri casi offerta a titolo gratuito da qualche cittadino - è stato affiancato da una famiglia tutor, un gruppo di volontari, e un’équipe di professionisti in servizio nelle cinque cooperative coinvolte (Farsi Prossimo coop, Intrecci, Sociosfera, Novomillennio e Arcobaleno) con il compito di preparare le comunità all’arrivo degli ospiti e di seguirli lungo il percorso di integrazione.
La macchina della solidarietà si è messa in moto in ognuna delle comunità (nelle città di Milano, Sesto San Giovanni, Gaggiano, Oggiona Santo Stefano, Fagnano Olona, Legnano, Lecco) in cui sono ospitati i profughi arrivati grazie al corridoio umanitario con l’Etiopia.
In una nota di Caritas Ambrosiana si porta l’esempio di Olate a Lecco dove intorno alla famiglia Dunguru si sono mobilitati tanti cittadini dello storico rione della città manzoniana. «Una famiglia ha messo a disposizione l’appartamento che oggi li ospita, cedendolo a titolo gratuito alla cooperativa Arcobaleno di Caritas Ambrosiana che gestirà il progetto. Una coppia che abita nello stesso palazzo ha accettato di fare da tutor ai nuovi arrivati, impegnandosi ad introdurli nel quartiere. In queste settimane, un’insegnante si è offerta di dare lezioni di italiano gratuitamente ai due bambini più piccoli in attesa di iscriverli a settembre a scuola».
L’obiettivo ora è che nelle prossime settimane il lavoro in corso si rafforzi e continui così che le case che ospitano i profughi non siamo solo dimore ma luoghi ricchi di relazioni. Per farlo occorrono mediatori culturali, docenti, psicologi disponibili ad offrire le proprie competenze per sostenere gli ospiti e supportare il lavoro degli operatori. Da non dimenticare anche i semplici cittadini che intendano coltivare rapporti di buon vicinato.
«Di fronte al clima di odio che vediamo montare in questi tempi, alimentato ad arte per ragioni politiche, siamo convinti che la migliore risposta possibile sia offrire la nostra testimonianza di persone comuni, di fedeli, che si sforzano con i propri comportamenti di camminare insieme nel segno della compassione e del coraggio per promuovere una cultura inclusiva capace di proteggere, promuovere e integrare, come ci chiedono i vescovi italiani», osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
Chi volesse segnalare la propria disponibilità può scrivere all’indirizzo mail volontariato@caritasambrosiana.it corredando la domanda con una breve presentazione.
Il progetto dei corridoi umanitari, interamente a carico della Chiesa e finanziato dai fondi Cei 8 per 1000, si aggiunge al piano di accoglienza diffusa che sul territorio della diocesi di Milano offre ospitalità a circa 2mila migranti.